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Spartaco n. 74 |
Aprile 2011 |
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Contraccezione, diritto daborto e oppressione delle donne
La pillola, cinquantanni dopo: la strada è ancora lunga.
Donne e Rivoluzione
Siamo lieti di pubblicare la traduzione di un articolo tratto da Workers Vanguard (n. 968, 5 novembre 2010), il quindicinale pubblicato dai nostri compagni della Spar-tacist League degli Stati Uniti, che celebra 50 anni dall’introduzione della pillola contraccettiva. Allo stesso tempo rileviamo come in tutto il mondo capitalista, l'accesso delle donne al controllo delle nascite e all'aborto, che danno alle donne il controllo sulla loro stessa riproduzione e permettono loro di separare il piacere sessuale dalla paura della gravidanza, rimangono molto limitati.
In Italia, come negli Stati Uniti, gli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta del novecento videro importanti lotte sociali che tra l’altro portarono alcuni miglioramenti nella situazione delle donne. Ad esempio, la legge contro l'adulterio, risalente al tempo del fascismo, che puniva con il carcere sino a due anni le donne condannate (e i loro amanti), è stata infine abrogata nel 1968. Solo nel 1970 fu concesso il divorzio in Italia, anche se con gravi limitazioni. La pillola anticoncezionale ormonale è stata introdotta in Europa nel 1961, un anno dopo il suo arrivo sul mercato degli Stati Uniti, ma le donne d'Italia hanno dovuto attendere molti anni prima che fosse disponibile.
Nonostante il potere potenzialmente liberatorio della pillola anticoncezionale, il suo utilizzo è piuttosto limitato in questo paese. In una introduzione al libro Acrobate, pubblicato lo scorso anno dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) per celebrare i cinquant’anni della pillola, i quarant’anni dalla “rivoluzione sessuale” e i trent’anni da quando è stata introdotta la legge 194 sull'aborto, la professoressa Alessandra Graziottin ha fatto il paragone tra il 40% dei giovani che fanno uso di contraccettivi ormonali in alcuni paesi dell'Europa settentrionale, e il 16% in Italia, “mentre si fa un massiccio ricorso alla contraccezione d’emergenza, soprattutto fra i 14 e i 20 anni, forbice che consuma più del 55% di tutte le ‘pillole del giorno dopo’ vendute ogni anno in Italia. Evidente in questo caso la mancanza di informazione, visto che solo il 5% delle ragazze ammette di aver parlato con il partner di contraccezione durante il primo rapporto”. In effetti, il 27% di tutti gli adolescenti non usano alcun metodo contraccettivo, tra le giovani donne, questa percentuale raggiunge il 35%. Il professor Emilio Arisi, collega della Graziottin, ha scritto amaramente in un recente libro sulla contraccezione, “Il boom della pillola del giorno dopo è dovuto anche al fatto che molti genitori non sono in grado di parlare ai figli di anticoncezionali, di sesso, (
) osteggiata dai medici cattolici pur non essendo un abortivo perché in Italia sappiamo fare solo la morale e non dare informazioni”.
In realtà, l'immagine di un continuo, sia pur lento, progresso verso l'emancipazione delle donne è falso; nel 1990-92 la controrivoluzione capitalista in Unione Sovietica e in altri Stati operai ha inferto un duro colpo alle aspirazioni delle donne verso la liberazione. Sebbene deformati dal burocratismo e dal nazionalismo, questi Stati, che non erano basati sul sistema del profitto offrivano una vita migliore alle donne. Nella Germania Est, ad esempio, il 95% delle donne lavorava, molte in settori come l'ingegneria, che nella società capitalistica normalmente sono “riservati” agli uomini; i servizi di assistenza sociale lo rendevano possibile. Tuttavia, le funzioni della famiglia non erano state sostituite da strutture pubbliche di qualità per l'infanzia che sostituissero il lavoro domestico, così l'oppressione della donna all'interno della famiglia continuava ad esistere. La politica ridicola della burocrazia stalinista di costruire il “socialismo in un solo paese” ha fatto sì che il socialismo, una società con un livello qualitativamente più elevato di produttività sulla base di una economia pianificata a livello internazionale, fosse di fatto irraggiungibile. Oggi, venti anni dopo la controrivoluzione, le misure anti-donna e anti-immigrati sono all'ordine del giorno.
In Italia, una riflessione bizzarra della regressione di coscienza che ha accompagnato queste sconfitte e la proclamazione borghese della “morte del comunismo” è stata una mobilitazione reazionaria anti-sesso il 6 febbraio vicino alla casa di Berlusconi ad Arcore. Era organizzata dal “popolo viola”, ma che accanto al tricolore erano anche presenti anarchici e bandiere del Prc. Indubbiamente molti dei partecipanti volevano semplicemente opporsi al governo Berlusconi e noi difendiamo le persone arrestate dal terrorismo dello Stato borghese. Ma gli slogan sui cartelli non avevano nulla a che fare con l'opposizione all'ondata di attacchi ai posti di lavoro e ai sindacati o al trattamento brutale delle minoranze in questo paese, né tanto meno alla misera situazione della classe operaia e delle donne immigrate. Infatti, non si vedeva una sola richiesta in difesa dei diritti delle donne a lavorare e alla parità di retribuzione, o alla contraccezione e all'aborto. No, gli slogan erano degni della stessa Chiesa cattolica: “No al governo prostituzionale” o “Libera l'Italia dall'imbarazzo e dalla vergogna!” Noi marxisti riteniamo che il sesso sia una questione privata e che i sacerdoti e la polizia dovrebbero restare fuori dalle camere da letto. Anche quella di un presidente del consiglio!
Giovani (e vecchi) hanno desideri sessuali e siamo contro ogni restrizione legale sul diritto di avere rapporti sessuali. Abbasso le leggi sull’“età del consenso”! Il solo criterio deve essere il consenso effettivo, il comune accordo in quanto opposto alla coercizione. Siamo profondamente disinteressati a cosa sia accaduto o meno tra Berlusconi e alcune giovani donne, poiché nessuno tra i partecipanti mette in dubbio che tutte le parti fossero consenzienti. Noi siamo per la depenalizzazione della prostituzione, che noi marxisti consideriamo un “crimine senza vittime”, come l'uso di droghe, il gioco d'azzardo, la pornografia, o il sesso omosessuale, attività che sono in genere illegali o fortemente disciplinate nelle legislazioni capitaliste. La prostituzione è spesso degradante e oggetto di sfruttamento, ma è proprio il fatto che sia criminalizzata che costringe le prostitute in un ambiente sottoproletario in cui l'accesso ai servizi sociali è difficile e in cui lei o lui è più vulnerabile alla criminalità organizzata e alla violenza da parte degli sfruttatori.
