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Spartaco n. 73

Ottobre 2010

Contro il tradimento del Poum e i suoi avvocati di ieri e di oggi.

Trotskismo contro frontepopulismo nella guerra civile spagnola

Le giornate di maggio del 1937 a Barcellona segnarono il punto più alto di un decennio di rivoluzione e di controrivoluzione in Spagna, iniziato con la caduta della dittatura militare di Primo de Rivera nel 1930 e con quella della monarchia un anno dopo, e conclusosi con l’annientamento della Repubblica ad opera del generale Francisco Franco nel 1939. La stragrande maggioranza della borghesia si raccolse dietro alla reazione franchista, che era appoggiata dalla Germania di Hitler e dall’Italia di Mussolini. Il governo repubblicano borghese includeva soltanto l’ombra della borghesia, un pugno di politicanti repubblicani di sinistra. Ma, come insistette Trotsky, quell’“ombra” era cruciale per subordinare le organizzazioni operaie all’ordine capitalista e per far deragliare la rivoluzione proletaria.

A fianco del conflitto militare tra le forze franchiste e le milizie repubblicane, all’interno del campo repubblicano imperversò un conflitto di classe, mentre le forze deboli e divise dello Stato borghese cercavano di controllare e reprimere il proletariato armato e insorto e gli organismi embrionali di potere (milizie, comitati di fabbrica e collettività agricole) che erano stati creati nel momento in cui i lavoratori si erano sollevati per respingere la rivolta militare di Franco, il 19 luglio 1936. Al centro di tale conflitto c’era Barcellona, capitale del cuore industriale della Catalogna e avanguardia della Spagna rivoluzionaria.

I ripetuti scontri tra il governo di Fronte popolare della Generalitat di Catalogna e gli operai di Barcellona, in gran parte anarcosindacalisti, arrivarono ad un punto decisivo lunedì 3 maggio 1937. Allorché tre camion carichi di odiate Guardias de Asalto, guidate dal capo stalinista della polizia, cercarono di impadronirsi della Telefónica (la centrale principale dei telefoni) strappandola ai lavoratori della Confederación Nacional del Trabajo (Cnt, Confederazione nazionale del lavoro) che la occupavano e che controllavano quel centro strategico delle comunicazioni, gli operai di tutta la città si riversarono nelle piazze ed eressero delle barricate. Le forze armate borghesi vennero rapidamente sconfitte; i marinai dell’insediamento navale fraternizzarono con gli insorti. Un resoconto del testimone oculare Lois Orr descrisse la scena:

“Martedì mattina i lavoratori in armi dominavano la maggior parte di Barcellona. La fortezza di Montjuich, che coi suoi cannoni controlla il porto e la città, era tenuta dagli anarchici; la collina del Tibidabo, il porto e tutti i sobborghi della città in cui vivono gli operai erano sotto il loro controllo; e le forze governative, eccezion fatta per alcune barricate isolate, erano state completamente sopraffatte e si concentravano nel centro della città, nei quartieri residenziali borghesi, dove potevano facilmente essere circondate da ogni lato come lo erano stati i ribelli il 19 luglio 1936”.1

Il potere era nelle mani degli eroici operai di Barcellona. Eppure sul finire della settimana i lavoratori erano stati disarmati e le loro barricate smantellate, non come frutto di una sconfitta militare, bensì del sabotaggio, della confusione e del disfattismo seminati dai dirigenti operai traditori. Al centro del governo capitalista catalano, come pure del governo centrale di Valencia (e in precedenza di Madrid), c’erano gli stalinisti e i socialisti (che in Catalogna si erano fusi nel Partit Socialista Unificat de Catalunya [Psuc, Partito socialista unificato di Catalogna]) e gli anarcosindacalisti della Federación Anarquista Ibérica (Fai, Federazione anarchica iberica) e della confederazione sindacale da essa diretta, la Cnt. Il centrista Partido Obrero de Unificación Marxista (Poum, Partito operaio di unificazione marxista), esso stesso per breve tempo membro della Generalitat capitalista, fornì dall’esterno un volto di sinistra al governo di Fronte popolare. Gli stalinisti furono i primi ad entrare nel governo di Fronte popolare e i più chiassosi nel proclamare l’inviolabilità della proprietà privata: essi costituivano “l’avanguardia combattente della controrivoluzione borghese-repubblicana”.2 Ma non riuscirono a smantellare le barricate. Tale obiettivo venne raggiunto dai capi della Cnt-Fai e del Poum, i cui militanti presidiavano le barricate. La direzione della Cnt chiese agli operai: “Deponete le armi.”3 La direzione del Poum seguì l’esempio della Cnt, mentre il suo giornale La Batalla esortava gli insorti a “sgomberare le strade” e a “tornare al lavoro”.4

“L’unica cosa che si può dire è che le masse, che avevano continuamente cercato di aprirsi il cammino verso la strada giusta, trovarono che fosse al di sopra delle proprie forze dar vita, nel fuoco stesso della battaglia, ad una nuova direzione corrispondente alle esigenze della rivoluzione”,5 scrisse Trotsky in “Classe, partito e direzione”, un articolo rimasto incompiuto allorché egli venne assassinato in Messico dallo stalinista spagnolo e sicario della Gpu sovietica Ramón Mercader. Mentre gli operai insorti erano infuriati per il tradimento dei loro dirigenti della Cnt-Fai e del Poum, soltanto gli anarchici di sinistra degli Amigos de Durruti e i trotskisti della Sección Bolchevique-Leninista de España (Sble, Sezione bolscevico-leninista di Spagna) cercarono di spingere in avanti la rivoluzione. Pur non essendo in grado, in definitiva, di rompere né organizzativamente né politicamente con la Cnt-Fai, gli Amigos de Durruti esortarono i lavoratori a combattere per la rivoluzione sociale. La voce del marxismo rivoluzionario fu sollevata unicamente dalla minuscola Sble, che in un volantino dichiarò:

“VIVA L’OFFENSIVA RIVOLUZIONARIA!

Nessun compromesso. Disarmo della Guardia nazionale repubblicana e delle reazionarie guardie d’assalto. Questo è il momento decisivo. La prossima volta sarà troppo tardi. Sciopero generale di tutte le industrie tranne quelle interessate al proseguimento della guerra, fino alle dimissioni del governo reazionario. Solo il potere del proletariato può assicurare la vittoria militare”.6

Quello era il momento decisivo. La vittoria a Barcellona avrebbe potuto portare ad una Spagna operaia e contadina e infiammare l’Europa in una lotta rivoluzionaria alla vigilia della Seconda guerra mondiale. La sconfitta aprì la strada ad una pesante repressione che comportò la soppressione del Poum e l’assassinio o l’imprigionamento dei suoi dirigenti. Avendo disarmato in tal modo il proletariato, il Fronte popolare aprì le porte alle forze franchiste e ad un regno sanguinario della reazione di destra.

Fronte popolare: la questione delle questioni

Sette decenni dopo, un’assimilazione critica degli insegnamenti di quella sconfitta resta più vitale che mai per riforgiare una Quarta internazionale trotskista. Il punto di partenza fondamentale per un simile riesame risiede nella raccolta degli scritti di Trotsky pubblicata in inglese nel volume The Spanish Revolution,7 che comprende molti di quelli citati nel presente articolo. Una raccolta più ampia degli scritti sulla Spagna è poi apparsa in francese sotto il titolo La révolution espagnole (1930-1940),8 a cura di Pierre Broué. Inestimabile è anche il resoconto scritto da Felix Morrow proprio durante la guerra civile.9 Vivida descrizione dell’eroismo degli operai e dei tradimenti dei loro dirigenti, il libro di Morrow si basa sull’analisi e sul programma marxisti. Diversi mesi dopo le giornate di maggio a Barcellona, Trotsky riassunse il conflitto come segue:

Così sul territorio spagnolo due programmi inconciliabili si sono contrapposti. Da una parte il programma della salvezza ad ogni costo della proprietà privata contro il proletariato e, nella misura del possibile, della democrazia contro Franco. Dall’altra, il programma dell’abolizione della proprietà privata con la conquista del potere da parte del proletariato. Il primo programma era il programma del capitale che si esprimeva tramite l’aristocrazia operaia, gli strati superiori della piccola borghesia e soprattutto la burocrazia sovietica. Il secondo programma traduceva in termini marxisti le tendenze, non pienamente coscienti, ma poderose, del movimento rivoluzionario delle masse. Per disgrazia della rivoluzione, tra il pugno dei bolscevichi e il proletariato rivoluzionario c’era la paratia controrivoluzionaria del Fronte popolare.10

Il fatto che non ci fosse alcun partito rivoluzionario per guidare i lavoratori alla vittoria era dovuto soprattutto alla capitolazione di Andrés Nin e Juan Andrade, gli ex dirigenti del Partido Comunista de España (Pce, Partito comunista di Spagna) che avevano capeggiato l’Opposizione di sinistra trotskista in Spagna all’inizio degli anni Trenta. Nin e Andrade gettarono al vento il capitale accumulato dal comunismo spagnolo per perseguire dei blocchi e delle manovre senza principio, unificandosi infine con il Bloc Obrer i Camperol (Boc, Blocco operaio e contadino) centrista di destra di Joaquín Maurín per formare il Poum nel 1935, e trasferendosi poi nell’ovile del Fronte popolare borghese e del governo capitalista catalano nel 1936. Nel corso delle lotte tumultuose della Spagna degli anni Trenta, Nin e Andrade, da semirivoluzionari che erano, diventarono non-rivoluzionari e poi controrivoluzionari. Il loro crimine comportò il fatto che un pugno di bolscevichi venisse lasciato a combattere nel fuoco vivo della battaglia, possedendo ben poco in fatto di esperienza, radicamento e risorse, per costruire di nuovo un nucleo rivoluzionario d’avanguardia sulla base dell’indirizzo programmatico delineato da Trotsky.

Il Fronte popolare, una coalizione di partiti borghesi e operai, costituì lo strumento per strangolare la rivoluzione spagnola. La presenza nel Fronte popolare di politicanti repubblicani di sinistra, altrimenti insignificanti, servì da garanzia del suo impegno per il mantenimento del dominio borghese, “incarnazione del principio della ‘rivoluzione democratica’, cioè dell’inviolabilità della proprietà privata”.11 Criticando aspramente gli apologeti del Poum che respingevano il problema di quella coalizione collaborazionista di classe in quanto “piccolo, temporaneo accordo tecnico elettorale”, Trotsky sottolineò che: “Il Fronte popolare è, attualmente, la questione delle questioni. I centristi di sinistra cercano di presentare questa questione come una manovra tattica, o persino tecnica, in modo tale da poter vendere le loro mercanzie all’ombra del Fronte popolare. In realtà il Fronte popolare è il problema principale della strategia di classe proletaria per quest’epoca. E offre anche il miglior criterio per stabilire la differenza tra il bolscevismo e il menscevismo.”12

E tale è rimasto. Sulla guerra civile spagnola sono stati scritti innumerevoli libri e articoli; il loro obiettivo è stato perlopiù quello di fornire un alibi alle politiche proditorie del Fronte popolare che spianarono la strada alla sconfitta. Tra le poche eccezioni c’è il volume Lessons of the Spanish Revolution13 dell’anarchico di sinistra Vernon Richards, che offre perlomeno un franco ragguaglio dei tradimenti dei capi della Cnt-Fai. Vari storici pseudo trotskisti forniscono dei resoconti fin troppo eruditi che citano Trotsky a volontà mentre assolvono i centristi del Poum contro cui Trotsky indirizzava i suoi colpi. Tra questi ultimi spiccano Pierre Broué, che è stato un dirigente del gruppo lambertista francese, un curatore degli scritti di Trotsky in francese e l’autore di numerose opere sulla guerra civile spagnola, e i laburisti britannici della rivista Revolutionary History, una pubblicazione “senza partito” sostenuta da tutto uno spettro di singoli individui e gruppi pseudo trotskisti. Revolutionary History ha pubblicato due articoli di Andy Durgan,14 un sostenitore della tendenza riformista fondata dal defunto Tony Cliff, per lungo tempo dirigente del Socialist Workers Party britannico.

In fondo, la difesa di Nin e del Poum ad opera dei riformisti si riduce al cinico culto del fatto compiuto, secondo il quale il fallimento della rivoluzione spagnola “dimostra” che in Spagna la rivoluzione non era possibile. Questo, a sua volta, è semplicemente un riflesso della loro stessa opposizione socialdemocratica, oggi e dovunque, alla lotta per il potere statale proletario. Avendo applaudito alle forze della controrivoluzione capitalista nell’ex Unione Sovietica e negli Stati operai deformati dell’Europa orientale, questi opportunisti fanno ora proprie le proclamazioni di “morte del comunismo” secondo cui la Rivoluzione russa si è rivelata essere, nel migliore dei casi, un esperimento fallito. Così essi escludono la possibilità di una rivoluzione proletaria in futuro e riscrivono la storia allo scopo di negare le opportunità rivoluzionarie del passato.

La nostra bussola è la Rivoluzione russa dell’Ottobre 1917. La rivoluzione spagnola costituisce un esempio pratico, in negativo, della necessità di forgiare dei partiti operai rivoluzionari di tipo bolscevico. Nel riesaminare questo capitolo cruciale della storia del movimento operaio rivoluzionario, il nostro obiettivo è quello di educare e armare i futuri quadri dell’avanguardia leninista che guideranno la lotta per nuove rivoluzioni d’Ottobre in tutto il globo.

La Rivoluzione russa e il Trienio bolchevista

La Rivoluzione d’Ottobre ebbe un impatto straordinario sugli operai e sui contadini spagnoli, anche perché essi consideravano la Russia zarista come un paese simile al loro. Anche lì una monarchia decadente era stata tenuta in piedi da una Chiesa di Stato impantanata nell’oscurantismo medievale e da un enorme e aristocratico corpo degli ufficiali. Anche lì un vasto contadiname era stato brutalmente sfruttato da una classe di proprietari terrieri derivante dalla vecchia nobiltà feudale. Anche lì il proletariato urbano era giovane, immaturo e combattivo, lontano appena una o due generazioni dalle proprie origini contadine. E, come la Russia zarista, la Spagna era una “prigione dei popoli” che imponeva, entro i propri confini, l’oppressione nazionale dei popoli basco e catalano, e l’oppressione coloniale del Marocco spagnolo.

Sotto la direzione dei bolscevichi di Lenin, il proletariato plurinazionale della Russia, raccoltosi dietro alle masse contadine, aveva conquistato il potere statale sostituendo la dittatura di classe degli sfruttatori con una dittatura del proletariato organizzata sulla base dei consigli (soviet) democraticamente eletti degli operai, dei contadini e dei soldati. Il nuovo governo diretto dai bolscevichi aveva tirato fuori la Russia dalla carneficina interimperialista della Prima guerra mondiale e fatto appello agli operai di tutti i paesi affinché seguissero il suo esempio ed entrassero nella lotta per la rivoluzione socialista mondiale e per una società globale, senza classi, egualitaria.

La Spagna stessa era in preda al rivolgimento sociale mentre giunse l’informazione della vittoria bolscevica, e le notizie elettrizzarono le masse operaie e contadine. “Più d’ogni altro singolo fattore, la rivoluzione fu responsabile del senso di speranza, vago ma irresistibile, che a quell’epoca pervase le masse catalane, convincendole che l’avvento della società operaia basata sull’eguaglianza e la giustizia non era più un sogno ma una possibilità”,15 scrive Gerald H. Meaker nel suo affascinante resoconto di quel periodo. La “febbre russa” imperversò per tutto il sud contadino, specialmente in Andalusia, dove tre anni di rivolte contadine furono battezzati Trienio bolchevista e gli operai di alcune città proclamarono delle repubbliche “di tipo bolscevico”. Delle assemblee e dei raduni a favore dei bolscevichi erano soliti tenersi ovunque. Nel corso di uno sciopero durato una settimana a Valencia, nel 1919, le vie e le piazze furono ribattezzate “Lenin”, “Soviets” e “Revolución de Octubre”.

Ma in Spagna non c’era un partito marxista rivoluzionario. Il Partido Socialista Obrero Español (Psoe, Partito socialista operaio spagnolo) proclamava la sua adesione al marxismo ma era più simile ai menscevichi russi, rimandando la lotta per il socialismo a dopo la realizzazione di una tappa democratico-borghese e respingendo la mobilitazione rivoluzionaria della classe operaia a favore del parlamentarismo borghese e di blocchi con la borghesia “democratica”. Mentre la Spagna era stata ufficialmente neutrale nella Prima guerra mondiale, la direzione del Psoe aveva appoggiato gli imperialisti “democratici”, Gran Bretagna e Francia (e il loro alleato autocratico, la Russia), contro la Germania, che era sostenuta dal trono spagnolo. Mentre la Unión General de Trabajadores (Ugt, Unione generale dei lavoratori) diretta dal Psoe era stata creata prima della Cnt anarcosindacalista ed era sostanzialmente più grande di quest’ultima al momento dello scoppio della guerra, gli strati più combattivi della classe operaia dei centri industriali della Catalogna non guardavano al marxismo, ma all’anarchismo.

L’anarchismo spagnolo affondava le proprie radici nel la popolazione contadina rurale e tra i piccoli artigiani dell’economia urbana, che si sentivano minacciati dall’industrializzazione. La sezione spagnola della Prima internazionale si schierò largamente con l’anarchico Bakunin allorché lui e Marx si divisero nei primi anni 1870. Agli inizi del XX secolo, una consistente classe operaia si era sviluppata nelle aree settentrionali della Spagna, principalmente nelle Asturie, in Biscaglia e in Catalogna. Ma soprattutto in Catalogna, centro dell’anarchismo, essa si basava principalmente sull’industria leggera e non sul tipo di fabbrica moderna che concentrava sotto uno stesso tetto migliaia di operai industriali, come accadeva nel quartiere di Vyborg della San Pietroburgo russa, una roccaforte dei bolscevichi. In Spagna l’anarchismo si adattò all’ascesa di un proletariato industriale attraverso lo sviluppo di un movimento sindacalista della classe operaia. Gli anarcosindacalisti riconoscevano l’eccezionale forza sociale del proletariato nella lotta contro il capitalismo, ma condividevano l’ostilità degli anarchici rispetto a tutti i partiti e gli Stati e a qualsiasi forma di autorità centralizzata.

Pur essendo stata messa fuori legge per tre anni dopo la sua formazione nel 1911, la Cnt crebbe rapidamente tra la turbolenza sociale degli anni di guerra e del periodo postbellico, vantando circa 700 mila membri nel 1919. Man mano che la Cnt cresceva, la sua direzione era sempre più divisa tra gli anarchici “puri” come Buenaventura Durruti, che abbracciava la visione bakuniniana di una società formata da piccole comuni autonome e che operava spesso in seno a “gruppi di affinità” guerrigliero-terroristici, e i sindacalisti “puri” come Angel Pestaña, che erano essenzialmente dei riformisti sindacali più affini al dirigente del Psoe e dell’Ugt Francisco Largo Caballero.