Nel settembre dello scorso anno, il governo Berlusconi ha approvato una legge fortemente repressiva (proposta da Mara Carfagna, ministro per le pari opportunità!) contro la prostituzione su strada. Questa legge, esplicitamente razzista che è stata annunciata prima dell'estate nell'ambito del “Pacchetto sicurezza”, introduce sanzioni per i clienti e il divieto di prostituirsi in luoghi aperti al pubblico. Lavoratrici del sesso e clienti rischiano l'arresto, da 5 a 15 giorni, oltre che un'ammenda dai duecento ai tremila euro. E’ anche previsto il rimpatrio assistito dei minori “purché sia nel loro interesse”. Dato che circa metà delle prostitute in Italia sono immigrate, e che più della metà di tutte le prostitute lavorano per strada, questa legge metterà in pericolo le condizioni di esistenza e la stessa vita di molte migliaia di donne. Fermare le deportazioni! Pieni diritti di cittadinanza per tutti coloro che entrano nel paese!
Questa legge, come il resto dell'arsenale legale repressivo a disposizione delle forze dello Stato borghese (polizia, magistrati e giudici) che le fanno rispettare, confonde volutamente orribili crimini contro le prostitute, come la schiavitù per debiti, violenze sessuali, percosse o altri tipi di coercizione, con l'atto, di solito consensuale, tra una prostituta e il suo cliente. Come abbiamo scritto in “Crociata Usa/Onu contro il ‘traffico del sesso’”:
“E' l'istituzione della famiglia che introduce il denaro nelle relazioni sessuali. Che si tratti di noleggiare una prostituta a ore o una moglie per tutta la vita, la famiglia e l'oppressione delle donne si fondano sulla proprietà privata, e in fondo sono solo i codici religiosi della morale e del diritto capitalista che distinguono la moglie dalla prostituta (...) La liberazione delle prostitute non può essere separata dalla liberazione delle donne nel suo complesso, e la prostituzione morirà solo quando l'istituzione della famiglia sarà sostituita”. (Spartacist, edizione inglese, n. 8, primavera 2004)
Ci siamo sempre opposti a quelle leggi, che nel corso degli ultimi decenni hanno rovesciato le conquiste ottenute durante gli anni precedenti e stretto la camicia di forza della famiglia, il luogo dove si verifica la stragrande maggioranza delle violenze contro le donne. Nel febbraio 1996, una legge sulla “violenza sessuale” è stata approvata, sostenuta da tutte le donne allora presenti in parlamento, all’epoca dominato da una maggioranza di fronte popolare (Pds, Unione e Rifondazione comunista), da Alessandra Mussolini alle donne dell’allora Pds. Come abbiamo scritto all’epoca in un articolo intitolato “No alla caccia alle streghe sessuofoba!” (Spartaco n. 51, ottobre 1997), la “legge criminalizza la sessualità dei giovani di meno di 14 anni, presumendo la ‘violenza sessuale’ se i rapporti avvengono con un partner maggiorenne o con età superiore di tre anni, e terrorizza i rapporti tra gli individui nella famiglia, introducendo nei casi di sospetto di incesto la criminalizzazione delle donne che vengono ritenute complici se ‘tacciono’ o ‘non si accorgono’”. La caccia alle streghe contro la “pedofilia” che seguì alla legge ha rovinato la vita di molte persone e addirittura ha spinto alcuni a suicidio.
In questo paese, con un’economia industriale avanzata, la classe dominante capitalista utilizza l'opprimente influenza ideologica, giuridica e materiale della Chiesa cattolica medievale, per menomare e ingabbiare la vita delle donne. La Chiesa puntella l'istituzione reazionaria della famiglia, il principale strumento per l'oppressione delle donne. Con il grido di battaglia della “difesa della vita” e della “difesa dei valori famigliari”, alla donna viene negato il diritto di scegliere se e quando aver figli, la ricerca e le cure basate sulla tecnologia embrionale sono ostacolate, e non è consentito morire quando lo si desidera (vedi il modo barbaro in cui è stato trattato il caso Englaro due anni fa). Tuttavia, non sono solo la Chiesa e politici di destra che si oppongono ai diritti per le donne. I partiti riformisti della classe operaia in Italia, accettando il quadro del capitalismo, che vorrebbero solo un po' più “sociale”, hanno sempre cercato di conciliare con la Chiesa cattolica. Il 25 marzo del 1947, il Pci di Togliatti appoggio l'introduzione nell'art.7 della Costituzione italiana dei Patti lateranensi firmati nel 1929 tra il Vaticano e Mussolini, che rendevano il cattolicesimo religione di Stato, obbligavano il popolo italiano a mantenere il Vaticano e le sue strutture garantendogli ogni sorta di privilegi. Nel 1978, la legge 194 che concesse diritti molto limitati all'aborto, fu approvata come compromesso tra il Pci e i democristiani. Nella redazione del testo della legge il Pci, per ammansire la Chiesa cattolica, fece numerose concessioni ritagliate su misura per limitare al massimo l’esercizio del diritto d'aborto, incluso il limite di 90 giorni e la clausola che consente ai medici di rifiutare di eseguire aborti per “motivi di coscienza”. In un articolo di Spartaco n. 67 “Difendere il diritto d'aborto!” scritto nel marzo 2006, quando anche questi diritti erano sotto attacco, abbiamo notato che molti pronto soccorso e farmacisti non forniscono la “pillola del giorno dopo”, appellandosi all’“obiezione di coscienza”. Aborto libero gratuito e assistito! Assistenza sanitaria gratuita e di qualità per tutti! Abolire la clausola sull'obiezione di coscienza!
L’attuale crociata reazionaria si propone di ottenere la benedizione della Chiesa cattolica e della magistratura (elemento centrale dell'apparato repressivo dello Stato capitalista) agli sforzi fatti da elementi della borghesia, centralmente il Pd, per mettere insieme un governo capitalista alternativo a quello Berlusconi. La mobilitazione del 13 febbraio “Se non ora quando?” aveva come relatori a Torino una suora missionaria, a Roma Giulia Bongiorno del reazionario partito di Fini, a Milano la direttrice della Fondazione della Casa della carità; molti dirigenti del Pd, come Rosy Bindi, sono anti-abortisti. Rifondazione comunista, con il contributo dei gruppi fuoriusciti alla sua sinistra, come il Partito comunista dei lavoratori, nel tentativo di rimettere insieme un fronte popolare, sostiene la crociata nella misura in cui aiuta a cacciare Berlusconi. Rifondazione negli ultimi mesi si è sprecata in appelli a comitati di liberazione nazionale estesi fino all’Udc (il cugino Nichi Vendola, di Sinistra ecologia libertà, si è spinto fino a invitare Fini nella coalizione anti-Berlusconi). Ma il Prc e le sue code in ogni caso hanno una lunga storia di alleanze con forze cattoliche nei governi nazionali e locali, in particolare con l’anti-abortista Prodi.
Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, si lamenta che il “Presidente del consiglio crede che le donne siano una merce” e fa appello a un governo che rispetti le donne: “Il tema è cosa fa un governo che dovrebbe essere un esempio (...) e qual è la politica maschile su queste cose: se no si finisce per fare il solito gioco per cui gli uomini sono sempre liberi di fare qualsiasi cosa e le donne sono condannabili”. Contrariamente a questa assurdità femminista, l'oppressione delle donne non è dovuta agli uomini, ma è parte integrale del sistema del profitto capitalistico. In questo sistema, disoccupazione femminile, sottoccupazione e bassi salari servono a minare la lotta unitaria di classe. Qualsiasi governo che difende il capitalismo deve necessariamente perpetuare questa oppressione e questa discriminazione.