L’impatto della Rivoluzione bolscevica venne percepito sia nel movimento socialista che in quello anarcosindacalista. Gli elementi pacifisti-neutralisti che respingevano la linea filo-alleata (aliadófilismo) della maggioranza del Psoe si unirono in appoggio alla rivoluzione russa e in opposizione rispetto al tappismo menscevico e ai blocchi politici con i partiti borghesi liberali; ma quest’ampia ala sinistra si opponeva anche alla rottura con la maggioranza riformista del Psoe. I giovani socialisti di Madrid, capeggiati da Juan Andrade, furono i primi a rompere con i socialisti nel 1920. Con le loro forze relativamente scarse e inesperte, essi proclamarono la formazione del Partito comunista. L’anno seguente anche un’ala del Psoe concentrata nelle Asturie e in Biscaglia si distaccò in solidarietà con l’Internazionale comunista (Ic). L’unità organizzativa tra i due partiti venne raggiunta soltanto nel 1922, dopo molti incitamenti del Comintern.

L’effetto dell’Ottobre russo sui militanti della Cnt fu, se non altro, più pronunciato. Un po’ dell’entusiasmo iniziale tra gli anarchici più radicali era basato in parte sul malinteso secondo cui i “massimalisti” russi, cioè i bolscevichi, erano in realtà anarchici. Ma, come osserva Meaker: “(…) sotto l’influsso della Rivoluzione bolscevica, gli anarchici spagnoli incominciarono a pensare, come mai avevano fatto prima, ai modi di utilizzare l’autorità e alle giustificazioni della violenza. L’idea della dittatura del proletariato incominciò a godere di una sorprendente popolarità tra di loro, e vi fu una crescente accettazione del concetto leninista secondo cui le rivoluzioni dovevano essere organizzate e non tutto poteva essere lasciato ai meccanismi della spontaneità.”16 In Stato e rivoluzione17 Lenin riaffermò, contro la socialdemocrazia riformista, l’autentico punto di vista marxista secondo cui lo Stato borghese doveva essere distrutto e rimpiazzato da una nuova forma di Stato, da uno Stato operaio. Quell’opera ebbe un impatto particolare sugli anarchici in Spagna e a livello internazionale.

Tuttavia da quel fertile terreno non sarebbe emerso alcun partito comunista di massa. Questo insuccesso fu condizionato soprattutto dalla neutralità della Spagna nella Prima guerra mondiale interimperialista. Né il Psoe né la Cnt conobbero il tipo di acuta polarizzazione verificatasi nei movimenti operai dei paesi belligeranti. In tali paesi i dirigenti traditori social-sciovinisti si crogiolarono negli appelli patriottici per la “difesa della patria” e funsero da sergenti reclutatori per i “propri” governanti imperialisti, provocando amare scissioni con gli internazionalisti che rimanevano fedeli all’unità rivoluzionaria della classe operaia. (E anche allora, la scissione tra le ali riformista e rivoluzionaria-internazionalista venne spesso inizialmente intorbidata dallo sviluppo di ampie formazioni centriste, come quella attorno a Karl Kautsky in Germania). L’Internazionale comunista attrasse molti anarchici e sindacalisti rivoluzionari che erano stati disgustati dall’abietto parlamentarismo borghese della Seconda internazionale, ad esempio Victor Serge e Alfred Rosmer in Francia, e un gran numero di attivisti degli Industrial Workers of the World negli Usa, compreso James P. Cannon, uno dei fondatori del comunismo e, successivamente, del trotskismo americano. L’Internazionale sindacale rossa o Profintern, fondata nel 1921, cercò di intercettare e di lavorare con tali elementi sindacalisti, e di conquistarli al comunismo.

Andrés Nin e Joaquín Maurín erano dei dirigenti dell’ala comunista-sindacalista della Cnt di Barcellona e si batterono affinché la Cnt si affiliasse all’Internazionale comunista. Entrambi si recarono a Mosca nel 1921 per prendere parte alla conferenza di fondazione del Profintern, che coincise con il III Congresso dell’Ic. Maurín ritornò in Spagna, ma non aderì al Pce fino al 1924. I suoi comunisti-sindacalisti, concentrati in Catalogna, mantennero un’indipendenza praticamente totale dal resto del Pce. Dopo aver cercato senza successo di rientrare in Spagna, Nin ritornò a Mosca e diventò segretario del Profintern.

Man mano che in Spagna l’ondata rivoluzionaria si ritirava, la Cnt diventò apertamente anticomunista, rompendo ogni rapporto con il Profintern nel 1922. Di fronte al colpo di Stato militare di Miguel Primo de Rivera nel 1923, né il Psoe-Ugt né la Cnt catalana si sarebbero unite al Pce nella protesta di fronte unico contro il colpo di Stato. Dichiarando di “essere venuto a combattere il comunismo”, Primo de Rivera arrestò i dirigenti del Pce e chiuse le sedi del partito; sia la Cnt che il Pce furono costretti alla clandestinità. Sebbene alcuni dirigenti del Psoe vennero arrestati, la dittatura tollerò i riformisti, e nel 1924 il capo dell’Ugt Largo Caballero entrò nel Consiglio di Stato.

L’ascesa della burocrazia staliniana

L’isolamento del giovane Stato operaio sovietico, unito alla devastazione dell’industria e delle infrastrutture causata dalla Prima guerra mondiale e dalla guerra civile che fece seguito alla Rivoluzione russa, facilitarono l’ascesa di uno strato burocratico in quanto arbitro delle scarse risorse. I bolscevichi avevano capito che il successo della rivoluzione dipendeva dalla sua estensione ai paesi industriali più avanzati d’Europa. Ma il fallimento delle opportunità rivoluzionarie a Occidente, in particolare la rivoluzione tedesca abortita del 1923 e la successiva ondata di demoralizzazione tra la classe operaia sovietica, portarono al crescente consolidamento della presa della burocrazia sul potere. A partire dal 1923-24 la burocrazia usurpò il proletariato sovietico del potere politico.

Quello fu l’inizio di una controrivoluzione politica. Sebbene l’Unione Sovietica si basasse ancora sulle forme di proprietà collettivizzata instaurate dalla Rivoluzione bolscevica, da allora in poi le persone che governavano l’Urss, il modo in cui l’Urss veniva governata e gli obiettivi con cui l’Urss era governata subirono un cambiamento. Dal punto di vista ideologico, questa controrivoluzione politica venne codificata nel dogma nazionalista e antimarxista del “socialismo in un paese solo”, promulgato da Stalin sul finire del 1924, che in effetti negava la ferrea necessità di estendere la rivoluzione socialista a livello internazionale. Nel 1926 la burocrazia staliniana, mediante il Comitato di unità sindacale anglo-russo, fornì una copertura di sinistra ai dirigenti traditori del Trades Union Congress britannico mentre tradivano lo sciopero generale. Nella rivoluzione cinese del 1925-27 Stalin e Bucharin ordinarono al Partito comunista cinese di liquidarsi all’interno del Guomindang nazionalista-borghese in nome della “rivoluzione a due tappe”. I partiti comunisti di tutto il mondo vennero trasformati sempre di più in strumenti della diplomazia sovietica, miranti ad esercitare una pressione sulle rispettive borghesie affinché “coesistessero pacificamente” con l’Urss.

La lotta di Trotsky contro la burocrazia in ascesa incominciò con l’Opposizione russa del 1923. La sua “Critica del progetto di programma dell’Internazionale Comunista” (nucleo centrale de La Terza internazionale dopo Lenin)18 analizzava il legame tra il dogma staliniano del “socialismo in un paese solo” e gli zig-zag capitolardi del Comintern, soprattutto il tradimento della rivoluzione cinese. Espulso dal Partito comunista sovietico nel 1927 e forzosamente esiliato dall’Unione Sovietica nel 1929, Trotsky organizzò i suoi sostenitori nell’Opposizione di sinistra internazionale (Osi) per lottare, in quanto frazione espulsa dell’Internazionale comunista, affinché quest’ultima ritornasse sulla strada dell’internazionalismo rivoluzionario. Tra quei sostenitori c’era Nin, il quale, mentre si trovava a Mosca, era stato guadagnato alla lotta di Trotsky contro la burocrazia stalinista in ascesa.

Origini dell’Opposizione di sinistra spagnola

Portata al potere per imporre l’ordine capitalista al proletariato ribelle della Spagna arretrata, la dittatura di Primo de Rivera incominciò a crollare nel gennaio 1930 sotto l’impatto della crisi capitalista internazionale, la Grande depressione provocata dal crollo della Borsa alla fine del 1929. Le aspirazioni represse delle masse portarono ad un’esplosione di protesta. In maggio gli studenti e gli operai, sotto le bandiere rosse e repubblicane, ingaggiarono un combattimento armato con la polizia di Madrid. In dicembre gli ufficiali repubblicani dell’esercito misero in atto una rivolta contro la monarchia. La rivolta venne repressa e i suoi capi furono giustiziati, ma essa suonò la campana a morto per la monarchia. I socialisti e i repubblicani dilagarono nei risultati dei centri urbani in occasione delle elezioni municipali dell’aprile 1931, il re Alfonso XIII si diede alla fuga e fu proclamata la Repubblica spagnola, capeggiata da un governo di coalizione che comprendeva il Psoe.

Nel febbraio 1930 Francisco García Lavid (Lacroix) e diversi altri ex membri del Pce in esilio fondarono in Belgio la Oposición Comunista de Izquierda Española (Oce, Opposizione comunista di sinistra in Spagna). In Spagna Juan Andrade e altri ex quadri del Pce si affiliarono anch’essi all’Opposizione di sinistra. Nin si unì a loro più tardi in quello stesso anno, dopo la sua espulsione dall’Unione Sovietica. Nin era una figura autorevole del movimento operaio spagnolo. Tuttavia alcuni anni dopo Trotsky avrebbe scritto a proposito di Nin: “La maggiore sventura per la sezione spagnola è stata il fatto che alla sua testa c’era un uomo conosciuto, con un certo passato e con l’aureola di martire dello stalinismo e che, per tutto il tempo, egli l’ha diretta in maniera sbagliata e l’ha paralizzata.”19

In una lettera del 25 maggio 1930 al gruppo esule in Belgio, Trotsky scrisse: “La crisi spagnola si sviluppa in questo momento con una notevole regolarità, che concede all’avanguardia proletaria un certo tempo per prepararsi.”20 Il partito comunista ufficiale non disponeva di una direzione autorevole, contava soltanto alcune centinaia di membri ed era lacerato dal disordine interno. Il Psoe, la cui precedente opposizione al ministerialismo borghese era stata semplicemente un’espressione della sua mancanza di opportunità sotto la monarchia, fece parte di un regime capitalista sempre più impopolare, dal 1931 al 1933. La Cnt-Fai anarcosindacalista respingeva l’idea stessa di una lotta per il potere statale proletario, oscillando invece tra i boicottaggi di qualsiasi attività politica e l’ambiguo sostegno alla borghesia “democratica”.