La campagna diversiva contro Berlusconi, basata sulla sua “morale”, mira anche a prevenire la lotta di classe contro la “manovra” e i tagli del governo, che attaccano ferocemente il settore pubblico già ridotto ai minimi termini: servizio sanitario, istruzione, trasporti pubblici, ecc. I posti di lavoro degli insegnanti, degli infermieri, e degli assistenti sociali (molti dei quali occupati da donne) sono sotto tiro, e con essi i servizi che loro forniscono. Tutti questi attacchi hanno un impatto più forte sugli operai e le operaie immigrate. Con il suo appello volto a riaffermare “valori della famiglia normale”, questa campagna rende un servizio importante alla classe capitalista, che mira a scaricare sulla famiglia, soprattutto sulle donne, le cure di figli, disabili ed anziani. Camusso spende qualche parola sulla situazione delle donne lavoratrici, rilevando che: “sulla parità manca ancora moltissimo, anzi stiamo arretrando nelle classifiche mondiali, anche sul piano dell’occupazione: dal 2010 quella femminile sta scendendo”. Cose verissime: in Italia (dati del 2009) solo il 51 percento delle donne ha un lavoro (il 30 percento nelle regioni meridionali) e i loro salari, a parità di mansione, sono il 26,8 percento inferiori a quelli dei colleghi maschi. Ma la politica di collaborazione di classe dei burocrati sindacali come Camusso si contrappone alla mobilitazione indipendente del potere della classe operaia, comprese le donne e gli immigrati, per sbarazzarsi una volta per tutte del capitalismo italiano guerrafondaio e razzista.
Come la popolare campagna contro la mafia, con i suoi appelli alla “cultura nazionale”, alla legalità e alla Costituzione, questa crociata morale serve a rafforzare lo Stato borghese e i suoi organi di repressione, e serve a minare la coscienza di classe, seminando l'illusione che lo Stato borghese sia neutrale o dalla parte degli oppressi. Chiedetelo alla donna rom i cui quattro bambini sono morti bruciati il 6 febbraio di quest'anno in una misera baracca e che è stata accusata dallo Stato di abbandono di minori!
Un aspetto della generalizzata regressione della coscienza è il rifiuto della scienza, compresa la medicina scientifica e la promozione di tutti i tipi di rimedi da ciarlatano (persino il “coito interrotto”, per quanto inaffidabile nel prevenire la gravidanza, è più efficace della “medicina” omeopatica nel curare le malattie!) A gennaio, il Papa ha lanciato una filippica contro l'educazione sessuale nelle scuole. In realtà, l'Italia è uno dei pochi paesi europei dove l'educazione alla sessualità e la contraccezione non è parte integrante del piano di studi nelle scuole statali. Eppure un recente sondaggio ha mostrato che il 64 percento degli studenti delle scuole superiori vorrebbe un corso di educazione sessuale a scuola. Ma, come Repubblica ha osservato “Le scuole fino ad ora finanziavano corsi e lezioni [di educazione sessuale] con i propri fondi, ma adesso con i nuovi tagli basta, fermi tutti
”. In effetti, la ministra dell'istruzione, Mariastella Gelmini, giustamente odiata, sta mettendo a ferro e fuoco il settore della scuola pubblica, fatta eccezione per un aumento del numero degli insegnanti di religione, e rafforzando le scuole private, soprattutto quelle religiose. Fuori la Chiesa dalle scuole e dagli ospedali! Abolire l’ora di religione! Per la separazione di Chiesa e Stato!
La classe operaia, che produce tutta la ricchezza della società, deve anche dirigerla. Per abbattere lo Stato borghese, che difende il sistema del profitto di sfruttamento e oppressione, la classe operaia deve organizzarsi in modo indipendente dalla borghesia: nessuna collaborazione con la classe capitalista o con i suoi partiti. Nel cercare di innalzare la coscienza della classe operaia al livello dei suoi compiti storici, una rivendicazione centrale è la lotta per la liberazione delle donne attraverso la rivoluzione socialista. Il partito leninista-trotskista rivoluzionario e internazionalista che vogliamo costruire sarà il tribuno di tutti gli oppressi.
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“Ne hai fatta di strada, baby”, gracchiava alla televisione la vecchia pubblicità delle sigarette Virginia Slims, alla fine degli anni Sessanta. I media borghesi ne hanno ripreso il ritornello nel cinquantesimo anniversario della pillola (non serve che spieghiamo quale, tutti sanno che si parla di s-e-s-s-o). E tutti sanno che la pillola è completamente legata al sesso. Quando nel 1975 Loretta Lynn cantava “Ti distruggo il pollaio, perché adesso ho la pillola”, il cuore di milioni di donne d’America batteva all’unisono con la sua voce, che decine di radio avevano cercato di censurare finché non sfondò nelle classifiche.
La pillola fu il primo contraccettivo affidabile che diede alle donne il controllo sulla propria riproduzione. Questo colossale passo in avanti della medicina consentì alle donne di separare il piacere sessuale dalla paura della gravidanza, liberandole dall’eccessiva fertilità di cui l’evoluzione ha dotato la nostra specie. Ma nel mondo capitalista il controllo delle nascite e l’aborto continuano ad essere limitati dallo Stato, dall’istituzione della famiglia e dalla religione organizzata, che operano tutte per imporre l’oppressione delle donne. Finché continuerà ad esistere l’ordinamento capitalista, i vantaggi della scienza rimarranno limitati dallo sfruttamento e dall’oppressione di questo sistema classista. Per usare le parole del dirigente socialista tedesco August Bebel, il cui libro del 1879, La donna e il socialismo, fu una delle prime importanti opere marxiste sulla questione femminile, i marxisti attendono il giorno in cui il socialismo sarà “la scienza applicata a tutti i rami dell’attività umana con piena coscienza e perfetta cognizione”. Leon Trotsky, che insieme a V.I. Lenin guidò la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, sottolineava che il controllo delle nascite e il diritto d’aborto erano per la donna “uno dei suoi diritti civili, politici e culturali essenziali” (La rivoluzione tradita, 1936). Noi ci battiamo per la liberazione delle donne con la rivoluzione socialista. Esigiamo che l’aborto sia libero, gratuito e assistito e che faccia parte di un’assistenza sanitaria gratuita e di qualità per tutti, che sia accompagnato da asili gratuiti aperti 24 ore su 24, in modo da rispondere alla profonda oppressione classista e razziale delle donne povere o che appartengono alle minoranze. I ricchi riusciranno sempre, in un modo o nell’altro, ad accedere all’assistenza medica, compreso l’aborto, mentre la miriade di leggi e di restrizioni contro l’aborto e il controllo delle nascite colpiscono le donne giovani, le operaie e le donne povere, che non possono permettersi un’assistenza sanitaria, un assistenza ai bambini o una casa decenti.