Scrivendo da lontano, Trotsky compì ogni sforzo per lavorare insieme a Nin e ai suoi compagni e per guidarli affinché approfittassero di quell’eccezionale opportunità. Degli estratti del carteggio del 1931-33 tra Trotsky e Nin furono pubblicati in un bollettino interno del 1933, e sono stati riproposti in The Spanish Revolution.21 Purtroppo quelle lettere non si trovano negli archivi di Trotsky ad Harvard e sembra che siano andate perdute. Gli estratti pubblicati delle lettere di Trotsky sono un modello di chiarezza programmatica, di quesiti esplorativi e di persuasione fraterna, mentre quelle di Nin sono piene di personalismi, di impressionismo e di evasività. “La chiarezza, la precisione teorica e, di conseguenza, l’onestà politica sono ciò che rende invincibile una tendenza rivoluzionaria”, insistette Trotsky.22 Ma Nin voltò le spalle alla chiarezza e alla precisione teoriche. Egli affermò: “Con gente alla quale dobbiamo insegnare le prime nozioni del comunismo, non possiamo incominciare facendo della propaganda d’opposizione.”23 Nin si vantò invece del proprio prestigio personale e della propria influenza su Maurín.

Ripetendo un’arringa rimasta immutata nei decenni, i molti avvocati politici odierni di Nin rimbrottano Trotsky per il suo comportamento presuntamente “settario”, per la sua supposta ignoranza della situazione in Spagna e per la “durezza” delle sue polemiche. Negli anni Trenta questo fu il ritornello di alcuni dei vecchi collaboratori e alleati di Trotsky, come Serge, Rosmer, Georges Vereeken in Belgio e Hendrikus Sneevliet in Olanda, che sotto la pressione dell’“antifascismo” democratico, fornirono un alibi a Nin pur riconoscendo che egli aveva commesso degli “errori”. Come scrisse Trotsky in una lettera a Serge:

“sei insoddisfatto del nostro comportamento nei confronti di Andrés Nin, comportamento che ritieni essere ‘settario’. Ma non conosci e non puoi conoscere la storia politica e personale dei nostri rapporti.

Puoi facilmente immaginare quanto io sia stato felice quando Nin arrivò all’estero. Per diversi anni avevo intrattenuto con lui una corrispondenza abbastanza regolare. Alcune delle mie lettere erano dei veri e propri ‘trattati’ a proposito della rivoluzione in atto, nella quale Nin avrebbe potuto e dovuto giocare un ruolo attivo. Penso che le mie lettere a Nin lungo un periodo di due o tre anni formerebbero un volume di varie centinaia di pagine: il che dovrebbe mostrare quanta importanza attribuissi a Nin e ai rapporti amichevoli con lui. Nelle sue risposte, Nin affermò più e più volte il suo accordo in teoria, ma evitò sempre la discussione dei problemi pratici. (…) Ovviamente nessuno è obbligato ad essere un rivoluzionario. Ma Nin era il capo dei bolscevico-leninisti spagnoli e, per questo solo fatto, aveva una seria responsabilità, che ha mancato di assolvere nella pratica, mentre continuava a gettarmi polvere negli occhi”.24

Il partito, di nuovo il partito e ancora una volta il partito

In un articolo del 1931, “La rivoluzione in Spagna e i compiti dei comunisti”,25 Trotsky delineò il programma e la strategia che avrebbero potuto guidare i rivoluzionari spagnoli sulla via del potere. Trotsky avanzò una serie di rivendicazioni miranti a legare le aspirazioni democratiche delle masse operaie e contadine alla lotta per il dominio di classe del proletariato: confisca delle grandi proprietà fondiarie a vantaggio dei contadini poveri; separazione della Chiesa dallo Stato, disarmando le roccaforti della reazione clericale e trasferendo le grandi ricchezze della Chiesa alle masse; creazione di milizie operaie e contadine; nazionalizzazione delle ferrovie, delle banche e delle risorse minerarie; controllo operaio dell’industria; diritto all’autodeterminazione nazionale per i catalani e per i baschi.

Trotsky stava qui applicando la teoria e il programma della rivoluzione permanente, convalidato dall’Ottobre russo del 1917 e confermato in negativo dalla sconfitta della rivoluzione cinese del 1925-27. Vista la comparsa tardiva del capitalismo in tali paesi, i compiti storicamente associati alle rivoluzioni democratico-borghesi del XVII e del XVIII secolo potevano essere assolti unicamente attraverso la conquista del potere da parte del proletariato alla testa delle masse contadine, che avrebbe necessariamente e immediatamente posto all’ordine del giorno non soltanto gli obiettivi democratici, ma anche quelli socialisti.

Trotsky sottolineò l’importanza di intercettare la combattiva base della Cnt per spingerla a rompere con i suoi pregiudizi anarcosindacalisti e fece appello alla creazione di una federazione sindacale unificata. Egli sostenne che era necessario promuovere un’agitazione per la formazione di soviet, di juntas operaie, che agissero in quanto organismi della lotta proletaria unita contro la classe capitalista, elevandosi “al di sopra di tutte le divisioni politiche, di nazionalità, di provincia e sindacali”. E continuò:

“La giunta [junta] proletaria diverrà una vasta arena in cui ogni partito ed ogni gruppo sarà sottoposto alla prova e all’esame dinanzi agli occhi di larghe masse. La parola d’ordine del fronte unico operaio sarà contrapposta dai comunisti alla pratica della coalizione con la borghesia dei socialisti e di una parte dei sindacalisti. Solo il fronte unico rivoluzionario assicurerà al proletariato la fiducia indispensabile delle masse delle campagne e delle città. La realizzazione del fronte unico è possibile solo sotto la bandiera del comunismo. La giunta ha bisogno di un partito dirigente. Senza una direzione ferma, resterebbe una forma organizzativa vuota e cadrebbe inevitabilmente sotto l’influenza della borghesia”.

E soprattutto, concluse Trotsky, “per assolvere vittoriosamente a tutti questi compiti occorrono tre condizioni: un partito, di nuovo un partito e sempre un partito”.26

Tuttavia era proprio la questione del partito a separare maggiormente Nin da Trotsky. Inizialmente Nin aveva opposto resistenza alle esortazioni di Trotsky miranti al lancio di una rivista teorica che gettasse delle chiare basi programmatiche per un’avanguardia bolscevico-leninista. E allo stesso modo rifiutò di accettare le ingiunzioni di Trotsky che puntava a fargli considerare seriamente le lotte politiche allora in atto all’interno dell’Osi, che erano necessarie per separare i rivoluzionari autentici da tutta una varietà di dilettanti, di incompetenti e simili, che erano stati accidentalmente attratti dalla battaglia trotskiana contro lo stalinismo. Tali dibattiti erano vitali per forgiare una tendenza internazionale disciplinata e politicamente omogenea, e per combattere le deformanti pressioni nazionali. Ma i dirigenti dell’opposizione spagnola non intervennero politicamente in quei dibattiti, né li portarono a conoscenza della loro sezione. Si lasciarono invece “guidare dai legami personali, dalle simpatie o dalle antipatie”.27

Trotsky esortò Nin ad applicare l’orientamento dell’Osi rispetto all’Ic, sostenendo che ai burocrati stalinisti “non si deve permettere di creare l’impressione che l’Opposizione di sinistra sia ostile agli operai che seguono la bandiera del partito comunista ufficiale”.28 Malgrado le atrocità, le menzogne e i tradimenti burocratici di Stalin e compagnia, i partiti comunisti continuavano ad attirare quegli elementi in seno alla classe operaia internazionale che venivano attratti dalla rivoluzione russa e che volevano battersi per una rivoluzione operaia nei propri paesi. Sarebbe inoltre stato un crimine cedere agli stalinisti la bandiera dell’Internazionale comunista senza una lotta o una prova decisiva.

Nin respinse esplicitamente la prospettiva internazionale dell’Osi, appellandosi all’eccezionalismo spagnolo: “in Spagna il proletariato organizzerà il suo partito al di fuori del partito ufficiale (che di fatto non esiste) e nonostante esso.”29 Trotsky rispose: “Quantunque il partito ufficiale, così com’è oggi, possa essere debole e insignificante, esso ha tuttavia in sé, nell’Urss e in tutto ciò che all’Urss è collegato, tutte le possibilità storiche esterne. Ecco perché mi sembra pericoloso che voi vi lasciate guidare empiricamente soltanto dal rapporto di forze immediato.”30 Di fronte a tali argomenti Nin fece orecchie da mercante, modificando significativamente il nome del gruppo spagnolo da Oposición Comunista de España a Izquierda Comunista de España (Ice, Sinistra comunista di Spagna) nel marzo 1932.

Rifiutando la lotta dell’Opposizione di sinistra, Nin si volse invece verso la vecchia Federazione catalana capeggiata da Joaquín Maurín. Espulsa dal Pce nel giugno 1930, la Federazione catalana era un’organizzazione centrista che si stava spostando verso destra la cui politica venne caratterizzata da Trotsky come “una mistura di pregiudizi piccolo-borghesi, di ignoranza, di ‘scienza’ provincialistica e di disonestà politica”.31 Nel marzo 1931 la Federazione catalana si unì al Partito comunista catalano (un raggruppamento piccolo-borghese non affiliato al Pce) per fondare un’organizzazione “di massa”, il Boc, Blocco operaio e contadino. Trotsky caratterizzò il programma del Boc di Maurín come “un puro ‘guomindanghismo’ trasportato sul suolo spagnolo”32 (il riferimento è al Guomindang borghese-nazionalista di Chiang Kai-shek) e come “una riedizione del partito operaio e contadino”.33 Questa formula bi-classista era stata utilizzata per giustificare la liquidazione nel Guomindang e in altre formazioni borghesi-populiste come il “Farmer-Labor Party” statunitense.

A livello internazionale, Maurín era allineato con l’Opposizione di destra che si unì intorno alle posizioni dell’ex alleato di Stalin, Nikolaj Bucharin (il quale capitolò rapidamente a Stalin), in contrapposizione rispetto alle politiche del cosiddetto “Terzo periodo”. Tali politiche vennero inaugurate da Stalin nel 1929, nel quadro di un presunto nuovo periodo in cui la rivoluzione proletaria internazionale era imminente. I partiti comunisti di tutto il mondo incominciarono a seguire un corso avventurista e settario, abbandonando i sindacati diretti dai riformisti per costruire dei sindacati “rossi” isolati e opponendosi a qualsiasi azione congiunta con i socialdemocratici, che vennero etichettati come “socialfascisti”. L’Opposizione di destra internazionale combatté tale corso settario sviluppando una prospettiva di collaborazione di classe; il suo principale portavoce fu Heinrich Brandler, che aveva presieduto al fallimento della rivoluzione tedesca nel 1923. Nello stesso tempo, i brandleriani difesero le disastrose politiche degli stalinisti nella Cina del 1925-27 e il dogma nazionalista del “socialismo in un paese solo”.

Trotsky combatté ripetute battaglie contro ogni confusione con le bandiere dell’Opposizione di destra. In Unione Sovietica egli si era opposto con intransigenza ad un blocco con l’ala buchariniana della burocrazia, le cui politiche blandivano e incoraggiavano le forze interne della restaurazione capitalista: lo strato dei contadini agiati (kulaki) e dei piccoli imprenditori. Su scala internazionale, l’unità con l’Opposizione di destra significava la liquidazione della lotta per un’avanguardia comunista. La correttezza di tale giudizio venne duramente dimostrata dal corso intrapreso da Nin e Andrade nel loro inseguimento di Maurín.

“Svolta francese” e combinazioni senza principi

L’ascesa al potere dei nazisti di Hitler agli inizi del 1933 e la criminale passività dei capi delle forti organizzazioni comuniste e socialiste del proletariato tedesco provocarono degli scossoni nella classe operaia di tutto il mondo. Allorché la disfatta tedesca non riuscì a provocare neppure un accenno di rivolta in seno alla Terza internazionale, Trotsky dichiarò il Comintern stalinizzato morto per la causa della rivoluzione proletaria e fece appello alla costruzione di nuovi partiti comunisti che risollevassero la bandiera del leninismo. La “Dichiarazione dei quattro”,34 che era stata scritta da Trotsky e che chiamava alla formazione di una nuova internazionale, la Quarta, venne sottoscritta dai rappresentanti dell’Osi, del gruppo di Sneevliet e di un secondo gruppo olandese, e del Sozialistische Arbeiterpartei (Sap, Partito operaio socialista) tedesco, una scissione di sinistra della socialdemocrazia. Nel 1933 l’Osi adottò il nome di Lega comunista internazionale (bolscevico-leninista) [Lci].

Gli stalinisti abbandonarono ben presto l’avventurismo settario del “Terzo periodo”. Colto dal panico per la vittoria nazista, Stalin cercò un’alleanza con le “democrazie” imperialiste: la Gran Bretagna, la Francia e gli Usa. Il nuovo ordine del giorno diventò il “Fronte popolare” contro il fascismo, successivamente codificato al VII Congresso dell’Internazionale comunista nel 1935 e messo in pratica mediante delle coalizioni frontepopuliste con i partiti delle borghesie “democratiche” in Francia, in Spagna e altrove. Lo strangolamento staliniano della rivoluzione operaia spagnola doveva servire a questa tanto sperata alleanza con la Gran Bretagna e la Francia, giacché egli cercava di dimostrare agli imperialisti che il Comintern non costituiva più una minaccia per l’ordine borghese.

La vittoria nazista in Germania coincise altrove con una ripresa della lotta di classe, dopo tre anni di Grande depressione. La radicalizzazione di un settore degli operai e dei giovani trovò un’espressione nella crescita di vivaci e combattive ali di sinistra all’interno dei partiti socialdemocratici e, negli Usa, nell’ascesa del Congress of Industrial Organizations (Cio, Congresso delle organizzazioni industriali). Per la prima volta da anni, nel 1934 dei militanti socialisti furono alla testa di rivolte proletarie: a Vienna, capitale dell’Austria, e nella regione mineraria delle Asturie in Spagna. Trotsky esortò i suoi sostenitori ad entrare temporaneamente nei partiti della Seconda internazionale allo scopo di intercettare e conquistare i giovani e gli operai orientati in senso rivoluzionario. Applicata per la prima volta in Francia nel 1934, tale tattica divenne nota come “svolta francese” e fu subito seguita in un certo numero di altri paesi, compresi, nel 1936-37, gli Usa, dove i trotskisti conquistarono un considerevole strato di giovani e di militanti sindacali strappandoli al Socialist Party.

In Spagna la situazione era probabilmente quella maggiormente aperta per un’applicazione vincente di questa tattica. Renovación, il giornale madrileno delle Juventudes Socialistas (Js, Gioventù socialiste), che avevano all’epoca circa 200 mila membri, fece apertamente appello ai trotskisti come ai “migliori rivoluzionari e migliori teorici in Spagna, che sono invitati ad entrare nelle Juventudes [Socialistas] e nel partito socialista per realizzarne la bolscevizzazione”.35 Persino l’inveterato riformista Francisco Largo Caballero si espresse a favore della rivoluzione socialista e di una Quarta internazionale.

Nin e Andrade respinsero in maniera criminale le esortazioni di Trotsky e le implorazioni delle Joventudes Socialistas, e rifiutarono di far entrare la loro organizzazione nel Psoe-Js. Un piccolo nucleo di membri dell’Ice, compreso il futuro dirigente della Sble trotskista Manuel Fernández Grandizo (detto G. Munis) rifiutò la via seguita da Nin e Andrade ed entrò nel Psoe, quantunque con poco successo. Munis scrisse in seguito:

“E tuttavia ciò che sembrava impossibile per un piccolo gruppo sarebbe stato relativamente agevole per le discrete dimensioni dell’organizzazione della Sinistra Comunista [Ice] in quanto tale. Sono fermamente convinto che il suo ingresso nelle Joventudes [Socialistas] e nel partito socialista avrebbe cambiato tutto il corso della rivoluzione spagnola.”36

Nell’aprile 1936 le Js furono conquistate dagli stalinisti, fornendo per la prima volta al Pce una base di massa, mentre in Catalogna il Pce si unificava con il Psoe per formare il Partit Socialista Unificat de Catalunya (Psuc).

Nin e Andrade non erano soli nel loro ostinato rifiuto di cogliere una magnifica occasione per potenziare le forze del marxismo rivoluzionario, sebbene sia stata questa loro mancanza ad essere pagata più cara dal proletariato. Negli Usa, una piccola minoranza attorno a Hugo Oehler, un vero agitatore tra le masse ma un ottuso settario, si oppose all’ingresso nel Socialist Party da un punto di vista ultrasinistro settario e ben presto si distaccò dalla maggioranza trotskista guidata da James P. Cannon. A livello internazionale, Oehler entrò in un blocco putrido con Nin e altri che si opponevano sul proprio terreno nazionale alla “svolta francese” dal punto di vista di un’adattabilità opportunista.

L’insurrezione delle Asturie

Un fattore specifico nella radicalizzazione della base del Partito socialista spagnolo fu la rabbia per il ruolo criminale giocato dai suoi dirigenti nel primo governo repubblicano, i cui implacabili attacchi contro la classe operaia e i contadini provocarono un odio e un’avversione assai diffusi. La brutale repressione della rivolta contadina ispirata dagli anarchici a Casas Viejas, nel gennaio 1933, segnò il punto di rottura, imponendo nuove elezioni. La Cnt esortò i propri membri ad astenersi, e le masse, nella loro maggioranza, non andarono al voto per punire il governo repubblicano-socialista. Le elezioni furono stravinte dai partiti della reazione clericale e monarchica.