Quando la casa farmaceutica Searle la mise sul mercato per la prima volta, si sprecarono le previsioni sull’effetto che avrebbe avuto nella società. I moralisti bigotti si stracciavano le vesti sostenendo che avrebbe fomentato la promiscuità femminile e il declino della religione e della famiglia patriarcale, mentre i fautori del controllo delle nascite credevano che avrebbe salvato la famiglia, moltiplicato i matrimoni felici e messo fine all’esplosione demografica mondiale. Alcuni festeggiarono persino la pillola come la soluzione alla “minaccia rossa”. Nel suo libro, L’America e la pillola: una storia di promesse, pericoli e liberazione (Basic Books, 2010), la storica Elaine May spiega come alcuni sostenitori della Guerra fredda credessero che la pillola “avrebbe alleviato le condizioni di povertà e di agitazione che potrebbero portare le nazioni povere ad abbracciare il comunismo, facilitando invece la crescita dei mercati di beni di consumo e l’adozione del capitalismo”. In realtà, la “rivoluzione sessuale” che spesso si attribuisce alla pillola fu in un modo o nell’altro il prodotto delle convulse lotte sociali del movimento per i diritti civili, che spezzarono la spina dorsale del sistema di segregazione razziale di Jim Crow nel Sud degli Usa, e dell’opposizione alla guerra dell’imperialismo Usa contro la Rivoluzione vietnamita. Il vasto sommovimento sociale degli anni Sessanta, che mise fine al consenso reazionario della Guerra fredda, portò anche a significativi miglioramenti nell’accesso all’educazione superiore e alle professioni per le donne. Tuttavia il movimento per i diritti civili non poté sradicare l’oppressione di casta dei neri, basata sulla razza e sul colore, oppressione che costituisce il substrato del capitalismo americano. Così come non poté sradicare l’istituzione della famiglia, la sorgente principale dell’oppressione delle donne nella società capitalista e un bastione dell’ordine capitalista.
Il diritto d'aborto sotto attacco
Colpisce vedere come gli esperti della borghesia americana che celebrano la libertà riproduttiva consentita alle donne dalla pillola, non parlino mai del vero e proprio crollo nella possibilità delle donne di accedere all’aborto. L’attacco al diritto delle donne di abortire continua incessante nei tribunali e nei palazzi di governo, specialmente nei singoli Stati. Nel solo periodo tra il gennaio e il giugno 2010 nei vari parlamenti degli Stati del paese, sono stati presentati 370 decreti restrittivi del diritto d’aborto e molti sono già stati approvati. Si va dalla crudele pretesa dell’Oklahoma che impone ai medici di mostrare alle donne l’ecografia del feto, fino al divieto imposto nel Nebraska a tutti gli aborti successivi alla ventesima settimana di gravidanza, sulla base della pretesa che il feto potrebbe soffrire. Tra tutte, la più barbara è forse la nuova legge dello Utah. Approvata dopo che una diciassettenne disperata aveva pagato 150 dollari ad un uomo perché la picchiasse per indurre la perdita del feto, la legge ora consente in questi casi di accusare le donne di omicidio! Inoltre continuano a circolare le menzogne secondo cui l’aborto provocherebbe la depressione e il tumore al seno e secondo recenti sondaggi, per la prima volta nella storia d’America ci sono più persone che si definiscono “a favore della vita” che “a favore della scelta”.
L’arsenale di misure legali a livello sia federale che statale ha già reso praticamente inaccessibile l’aborto per un gran numero di donne. Trentotto Stati già proibiscono l’aborto dopo una certa data della gravidanza. Almeno 35 Stati richiedono che uno o entrambi i genitori di donne minorenni siano avvisati o diano il loro consenso all’aborto. Circa l’87 percento delle contee e il 31 percento delle aree metropolitane degli Usa non dispongono di servizi abortivi.
Nel maggio del 2009, la guerra contro le donne condotta in nome della “difesa della vita” ha fatto un’altra vittima. Il Dr. George Tiller, uno degli unici tre medici le cui cliniche consentivano aborti tardivi in tutti gli Stati Uniti, è stato assassinato nella sua chiesa di Wichita, in Kansas, da un fanatico anti-abortista di destra. Tiller, che era da decenni uno dei principali bersagli delle squadracce di Dio contro le donne, è stato l’ottava vittima dell’assalto anti-abortista condotto in nome dei “valori famigliari” dal 1993. In un articolo intitolato, “I nuovi fornitori di aborti”, il New York Times (18 luglio) ha analizzato il prolungato calo del numero dei medici addestrati a praticare aborti e riportato il caso di gruppi di giovani medici come gli “Studenti di medicina per la scelta”, che si battono perché l’aborto entri a far parte della pratica di base dei medici. L’aborto è una pratica medica, ormai una delle più sicure al mondo, che non dev’essere necessariamente svolta in cliniche isolate, dove i medici e le loro famiglie, i loro colleghi ed amici, possono cadere facilmente vittima di molestie, violenze e persino omicidi per mano dei fanatici antiabortisti.
Dal 1973, l’anno della sentenza Roe vs. Wade, l’elementare diritto democratico di abortire è stato sotto attacco. La guerra al diritto d’aborto è diventata una specie di punta di lancia della reazione sociale e politica, perché in fondo si tratta della questione dell’uguaglianza legale e sociale delle donne. L’aborto viene visto come una minaccia all’istituzione della famiglia perché consente alle donne di esercitare un qualche controllo sulla possibilità o meno di fare figli.
Anche l’accesso alla contraccezione viene limitato dal costo e dalla mancanza delle informazioni più elementari e le clausole sulla “obiezione di coscienza” consentono persino ai farmacisti di rifiutarsi di consegnare i farmaci prescritti per il controllo delle nascite e per il cosiddetto Piano B (la “pillola del giorno dopo”). A questo si aggiunga il moralismo anti-donne, che blatera che una ragazza non dovrebbe nemmeno desiderare di fare sesso. La tesi è la seguente: tutte le madri nubili sono donnacce, ma se dimostrano di aver perso la testa, il peccato è meno grave (a condizione che non abortiscano). Ma se una prende la pillola, c’é premeditazione. Appunto! Come diceva il defunto comico George Carlin, “non tutte le eiaculazioni meritano un nome”.
Oggi l’educazione sessuale nelle scuole è sottoposta ad un attacco crescente e l’astinenza resta il succo dei programmi finanziati dal governo, come il Programma di educazione statale alla responsabilità individuale, introdotto dalla recente “riforma” sanitaria voluta da Barack Obama. Ci sono ormai più “centri di aiuto alla vita” (false cliniche messe su dai gruppi antiabortisti per imbottire la testa delle donne incinte di propaganda antiabortista e spingerle in tutti i modi a portare a termine la gravidanza) che non cliniche abortive. Secondo il Nation, circa quattromila di queste cliniche hanno ricevuto più di 60 milioni di dollari di finanziamenti federali per propagandare l’astinenza e del matrimonio. Una conseguenza dell’ignoranza e della diseducazione create da questa ragnatela di reazione sociale è che, secondo l’ultima ricerca governativa, ogni anno metà delle gravidanze negli Stati Uniti sono indesiderate.