Allorché dei membri della clerico-fascista Confederación Española de Derechas Autónomas (Ceda, Confederazione spagnola delle destre autonome) vennero invitati ad entrare nel governo nell’ottobre 1934, degli scioperi generali scoppiarono in tutta la Spagna. Gli operai delle Asturie si sollevarono in un’insurrezione, basata sul forte sindacato dei minatori guidato dal Psoe. Le caserme di polizia furono prese d’assalto, le mitragliatrici e i fucili (presi da una fabbrica di armi conquistata) vennero distribuiti agli operai, e la capitale, Oviedo, e altre aree furono occupate dagli insorti. “L’amara esperienza degli operai tedeschi era presente nella mente di tutti. Gli operai spagnoli erano decisi a non ripetere quell’esperienza”, scrisse Manuel Grossi, membro del Boc e uno dei principali dirigenti dell’Alleanza operaia asturiana a capo della rivolta, nel suo resoconto del 1935.37

Laggiù c’era un terreno fertile per la messa in pratica degli insistenti appelli di Trotsky alla costruzione di juntas operaie: dei consigli ampi e autorevoli democraticamente eletti dalla classe operaia. Come aveva scritto Trotsky nel 1931: “Solo tramite giunte [juntas] che abbraccino le formazioni essenziali del proletariato, i comunisti possono assicurare la loro egemonia sulla classe e, di conseguenza, dominare la rivoluzione. Solo nella misura in cui si accrescerà l’influenza dei comunisti sulla classe operaia le giunte diverranno organi di lotta per la conquista del potere.”38 I comunisti di sinistra di Nin si imbarcarono invece nelle “alleanze operaie” varate dal Boc. Tali organismi non erano eletti, né comportavano la partecipazione degli operai insorti. L’accordo del 28 marzo 1934 che dava vita all’Alleanza operaia asturiana, la quale comprendeva, oltre alla Ice e al Boc, il Psoe-Ugt, il Pce e la Cnt regionale, specificava: “A partire dalla data della firma del presente patto, tutte le campagne di propaganda che possano dare adito ad un peggioramento delle relazioni tra i diversi partiti alleati dovranno cessare.”39 Lungi dal fornire una tribuna in cui i partiti e i programmi in lotta tra loro potessero essere messi alla prova, fungendo così da crogiuolo nel quale un’avanguardia rivoluzionaria potesse essere forgiata attorno ad una prospettiva di potere proletario, l’Alleanza operaia fu un patto politico di non aggressione basato sul minimo comun denominatore di un accordo tra le direzioni delle varie organizzazioni.

La rivolta delle Asturie fu annunciatrice della rivoluzione incombente, del suo tradimento e della sua sconfitta. Fu il generale Franco ad essere chiamato a schiacciare i ribelli asturiani. Per la prima volta in Spagna vennero dispiegati contro il proletariato i legionari stranieri e le truppe moresche provenienti dalla colonia spagnola del Marocco, le stesse forze che sarebbero poi state utilizzate da Franco per annientare la rivoluzione spagnola. La soppressione della Comune asturiana isolata, che costò cinquemila operai morti e trentamila incarcerati, alimentò nel proletariato spagnolo un sentimento rinnovato a favore dell’unità tra le organizzazioni operaie. Tali aspirazioni vennero convogliate dai riformisti e dai centristi in un sostegno ad una nuova coalizione collaborazionista di classe.

La fondazione del Poum

Ad un plenum nazionale del settembre 1934, la Ice di Nin e Andrade decise ipocritamente che mettere in atto la “svolta francese” avrebbe significato “immergerci in un conglomerato amorfo”.40 Un anno dopo, nel 1935, l’Ice si sarebbe immersa in un conglomerato veramente amorfo, fondendosi con il Boc di Maurín per fondare il Poum e aderire al Bureau di Londra. Federazione senza principi di varie organizzazioni centriste, principalmente l’Independent Labour Party (Ilp, Partito laburista indipendente) britannico e il Sap tedesco, il Bureau di Londra oscillava tra la Seconda internazionale e la Terza. L’unica forza unificante di questa “Internazionale” era l’opposizione rispetto alla formazione di una Quarta internazionale leninista-trotskista, cioè l’opposizione ai vincoli posti dal centralismo democratico ai loro rispettivi appetiti nazional-opportunisti e l’opposizione ai principi dell’internazionalismo proletario.

Il Poum era settario nella forma e opportunista nella sostanza. Dal punto di vista organizzativo si contrapponeva alle organizzazioni di massa tradizionali del proletariato spagnolo. Ma dietro a questo c’era la riluttanza ad affrontare politicamente i dirigenti traditori del Psoe, del Pce e della Cnt. Durante la guerra civile il Poum formò le proprie milizie, separando i suoi militanti dalle milizie delle organizzazioni che avevano l’appoggio della gran massa della classe operaia spagnola. Nel contempo, il Poum abbracciò il Fronte popolare, a cominciare dalla firma del “Patto elettorale delle sinistre” del gennaio 1936, un blocco collaborazionista di classe tra i repubblicani, il Psoe e il Pce.

Trotsky mise a nudo la cinica ipocrisia e il grossolano opportunismo di Nin e Andrade:

“è opportuno ricordare che i ‘comunisti di sinistra’ spagnoli, come indica il loro stesso nome, si sono atteggiati, ogniqualvolta se n’è presentata l’occasione, a rivoluzionari incorruttibili. In particolare hanno fragorosamente condannato i bolscevico-leninisti francesi per essere entrati nel partito socialista. Mai! A nessuna condizione! Entrare temporaneamente in un’organizzazione politica di massa allo scopo di portare avanti nelle sue file una lotta intransigente contro i dirigenti riformisti, per la bandiera della rivoluzione proletaria – questo è opportunismo; ma concludere un’alleanza politica con i dirigenti di un partito riformista sulla base di un programma deliberatamente disonesto che serve ad ingannare le masse e a fornire una copertura alla borghesia – questa è una prodezza! Possono esistere una degradazione e una prostituzione del marxismo più grandi?”41

A questo punto gli odierni apologeti di Nin si levano ancora una volta in sua difesa. Durgan e il vecchio dirigente della gioventù del Poum Wilebaldo Solano42 sostengono che Trotsky e il Segretariato Internazionale (Si) della Lci approvarono la fusione di Nin con Maurín. Secondo Durgan: “Va ricordato che la reazione iniziale tanto del Si che di Trotsky rispetto alla fondazione del Poum fu di cauto ottimismo.”43

Questa affermazione è smentita da tutto l’insieme degli scritti di Trotsky sul Boc e sul Poum, che fanno chiarezza sulla sua inconciliabile ostilità rispetto alle loro politiche centriste. Trotsky non fu affatto ottimista circa il Poum. La fusione era stata preceduta da un aspro carteggio tra il Si e la direzione capeggiata da Nin. In una lettera del luglio 1935 il Si sostenne che l’Ice stava subendo un “assorbimento ad opera del Blocco operaio e contadino [Boc]” senza godere neppure del diritto di frazione, e che “in tali circostanze dal nuovo partito non può uscire nulla di buono. (…) Quale sarà la bandiera del nuovo partito? Il vessillo ben noto del Bureau di Londra-Amsterdam (…).”44

Nin respinse tali argomenti senza tanti complimenti e interruppe ogni ulteriore discussione con la Lci, giurando che Maurín accettava “tutti i nostri principi fondamentali” e ringhiando che il Si manifestava una “fondamentale incomprensione degli affari spagnoli”.45

Durgan sostiene che la fusione di Nin con il Boc era paragonabile alla fusione della Communist League of America di Cannon con i centristi in evoluzione verso sinistra dell’American Workers Party di Abraham Johannes Muste, fusione che diede vita al Workers Party of the United States. Ma a differenza del Poum, che aderì al Bureau di Londra, il Workers Party si dichiarò esplicitamente a favore della fondazione della Quarta internazionale. Come osservava la lettera del Si del luglio 1935:

“se il nuovo partito che volete fondare assume una posizione chiara per quanto riguarda la Quarta internazionale (come in America e in Olanda), esso può giocare un grande ruolo a livello nazionale in quanto nuovo centro d’attrazione. In tali circostanze, bisogna desiderare la fusione. Ma se il nuovo partito si presenta come uno strumento dell’‘unificazione social-comunista’ (…), allora la nostra adesione ad un tale partito costituirebbe la liquidazione della nostra tendenza.”46

Durgan rimuove l’ostilità del Poum nei confronti della Quarta internazionale come se si trattasse di un problema di terz’ordine. In realtà, era una questione determinante, che demarcava il marxismo rivoluzionario da ogni sorta di confusione centrista.

Facendo eco alle false rassicurazioni di Nin, Durgan dipinge il gruppo di Maurín come se si fosse spostato verso il trotskismo e critica aspramente Trotsky per la sua “apparente inconsapevolezza di questa evoluzione della politica del Boc”.47 Ma anche Maurín era “apparentemente inconsapevole” di tale evoluzione, come lui stesso chiarì in seguito:

“Con la sua teoria e la sua pratica, il Boc era molto simile ad un partito socialista di sinistra che fosse stato in grado di cogliere quanto c’era di positivo e di negativo nella rivoluzione russa. Il Boc era ideologicamente influenzato da Marx ed Engels, da Lenin e Bucharin, appena appena da Trotsky e per nulla da Stalin”.48

In realtà l’unica “prova” ripescata da Durgan circa il “cauto ottimismo” di Trotsky nei confronti della fondazione del Poum non proviene da un qualsivoglia articolo di Trotsky, bensì da un rapporto sulla fusione dell’ottobre 1935 stilato da Jean Rous, che era stato inviato in Spagna in veste di delegato del Si. Rous cita Trotsky dicendo: “Il nuovo partito è stato proclamato. Ne prendiamo atto. Nella misura in cui ciò può dipendere da fattori internazionali, dovremmo fare di tutto per aiutare questo partito a conquistare forza e autorità. La qual cosa è possibile soltanto sulla via del marxismo conseguente e intransigente.”49 Tutto ciò che questo “dimostra” è che Trotsky offrì la propria collaborazione continuativa… se il nuovo partito avesse seguito la strada del marxismo coerente e senza compromessi! Come tutti gli opportunisti, Durgan equipara la flessibilità tattica al conciliatorismo senza principi.