Mentre i giornali americani titolano “La pillola, da cinquant’anni rende migliore la maternità” (Washington Post, 9 maggio) masse di donne della classe operaia o delle minoranze non sanno cosa festeggiare. La grande recessione continua ad imperversare, gli attacchi ai sindacati eliminano quei pochi posti di lavoro sindacalizzati che rimangono, le case vengono messe all’asta per il mancato pagamento dei mutui, milioni di lavoratori sono disoccupati e non possono dare ai loro figli un’educazione o un’assistenza sanitaria decenti. Se si escludono le donne che stanno al vertice della società, dove i ricchi diventano ogni giorno più ricchi, decenni di attacchi alla classe operaia e ai poveri hanno quasi cancellato tutti gli importanti miglioramenti legali strappati dalle donne negli ultimi cinquant’anni.
Nei periodi di intensa lotta di classe e di lotte sociali, la classe capitalista è spesso costretta a concedere qualche riforma. Ma finché sussiste l’ordinamento capitalista, la classe dominante cercherà sempre di rovesciare queste conquiste, come avviene ora in un periodo di riflusso delle lotte. Noi comunisti rivoluzionari difendiamo ogni singola conquista strappata dagli sfruttati e dagli oppressi, come furono le conquista ottenute dalle dure lotte del movimento per i diritti civili. Ma queste riforme hanno sempre una qualità essenzialmente simbolica, perché lasciano intatto il sistema capitalista. La sorgente dell’oppressione dei neri o dello sciovinismo contro le donne, non dipende da quale specifico partito capitalista sia al potere, se i democratici o i repubblicani, ma risiede nell’ordinamento capitalista che genera oppressione e bigottismo, gli indispensabili corollari del suo sistema di sfruttamento.
Sesso e controllo sociale
La classe capitalista cerca di sostenere la famiglia che, assieme alla religione organizzata e allo Stato, forma una triade che puntella lo sfruttamento del lavoro. Per liberare le donne dalla loro oppressione speciale, così radicata, ci vorrà una rivoluzione operaia che sradichi questo sistema di sfruttamento e vi sostituisca un governo operaio che inizi a costruire un mondo socialista. Solo allora si potranno intraprendere i profondi cambiamenti nel tessuto stesso della vita di ogni giorno, sostituendo al'istituzione della famiglia la socializzazione delle cure dei bambini e dei lavori domestici, consentendo alle donne di partecipare appieno alla vita sociale e politica.
La famiglia non è un'istituzione eterna e immutabile, ma un rapporto sociale soggetto a cambiamenti storici. Nel suo classico scritto del 1884, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Friedrich Engels fece risalire l'origine della famiglia e dello Stato alla divisione in classi della società. Lo sviluppo dell'agricoltura consentì la creazione di un surplus sociale. Questo surplus, a sua volta, stimolò lo sviluppo di una classe dominante oziosa, allontanando la società umana dal primitivo egualitarismo del Paleolitico. La centralità della famiglia nacque con il suo ruolo di garanzia di “eredi legittimi” per la trasmissione patriarcale della proprietà ereditaria, che richiedeva la monogamia sessuale delle donne e la loro subordinazione sociale. Nei diecimila anni successivi all'avvento della società divisa in classi, la famiglia ha preso molte forme, compresa quella poligamica, quella allargata e quella nucleare, riflessi di economie politiche differenti e delle culture e religioni ad esse associate. Ma l'oppressione delle donne è rimasta un tratto fondamentale di tutte le società divise in classi.
La famiglia è una forza di conservazione sociale, che impone determinate norme di comportamento. Per esempio, in questo paese il concetto di “virilità” consiste, oltre che nel mettere incinte le ragazze, nel poter mantenere moglie e figli. Cosa sempre più difficile, data la scarsità di lavori decenti e sindacalizzati. Se non fosse grazie alle mogli che sono entrate a far parte della forza-lavoro, il 60 percento della popolazione americana più povera avrebbe visto una perdita nei salari reali dal 1979 ad oggi. Allo stesso tempo, l'istituzione della famiglia serve alla classe dominante capitalista perché carica il fardello della crescita di una nuova generazione di proletari sui lavoratori e sulle lavoratrici. Infatti la folla dei sostenitori dei “valori famigliari”, (che include democratici e repubblicani) piange la cosiddetta “crisi della famiglia” e insiste che è cosa buona e giusta che i genitori siano totalmente responsabili della crescita dei propri figli.
Un'analisi anche superficiale delle leggi che nei millenni hanno regolamentato l'aborto e la contraccezione, mostra come queste siano integralmente legate alla conservazione della famiglia. Alcune delle prime misure legali di cui si abbia traccia, volte al rafforzamento della famiglia patriarcale, vennero introdotte nell'antica Roma sotto Cesare Augusto. Queste tra l'altro comprendevano il divieto dell'adulterio, incentivi alle vedove a risposarsi, tasse sul “peccato” degli scapoli ultra trentenni e incentivi ai padri di più di tre figli. Preoccupazione del governo era che vi fossero abbastanza cittadini romani per colmare le fila dell'esercito e far sì che Roma continuasse ad essere il cuore dell'Impero.
Le moderne leggi sull'aborto dimostrano il mutamento avvenuto nelle istituzioni legali e sociali come riflesso degli interessi della classe capitalista. Nel 1803 in Gran Bretagna, l'Ellenborough Act rappresentò la prima volta in cui l'aborto divenne un crimine per definizione nel mondo anglofono. Con questa legge e con quelle che seguirono, la classe dominante puntava a proteggere il diritto dei maschi ad avere degli eredi, a punire le donne (specialmente le single) per il sesso illecito e ad incoraggiare la crescita della popolazione per rifornire di uomini il nuovo Stato nazionale capitalista, il suo esercito e il suo bacino di forza-lavoro.
Ai divieti legali si affianca la religione, la principale forza ideologica che si oppone alla contraccezione e all'aborto, specialmente la Chiesa cattolica romana. L’embriologia ha dimostrato che le pretese del Papa e del clero che i bambini non nati siano dotati di un’“anima” sono pure superstizioni. Ma grazie all'influenza reazionaria della religione, ogni anno decine di migliaia di donne muoiono a causa di aborti clandestini, mentre avrebbero potuto essere salvate con l'accesso al controllo delle nascite e all'aborto. Basta dare un'occhiata alla dottrina cattolica per vedere che la Chiesa ha cambiato ripetutamente idea sul momento in cui “l'anima” (che non esiste) entra nel concepito. Per gran parte della sua esistenza la Chiesa ha ritenuto che avvenisse attorno al quarto mese, quando la madre inizia a sentire i movimenti del feto. Giovanni XXI, diventato Papa nel 1276, scrisse un libro intitolato Il tesoro dei poveri, che rappresenta la principale fonte di informazione sui mezzi pratici per il controllo delle nascite e l'aborto conosciuti nel Medioevo. Fu solo nel 1869 che Papa Pio IX dichiarò che l'aborto era un peccato a partire “dal concepimento”. Fu un calcolo politico, uno scambio con il riconoscimento della “infallibilità papale” da parte dell'imperatore francese Napoleone III, il quale a sua volta cercava di frenare il prolungato declino del tasso di natalità in Francia.
Le restrizioni imposte al controllo delle nascite e all'aborto, rivolte contro le donne, il velenoso odio contro gli omosessuali, la caccia alle streghe contro il sesso “deviante” (ma chi può definirlo?), l'incessante pressione sui giovani perché cerchino di imbrigliare gli ormoni, tutto ciò non è che un corollario dell'istituzione della famiglia e del controllo sociale che essa esercita per conto della classe dominante.
Noi comunisti ci opponiamo a tutti i tentativi di costringere la sessualità umana all'interno di “norme” sancite per legge. Fuori il governo dalle camere da letto! Il principio che dovrebbe guidare i rapporti sessuali tra le persone dovrebbe essere quello del consenso e della reciproca comprensione, il contrario della coercizione. Tutti i rapporti sessuali sono affar proprio delle persone coinvolte e non è affare dello Stato interferire nell'attività sessuale umana.
Cenni di storia della contraccezione
Nel suo libro Contraccezione e aborto dal mondo antico al rinascimento (Harvard University Press, 1994), John M. Riddle esplora i modi in cui i popoli dell'era pre-industriale cercarono di godersi il sesso senza le conseguenze della procreazione. Nessuno sa se i metodi che descrive abbiano influenzato i tassi di natalità, ma almeno ci hanno provato. Sembra che Cirene, una città del Nordafrica, fosse celebre per un specie di finocchio selvatico che cresceva nei dintorni, cui si attribuiva la proprietà di indurre l'aborto. L'uso era così intenso che la specie venne raccolta fino all’estinzione.
Nel suo libro colto e sagace, I controllori delle nascite, Peter Fryer documenta come gli antichi egizi usassero delle supposte vaginali di escrementi di coccodrillo e altri metodi di dubbia efficacia per controllare la fertilità. La storia biblica di Onan è solo la forma più conosciuta di un metodo antico (il coito interrotto), una storia usata per secoli per incutere il terrore dell'inferno in generazioni di adoloscenti che si masturbavano. Alcuni storici ritengono possibile che decine di migliaia di donne condannate a morte come streghe agli albori dell'Europa moderna praticassero aborti e altre forme di controllo delle nascite. Nell'America del Ventesimo secolo, prima dell'introduzione della pillola, le casalinghe hanno spesso fatto ricorso alla pericolosa pratica delle lavande con il lisolo, un disinfettante domestico.
Intorno al 1835, un medico del Massachussetts di nome Charles Knowlton fu la prima persona nella storia a finire in carcere per aver propagandato il controllo delle nascite. Gli Stati Uniti rivendicano anche il dubbio onore di aver approvato la prima legge nazionale che proibiva la diffusione di metodi per il controllo delle nascite. Nel 1873 il Congresso approvò il Comstock Act, dal nome del suo propositore, il direttore generale delle poste Anthony Comstock. Questa legge proibiva la diffusione di informazioni e di strumenti contraccettivi tramite i servizi postali americani, etichettandoli come “pornografici”. Nel 1915 Comstock si vantava di aver fatto condannare per “cattiva condotta sessuale” tanta gente da riempire un treno di sessanta vagoni.
Uno dei principali bersagli di Comstock negli ultimi anni della sua vita fu Margaret Sanger. Sanger, che avrebbe poi fondato Pianificazione familiare, iniziò la sua vita politica come militante del Partito socialista, dove era attiva nel comitato femminile del partito. Infermiera di professione, visitava le donne del Lower East Side di New York e conobbe in prima persona la sofferenza delle donne la cui salute era stata rovinata dalle troppe gravidanze e che dovevano lottare per nutrire figli che non avevano i mezzi per mantenere, che troppo spesso si facevano massacrare dalle mammane. Presto iniziò a scrivere di educazione sessuale e sanitaria per le donne del partito, in una rubrica intitolata “Ciò che ogni ragazza deve sapere”. All'inizio del 1913, Comstock proibì la rubrica e al suo posto il giornale pubblicò un riquadro con scritto: “Ciò che ogni ragazza deve sapere: niente. Per ordine del Servizio postale degli Usa”.
Sanger lasciò presto il partito per concentrarsi solo sulla battaglia per il controllo delle nascite, espressione da lei coniata. Donna coraggiosa, la Sanger istituì la prima clinica per il controllo delle nascite di tutto il paese, fu più volte arrestata e incarcerata nel tentativo di far abrogare il Comstock Act e di educare donne e medici al controllo delle nascite. Viaggiò in Europa per ricercare le ultime tecniche e nel 1926 scrisse un manuale sul sesso in cui descriveva l'atto sessuale in termini estatici ed edificanti. Poiché cercava di promuovere la causa del controllo delle nascite nei circoli ricchi e influenti, si allontanò progressivamente dal movimento socialista. Femminista borghese, la Sanger era disposta a qualunque compromesso politico necessario a conquistare sostenitori alla sua causa e perciò fece proprie alcune tesi orribili diffuse tra i riformatori borghesi dell'epoca, come il sostegno all'eugenetica o al divieto di immigrazione per i “deboli di mente”. Anche se all'epoca il movimento eugenetico, che stigmatizzava i poveri per la loro oppressione, non era ancora associato col movimento genocida che sarebbe emerso nella Germania nazista, incontrò comunque la ferma opposizione dei socialisti. La socialista americana Antoinette Konikow, pioniera del controllo delle nascite, denunciò la presenza di un fautore dell'eugenetica ad una conferenza sul controllo delle nascite a New York nel 1921, dicendo che le madri operaie che lei rappresentava “spesso non sono considerate all'altezza” da simili forze.
La “bomba demografica”
Dietro le quinte (o davanti), la gente ha sempre lottato per mille ragioni private, per controllare la fertilità. Ma è sempre esistita anche una lunga serie di argomenti sostenuti dagli ideologi della borghesia per tenere sotto controllo la popolazione. I più tristemente famosi furono quelli elaborati da Thomas Malthus, un parroco della Chiesa d’Inghilterra, che nel suo Saggio sul Principio della popolazione del 1798 predisse l’impossibilità di eliminare la miseria perché, secondo lui, la popolazione cresceva sempre più velocemente delle risorse disponibili. Malthus, che scriveva in Inghilterra all’inizio della rivoluzione industriale, propose due soluzioni: lasciar morire di fame i poveri (era contrario all’assistenza ai poveri) e ritardare l’età del matrimonio in modo da ridurre il numero di figli per coppia (cioè la “astinenza” come forma di controllo delle nascite).