Nin e Andrade avevano rotto con la Lci e messo Trotsky e il Si di fronte al fatto compiuto. La questione era che cosa si potesse fare, da lontano, per salvare il trotskismo spagnolo. Trotsky insistette sulla politica. Dopo aver letto il manifesto della fusione, Trotsky sottolineò la necessità di criticare instancabilmente le contraddizioni e i sotterfugi del Poum, concentrandosi sul significato antirivoluzionario della sua adesione al Bureau di Londra.50 Nel suo articolo del gennaio 1936 egli mise in guardia contro ogni confusione, all’interno della Lci, circa la natura del gruppo di Nin e Maurín, e sottolineò la sua implacabile opposizione rispetto a quei rinnegati e traditori centristi:

“L’organizzazione spagnola dei ‘comunisti di sinistra’, che è sempre stata un’organizzazione confusa, dopo innumerevoli oscillazioni a destra e a sinistra si è fusa con la Federazione catalana di Maurín in un partito di ‘unificazione marxista (?)’ su di un programma centrista. Alcuni dei nostri stessi periodici, fuorviati da tale nome, hanno scritto a proposito di questo partito come se esso si stesse avvicinando alla Quarta internazionale. Non c’è nulla di più pericoloso dell’esagerare le proprie forze con l’aiuto di… un’immaginazione credulona. Ma ciò facendo non si impedirà alla realtà di apportare una crudele disillusione!”51

Oscillazione centrista e tradimento frontepopulista

Il “Patto elettorale delle sinistre” del 1936, proposto dai repubblicani, era un trattato in difesa della proprietà privata e del dominio borghese. Esso garantiva l’inviolabilità del corpo degli ufficiali e della Chiesa, rifiutava qualsiasi nazionalizzazione dei terreni agricoli, delle industrie o delle banche e perpetuava l’oppressione nazionale della Catalogna e del paese basco. Confermava l’occupazione coloniale del Marocco (spagnolo) e raccomandava che la politica estera della Spagna seguisse i “principi” di quel covo imperialista di briganti che era la Società delle Nazioni. Tra i firmatari figuravano il Psoe-Ugt, il Pce, il Partito sindacalista dell’ex dirigente della Cnt Angel Pestaña e Juan Andrade per il Poum. Benché non lo avesse sottoscritto, la Cnt incoraggiò i propri membri a votare per il Fronte popolare. Trotsky scrisse:

“La maggior parte di questi partiti è stata alla testa della rivoluzione spagnola durante gli anni della sua ascesa ed essi hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per tradirla e calpestarla. Il nuovo aspetto della questione risiede nella firma del partito di Maurín-Nin-Andrade. Gli ex ‘comunisti di sinistra’ spagnoli si sono trasformati in una semplice appendice della borghesia ‘di sinistra’. È difficile concepire una caduta più ignominiosa! (…) Quanto ironico è il nome di ‘unificazione marxista’… con la borghesia. I ‘comunisti di sinistra’ spagnoli (Andrés Nin, Juan Andrade e altri) hanno cercato più d’una volta di eludere la nostra critica delle loro politiche collaborazioniste facendo riferimento alla nostra mancanza di comprensione delle ‘particolari condizioni’ della Spagna. Questo è il solito argomento utilizzato da tutti gli opportunisti. Ma il primo dovere di un autentico rivoluzionario proletario sta nel tradurre le condizioni particolari del suo paese nel linguaggio internazionale del marxismo, che è comprensibile anche al di fuori dei confini del proprio paese”.52

Ancora una volta, Durgan accorre in difesa di Nin. Pur rimproverando il Poum per aver formalmente sottoscritto il patto elettorale, egli scrive: “Data la situazione politica, il Poum aveva ben poca scelta se non quella di appoggiare il patto contro la destra, ma l’unica maniera possibile di farlo senza confondere la posizione del partito era di farlo indipendentemente dall’esterno.”53 Anche in questo caso, come negli anni Trenta e successivamente, il sostegno al Fronte popolare viene presentato semplicemente come una manovra tattica piuttosto che, per dirla con Trotsky, come “il crimine più grande”,54 pagato col sangue della classe operaia.

L’elezione, nel febbraio 1936, del governo di Fronte popolare guidato dal politico repubblicano di sinistra Manuel Azaña, che era stato primo ministro anche nel governo di coalizione del 1931-33, inaugurò un periodo di tumulti di massa degli operai e dei contadini, che comportò la conquista dei terreni agricoli e centinaia di scioperi tra il febbraio e il luglio 1936. Pur lavorando energicamente per reprimere il proletariato, il Fronte popolare non riuscì a soddisfare i suoi padroni borghesi. Il 17 luglio 1936 Franco chiese per radio alle guarnigioni della Spagna di impadronirsi delle città. Il governo si diede da fare per raggiungere un accordo con le forze franchiste, lavorando nel contempo per impedire qualsiasi resistenza da parte della classe operaia. Il giorno seguente, i dirigenti del Psoe e del Pce emisero una dichiarazione che proclamava fedelmente: “Il governo comanda e il Fronte popolare obbedisce.”55 Ma gli operai non erano disposti ad “obbedire” agli sforzi del governo tendenti a calmarli con le menzogne. Il 19 luglio gli operai della Cnt-Fai e del Poum incominciarono spontaneamente ad erigere delle barricate. Essendo state loro rifiutate le armi da parte del governo di Fronte popolare, gli operai si impadronirono dei depositi di fucili e di dinamite e circondarono e disarmarono le guarnigioni dell’esercito. Un’insurrezione rivoluzionaria era incominciata.

Nel giro di qualche giorno tutta la Catalogna era nelle mani del proletariato. Il 20 luglio una colonna di cinquemila dinamiteros equipaggiati dai minatori asturiani giunse a Madrid per controllare le strade. Dei comitati operai armati sostituirono i funzionari della dogana alle frontiere; un libretto sindacale o la tessera di iscrizione ad un partito politico operaio erano l’unico requisito per entrare nel paese. Settori importanti della borghesia, specialmente in Catalogna, fuggirono o vennero cacciati via, affollandosi nelle zone controllate dall’esercito franchista. Un comitato congiunto dell’Ugt e della Cnt prese la direzione dei trasporti in tutta la Spagna. Gli operai si impossessarono delle fabbriche abbandonate e crearono dei collettivi di fabbrica che organizzarono la produzione a livello locale. Tali collettivi o cooperative furono organizzati nelle industrie navali, minerarie, dell’energia elettrica, dei trasporti, della fornitura del gas e dell’acqua, e in molte altre.

Il governo borghese continuò a “governare”, ma in effetti il potere era nelle mani degli operai armati e dei loro comitati. Si trattava di una situazione di dualismo di poteri. Come scrisse Trotsky: “La preparazione storica di una insurrezione, in periodo prerivoluzionario, porta a una situazione in cui la classe destinata a realizzare un nuovo sistema sociale, senza essere ancora la classe dominante, concentra effettivamente nelle proprie mani una parte importante di potere statale, mentre l’apparato ufficiale [dello Stato] resta ancora nelle mani degli antichi detentori.”56 La questione era se questo “dualismo di poteri”,57 come lo definì Trotsky, si sarebbe risolto a favore della rivoluzione oppure della controrivoluzione. Nel periodo tra le rivoluzioni di febbraio e di ottobre in Russia, spiegò Trotsky, “la questione si poneva in questi termini”:

“o la borghesia si impadronirà effettivamente del vecchio apparato statale, dopo averlo rimesso a nuovo per i suoi scopi, e allora i soviet dovranno scomparire; o i soviet costituiranno la base del nuovo Stato, dopo aver liquidato non solo il vecchio apparato, ma anche il dominio delle classi che se ne servivano. I menscevichi e i socialrivoluzionari si orientavano verso la prima soluzione. I bolscevichi verso la seconda. (…) I bolscevichi riportarono la vittoria”.58

Ma in Spagna non esisteva alcun Partito bolscevico. Gli stalinisti, i socialisti e gli anarchici intercedevano presso la borghesia, in nome della “rivoluzione democratica”, affinché riprendesse il potere che gli operai avevano strappato, armi alla mano, ai capitalisti. Come riferì il dirigente della Cnt García Oliver, Luis Companys, capo della Esquerra Catalana nazionalista-borghese, dichiarò quanto segue ad un incontro con i dirigenti anarchici, dopo che gli operai ebbero respinto Franco:

“Avete vinto e tutto è in vostro potere; se non avete bisogno di me, o non mi volete come presidente della Catalogna, ditemelo adesso, ed io diventerò un soldato in più nella lotta contro il fascismo. Se, al contrario, credete che, da questo posto, che solo da morto avrei abbandonato di fronte al fascismo trionfante, io possa con gli uomini del mio partito, il mio nome ed il mio prestigio essere utile in questa lotta che, se oggi si è conclusa favorevolmente in città, non sappiamo quando e come si concluderà nel resto della Spagna, potrete contare su di me e sulla mia lealtà di uomo e di politico. Sono convinto che oggi muore un passato di vergogna, e desidero sinceramente che la Catalogna marci alla testa dei paesi più progrediti socialmente”.59

Questo era quanto i dirigenti anarchici avevano bisogno di sentire. Così García Oliver conclude il suo resoconto: “La Cnt e la Fai decisero a favore della collaborazione e della democrazia, rinunciando al totalitarismo rivoluzionario che doveva condurre allo strangolamento della rivoluzione attraverso la dittatura confederale e anarchica. Si fidavano delle parole e della persona di un democratico catalano e sostenevano Companys alla presidenza della Generalidad.”60

Dualismo di poteri in assenza di un’avanguardia bolscevica

A differenza dei soviet in Russia, i vari comitati di fabbrica e di milizia in Spagna solitamente non erano eletti, e la loro composizione e il loro carattere variavano da una località all’altra a seconda di quale gruppo li controllava. Era necessario trasformarli in veri soviet mediante l’elezione di delegati, soggetti a revoca immediata, nelle fabbriche e nelle caserme, e centralizzarli in organi di lotta proletaria unita contro la classe capitalista di tutto il paese: “Soltanto quando il dualismo di potere assume grandi dimensioni nella sua organizzazione c’è la possibilità di una scelta tra il regime esistente ed un nuovo regime rivoluzionario del quale i consigli divengono la forma statale.”61