Il maltusianismo, secondo la definizione data da Friedrich Engels in La situazione della classe operaia in Inghilterra fu “la più aperta dichiarazione di guerra della borghesia contro il proletariato”. Anche Lenin condannò il maltusianismo in un breve articolo del 1913: “La classe operaia e il neomaltusianismo”. Ciò non gli impedì comunque di sottolineare che “Questo, naturalmente, non ci impedisce di esigere l’abrogazione di tutte le leggi che vietano l’aborto o vietano la diffusione degli scritti di medicina riguardanti i sistemi preventivi, ecc”. Lenin rivendicava anche la “libertà della propaganda sanitaria e la difesa dei fondamentali diritti democratici per i cittadini di ambo i sessi”.
Anche oggi l’eugenetica, questo corollario del maltusianismo, con i suoi appelli alla sterilizzazione obbligatoria e agli aborti forzati, ha i suoi sostenitori, come ad esempio John Holdren, lo “zar della scienza” di Obama. Nel 1977, Holdren scrisse Eco-scienza: popolazione, risorse, ambiente, assieme agli (ormai discreditati) esperti di popolazioni, Paul e Anne Ehrlich. Holdren e soci scrissero frasi che trasudavano disprezzo come: “Se degli individui, facendo troppi figli, contribuiscono al deterioramento generale della società (
) li si può obbligare per legge ad esercitare la propria responsabilità procreativa”. Le leggi sulla “responsabilità procreativa” potevano includere gli “aborti obbligatori”, “l’aggiunta di sterilizzanti all’acqua potabile o al cibo”, “la sterilizzazione delle donne dopo il secondo o terzo figlio” e altri metodi di “controllo involontario della fertilità”, che dovevano essere messi in atto da un “regime planetario”, che “sarebbe incaricato di stabilire la popolazione ottimale del mondo”. I deliri di Holdren e degli Ehrlichs sono degni del movimento eugenetico degli assassini nazisti.
I marxisti ovviamente non sono indifferenti al problema della rapida crescita della popolazione. Ma il nostro punto di partenza è la lotta per una rivoluzione socialista che dischiuda all’umanità una visuale più ampia. Come abbiamo scritto in “Capitalismo e riscaldamento globale”:
“solo una società che può elevare il tenore di vita in tutto il mondo è in grado di fornire le condizioni per un naturale declino dei tassi riproduttivi. (
) Con il comunismo, gli esseri umani avranno una padronanza di gran lunga maggiore del loro ambiente naturale e sociale. Sia la divisione fra città e campagna che la dipendenza economica dalla famiglia saranno superate. Il tempo in cui le persone erano costrette ad avere numerosi figli, al fine di assicurare una sufficiente manodopera per lavorare la terra o per assistere gli anziani sarà passato da tempo”.
La genesi della pillola
Fu Margaret Sanger la prima ad avere, nel 1912, l’idea di una “pillola magica” che prevenisse il concepimento, ma non vi erano ancora le necessarie conoscenze scientifiche. Nei decenni successivi, prima della fine della Seconda guerra mondiale, le ricerche sulla biologia riproduttiva umana rivelarono il ruolo cruciale degli ormoni nel concepimento e nella gravidanza. Nel 1953 Sanger, accompagnata dalla ricca ereditiera dell’Internartional Harvester, Katherine McCormick, fece visita alla Fondazione Worcester per la biologia sperimentale, dove Gregory Pincus, che negli anni Trenta aveva realizzato la prima fecondazione in vitro (usando un embrione di coniglio), conduceva una ricerca con fondi privati. Il precedente lavoro di Pincus, benché ne fosse riconosciuto il valore scientifico, era stato oggetto di una tempesta mediatica sui “bambini in provetta”, che lo aveva spinto a rinunciare alla cattedra all’Università di Harvard e lo aveva emarginato dalla comunità scientifica, etichettandolo come “scienziato pazzo”.
Un altro cane sciolto, il chimico Russell Marker, sviluppò una tecnica, poi raffinata da Carl Djerassi, che consentiva di estrarre a poco prezzo grandi quantità di progesterone sintetico da una specie di patata gigante che cresceva solo in Messico. La ricerca volta a sviluppare un contraccettivo orale fu finanziata quasi solo col patrimonio personale di McCormick, perché all’epoca le case farmaceutiche non osavano occuparsi di ricerche sulla contraccezione.
Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono duri per le donne americane. Lo scoppio della Guerra fredda, la cacciata dei comunisti e di altri militanti dai sindacati e l’ascesa del maccartismo, ebbero come componente una campagna a tutto campo per ricacciare le donne a casa, a cucinare e a badare ai bambini. Molte donne erano sfuggite a questa vita da serve durante la guerra, quando il loro lavoro era necessario all’economia bellica. Le indagini del governo alla ricerca dei “sovversivi” implicavano un’intrusione senza precedenti dello Stato nella vita famigliare e il soffocamento di ogni aspetto della vita sociale e intellettuale. Una famiglia “normale”, una madre vigile, dovevano essere in prima linea contro il tradimento. Gli anticomunisti consideravano sediziose le famiglie e i comportamenti sessuali “devianti”. La maggior parte delle donne si sposavano prima dei 19 anni e il tasso di natalità ritorno ai più alti livelli della storia americana.
Nello stesso periodo, gli innovativi resoconti di Alfred C. Kinsey rivelarono ciò che gli americani facevano veramente nelle camere da letto (e non solo). E le donne volevano una contraccezione migliore. La pillola fu messa per la prima volta sul mercato nel 1957 come terapia per i disturbi mestruali. Quando si seppe che interrompeva l’ovulazione e preveniva la gravidanza, i medici di tutto il paese furono assaliti da centinaia di migliaia di donne che chiedevano una ricetta per curare improvvisi problemi mestruali.
L'ingresso della pillola nel mondo della medicina ufficiale avvenne grazie ad un ginecologo di Harvard, John Rock, specialista della fertilità, che per pratica ed esperienza di lavoro con pazienti donne sapeva condurre dei test clinici. In seguito Rock, che era un devoto cattolico, scrisse un libro dal titolo E' giunta l'ora: proposte di un medico cattolico per porre fine alla diatriba sul controllo delle nascite, una campagna illusoria volta a raccogliere abbastanza sostegno da spingere la Chiesa cattolica a smetterla di condannare il controllo delle nascite come cosa peccaminosa.
Nella sua forma originaria, la pillola conteneva un dosaggio di progesterone e di estrogeni molto più elevato di quello attuale, che provocava ad alcune utilizzatrici gravi effetti collaterali. I bigotti anti-donne approfittarono di questi pericoli e alla loro testa si mise il Senato, che nel 1970 tenne una serie di audizioni per “investigare” la questione. Nel corso degli anni, la pillola è stata testata in molte combinazioni. Anche se rimangono dei rischi potenziali di cancro al seno e di ictus per alcuni individui, la pillola in realtà contribuisce a proteggere le donne dal cancro alle ovaie e all'utero. Riducendo od eliminando il flusso mestruale, diminuisce anche il rischio di anemia, un problema molto grave nei paesi più poveri. L'esperienza di milioni di donne, di ricercatori e di medici che hanno lavorato per migliorare la sicurezza della pillola ha posto le basi per le prove e i test clinici che oggi vengono usati di routine dalla Food and Drug Administration.
Da Carter a Reagan: il risorgere della destra religiosa.
Nel 1960 la pillola si poteva ormai ottenere come contraccettivo con una semplice ricetta medica, ma in molti Stati erano ancora in vigore le leggi contro la contraccezione. Fino al 1965, nel Connecticut era illegale il controllo delle nascite per le persone sposate. Nel Massachussetts e in molti altri Stati, fino al 1972 fu illegale il controllo delle nascite per i single. Bill Baird, un eroico combattente per il diritto delle donne all'aborto e alla contraccezione, rimase in cella per tre mesi nel Massachussetts per aver consegnato ad uno studente dell'Università di Boston una schiuma contraccettiva ed un preservativo in aperta violazione della legge. In seguito il suo caso fu discusso dalla Corte suprema e contribuì a porre le basi per il diritto alla privacy, la tesi legale principale della sentenza Roe vs. Wade, che legalizzò l'aborto negli Stati Uniti nel 1973.
Anche la legalizzazione dell'aborto fu un prodotto delle esplosive lotte degli anni Sessanta. La borghesia americana era molto nervosa per la pervasiva agitazione sociale e per il clima di sfida alle autorità che caratterizzavano l'epoca. L'imperialismo Usa viveva l’umiliante sconfitta da parte degli eroici operai e contadini vietnamiti. Sul finire degli anni Settanta, per superare la “sindrome del Vietnam” (l'ostilità ad un intervento militare diretto degli Usa all'estero) e per instillare l'accettazione indiscussa tra il popolo della “libertà d'impresa”, di Dio e della famiglia, compreso il desiderio di morire per il proprio paese, la borghesia lanciò una vasta campagna ideologica. Entrando alla Casa Bianca nel 1977, l’amministrazione del presidente Carter e del partito democratico portò di nuovo alla ribalta il fondamentalismo religioso dei “cristiani rinati” e rilanciò, dietro la maschera dei “diritti umani”, la Guerra fredda dell’imperialismo Usa volta a distruggere lo Stato operaio degenerato sovietico.
Fu questo lo sfondo su cui avvenne una caccia alle streghe pluridecennale contro il diritto d’aborto, la pornografia, i diritti dei gay e il sesso tra i giovani, oltre che la persecuzione dei malati di Aids e degli insegnanti delle scuole materne, che furono perseguiti e incarcerati come “molestatori di bambini” in mezzo ad accuse isteriche di “abusi rituali satanici”. All’inizio degli anni Ottanta, la ricerca scientifica su nuovi metodi contraccettivi venne praticamente azzerata da Reagan, che tagliò completamente i fondi per la pianificazione familiare, l’aborto e il controllo delle nascite, a livello internazionale, togliendo ogni via d’uscita a molte donne dei paesi del Terzo mondo. Sebbene Obama abbia posto fine a queste specifiche politiche, egli ha anche esplicitamente ripudiato la difesa dei diritti delle donne e degli immigrati nella sua proposta di riforma sanitaria, proclamando che “le riforme che propongo non varranno per chi è qui illegalmente” e che “nemmeno un dollaro dello Stato sarà usato per finanziare l’aborto e a livello federale rimarranno in vigore le leggi sull’obiezione di coscienza”. Obama ha promesso di mantenere l’Emendamento Hyde, che vieta di sovvenzionare gli aborti con i soldi di Medicaid [l’assistenza sanitaria federale alle famiglie povere].
Per la liberazione delle donne con la rivoluzione socialista!
I metodi per il controllo delle nascite, come la pillola, le conoscenze mediche, il livello di comprensione della salute delle donne, sono tutte cose che negli ultimi 50 anni hanno fatto enormi passi in avanti. Ma lo sfruttamento, la povertà e le restrizioni religiose e culturali continuano a privare di questi vantaggi la maggior parte delle donne del pianeta. Per loro, la vita di ogni giorno è poco diversa da quella di una bestia da soma. Nelle vaste regioni del globo che appartengono ai paesi neocoloniali, col loro arretrato capitalismo, le donne sono sepolte nel velo, vendute come mogli contro la loro volontà, o sottoposte a barbare punizioni, ad esempio alla pena di morte per “adulterio” applicata dall’Arabia Saudita, dall’Iran e da altri paesi. Povertà e arretratezza, mantenute dal dominio imperialista, si traducono per le donne del Terzo mondo, nell’inesistenza di quasi tutte le infrastrutture essenziali per l’assistenza medica di base, per la contraccezione e per l’aborto. Alcuni ricercatori hanno stimato che in America latina e nei Caraibi, la principale causa di morte per le donne di età compresa tra i 15 e i 39 anni siano le complicazioni dovute ad aborti illegali.
Il femminismo, una concezione del mondo contrapposta al marxismo, non è capace di generare un programma per la liberazione delle donne. Il femminismo vede la società come basata sulla divisione tra generi e non tra classi. Vede le ideologie misogine semplicemente come idee sbagliate e sostiene che se si diffondono idee giuste, la gente le farà proprie e rinuncerà al bigottismo. Il femminismo è un’idea anti-egualitaria delle donne della borghesia e della piccola borghesia che appoggiano il sistema capitalista e cercano di ritagliarsi posizioni di potere e privilegio al suo interno. Certo, per donne come Hillary Clinton e Michelle Obama, la bella vita non può che migliorare. Ma per le operaie, per le donne povere o delle minoranze, i posti di lavoro scompaiono, i salari crollano e la vita non fa che peggiorare. La sorgente fondamentale dell’oppressione delle donne non sono le leggi sbagliate o i valori sciovinisti, questi non sono che il riflesso della subordinazione delle donne nell’istituzione della famiglia e nel sistema capitalista per cui essa è necessaria.
La liberazione delle donne si realizzerà solo con la vittoria di una rivoluzione proletaria che distrugga ogni forma di oppressione sociale, che getti le basi materiali per liberare le donne dall’atavica servitù della famiglia e riorganizzi la società nell’interesse di tutti. La famiglia non può essere semplicemente abolita, ma le funzioni sociali che essa svolge come i lavori domestici, la crescita dei bambini, la preparazione del cibo, ecc., devono essere sostituite da istituzioni sociali. Questa prospettiva richiede un gigantesco balzo nello sviluppo della società, che si può realizzare solo spazzando via il dominio capitalista a scala globale e sostituendovi un’economia razionale, pianificata in modo democratico. La Lega comunista internazionale si batte per forgiare in tutto il mondo dei partiti leninisti-trotskisti che guidino la lotta per il potere della classe operaia. Sulla bandiera di questi partiti sarà iscritta la lotta per la liberazione delle donne, che è parte integrante degli obiettivi di emancipazione del comunismo. Come abbiamo scritto in “In difesa della scienza e della tecnologia” (Wv n. 843, 4 marzo 2005): “Il comunismo innalzerà il livello di vita di tutti al massimo possibile. Eliminando la scarsità, la povertà e il bisogno, il comunismo eliminerà anche la forza principale che rende prevalenti la religione e la superstizione e l’arretratezza che le accompagnano, che definiscono il ruolo della donna come quello di generare la successiva generazione di sfruttati”. Per la liberazione delle donne con la rivoluzione socialista!
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