Il Comité Central de Milicias Antifascistas (Ccma, Comitato centrale delle milizie antifasciste) era alla sommità della rete dei comitati operai in Catalogna. Creato il 21 luglio 1936 come Comitato dei Quindici, esso includeva dei rappresentanti non soltanto della Cnt, dell’Ugt e di altre organizzazioni operaie, ma anche dell’Esquerra borghese. Data la presenza dell’Esquerra, lo storico Agustín Guillamón sostiene, nel suo prezioso lavoro sugli anarchici di sinistra Amigos de Durruti, che: “In nessun momento è esistita un situazione di dualismo di poteri. Questo concetto è cruciale per una qualsiasi comprensione della rivoluzione e della guerra civile spagnole. Il Ccma era un’agenzia collaborazionista di classe.”62

L’inclusione dell’Esquerra nel Ccma era espressione delle politiche collaborazioniste di classe dei dirigenti riformisti e anarchici. Ma il Ccma non era semplicemente un’estensione del governo di Fronte popolare, come venne dimostrato dal fatto che esso fu ben presto annientato da quel governo. Come spiegò Morrow:

“A differenza delle coalizioni governative, che in realtà si basano sulla vecchia macchina statale, il Comitato centrale [delle milizie antifasciste], dominato dagli anarchici, si basava sulle organizzazioni operaie e sulle milizie. Gli appartenenti al gruppo dell’Esquerra e i più vicini a loro – i comunisti e la Ugt – erano semplicemente a loro rimorchio per il momento. I decreti del Comitato centrale erano le sole leggi della Catalogna. Companys obbediva senza replicare alle richieste e alle disposizioni in campo finanziario provenienti dal Cc[ma]. Il Comitato centrale, nato presumibilmente come un centro per la formazione delle milizie, inevitabilmente doveva assumersi sempre di più funzioni governative. Ben presto esso organizzò un dipartimento di polizia operaia; poi un dipartimento per i rifornimenti, la cui parola era legge nelle fabbriche e nei porti. (…) Attorno al Comitato centrale delle milizie sorsero i molti comitati delle fabbriche, dei villaggi, dei rifornimenti, dell’alimentazione, della polizia, ecc., sotto forma di comitati aggiunti delle varie organizzazioni antifasciste; in realtà esercitavano un potere più grande dei suoi costituenti. Dopo le prime ondate rivoluzionarie i comitati rivelarono le loro basilari debolezze: erano nati sulla base di accordi presi dalle organizzazioni dalle quali i vari membri provenivano. Dopo le prime settimane, i seguaci dell’Esquerra, spalleggiati dai comunisti, ripresero coraggio e proposero un loro programma. I leaders della Cnt cominciarono a fare concessioni pericolose per la rivoluzione. Da quel momento in poi i comitati potevano procedere solo abbandonando il metodo del reciproco accordo e adottando il metodo delle decisioni maggioritarie, prese da delegati democraticamente eletti dalle milizie e dalle fabbriche”.63

La richiesta di espellere l’Esquerra dal Ccma sarebbe stata un’espressione concreta della battaglia contro le politiche collaborazioniste di classe che stavano strangolando le lotte rivoluzionarie del proletariato. Tale appello avrebbe fatto vibrare con forza le corde del combattivo proletariato catalano, al quale l’Esquerra aveva rifiutato le armi nella lotta contro Franco soltanto per poi vedere i dirigenti anarchici e riformisti effettuare un voltafaccia e andare a braccetto con questi “democratici” borghesi dopo che gli operai ebbero sconfitto le forze franchiste. L’appello all’espulsione dell’Esquerra dal Ccma avrebbe tracciato una netta linea di classe, mettendo a nudo i tradimenti dei dirigenti operai e servendo così da strumento per conquistare il proletariato alla bandiera del potere operaio e della lotta per forgiare un partito rivoluzionario.

Nel contempo, la semplice espulsione dei rappresentanti della borghesia dal Ccma difficilmente esaurisce la questione. Infatti nella sua roccaforte di Lérida il Poum aveva estromesso i rappresentanti dell’Esquerra dal comitato operaio locale. Ma il Poum si inchinò al Fronte popolare e si oppose alla formazione di juntas democraticamente elette degli operai, dei contadini e dei miliziani, rifiutando l’elezione di tali comitati persino nelle fabbriche e nelle unità della milizia che erano sotto il suo controllo.

Nin sostenne che in Spagna non c’era bisogno di soviet, affermando in maniera ridicola che tali organi larghi e autorevoli della lotta di classe erano sorti in Russia perché quel proletariato mancava di una tradizione di lotta: “In Russia non esisteva una tradizione democratica. Non esisteva una tradizione di organizzazione delle lotte tra il proletariato. (…) Il nostro proletariato ha i suoi sindacati, i suoi partiti, le sue organizzazioni. Per questa ragione i soviet non sono sorti tra di noi.”64 Questa era un’espressione della mancanza di appetito di Nin per una lotta politica contro la Cnt e altre tendenze. Ciò nondimeno, la capacità del Poum di parlare la lingua della rivoluzione gli conferì una reale autorità, un’autorità che sarebbe poi stata esercitata per disarmare il proletariato e sciogliere il Ccma e i comitati operai locali.

La controrivoluzione si riarma

Nel settembre 1936 Nin denunciò il governo di Fronte popolare di Madrid e lanciò l’appello: “Abbasso i ministri borghesi!” Contemporaneamente egli dichiarò che la Catalogna era già sotto una dittatura del proletariato! In quel medesimo mese, lo stesso Nin diventò un ministro dello Stato borghese, dal momento che il Poum si era unito alla Cnt-Fai entrando nella Generalitat catalana. Nin fu nominato Ministro della Giustizia, la stessa carica inizialmente occupata da Kerenskij nel Governo Provvisorio borghese in Russia! In tale veste, Nin presiedette all’attacco frontale del governo repubblicano contro gli organismi incipienti del potere proletario instaurati dagli operai rivoluzionari della Catalogna. L’atto principale di quell’attacco controrivoluzionario fu la “militarizzazione” delle milizie: agli inizi di ottobre un decreto della Generalitat ordinò lo scioglimento del Ccma e la subordinazione delle milizie operaie allo Stato borghese. Anche i comitati locali furono sciolti e rimpiazzati da amministrazioni municipali borghesi. Un articolo a firma “Indigeta” apparso sull’organo del Poum dichiarò senza mezzi termini:

“Il Comitato centrale delle milizie antifasciste [Ccma] è stato sciolto come logica conseguenza della formazione del nuovo governo del Consiglio della Generalitat. Il ‘dualismo di poteri’, classica espressione rivoluzionaria, è stato assolutamente dannoso per il corso della nostra rivoluzione. (…) Due mesi di guerra civile e di rivoluzione ci hanno mostrato i mali di un simile dualismo”.65

A questo fece seguito l’ordine di disarmare tutti gli operai dei centri urbani. In nome della “collettivizzazione dell’industria”, un altro decreto cercò di sradicare i collettivi di fabbrica mettendoli sempre di più sotto il controllo di un agente nominato dal governo.

Nin accompagnò personalmente a Lérida il dirigente dell’Esquerra nazionalista-borghese Luis Companys per sovrintendere allo scioglimento del locale comitato dominato dal Poum. Enric Adroher, un dirigente del Poum, avrebbe in seguito riconosciuto che la Generalitat aveva “una sola missione storica (...) [quella] di liquidare i comitati”, e che il Poum era stato “incaricato di convincere le forze rivoluzionarie” ad accettarlo, soltanto per venire poi estromesso dal governo una volta che quell’“inestimabile servizio” fosse stato reso.66

In seguito alla sua cacciata dalla Generalitat nel dicembre 1936, il Poum fece allora appello a quel governo borghese affinché convocasse un congresso dei sindacati, dei contadini e dei combattenti. Come osservò Trotsky, si trattava semplicemente di un mezzo con cui il Poum cercò di trovare il modo per essere riammesso nel governo di Fronte popolare:

“I dirigenti del Poum cercano lamentosamente di persuadere il governo ad imboccare la strada della rivoluzione socialista. I dirigenti del Poum cercano rispettosamente di far infine capire ai dirigenti della Cnt l’insegnamento marxista in materia di Stato. I dirigenti del Poum considerano se stessi come dei consiglieri “rivoluzionari” per i capi del Fronte popolare. Questa posizione è priva di vitalità e indegna per dei rivoluzionari.

È necessario mobilitare apertamente e coraggiosamente le masse contro il governo del Fronte popolare. È necessario smascherare, affinché gli operai sindacalisti e anarchici li vedano, i tradimenti di quei signori che si definiscono anarchici ma che, di fatto, si sono rivelati essere dei semplici liberali. È necessario combattere inesorabilmente lo stalinismo in quanto peggiore agenzia della borghesia. È necessario sentirsi dirigenti delle masse rivoluzionarie, non consiglieri del governo borghese. (…) Su La Batalla del 4 aprile troviamo i ‘tredici punti per la vittoria’. Tutti questi punti hanno il carattere di un consiglio che il Comitato centrale del Poum sta dando alle autorità. Il Poum chiede la ‘convocazione di un congresso per delegati dei sindacati degli operai e dei contadini, nonché dei soldati’. Nella forma sembra che si tratti di un congresso dei delegati operai, contadini e dei soldati. Ma il guaio è che il Poum propone rispettosamente che sia lo stesso governo borghese-riformista a convocare un tale congresso, il quale dovrebbe quindi rimpiazzare ‘pacificamente’ il governo borghese. Una parola d’ordine rivoluzionaria viene così trasformata in una frase vuota!”67

Il ruolo della Cnt-Fai anarchica

La militarizzazione delle milizie segnò un punto di svolta. La borghesia repubblicana, imbaldanzita dal tradimento dei dirigenti operai traditori, incominciò a riaffermare il proprio dominio. Gli operai rivoluzionari vennero rigettati sulla difensiva. Franco avviò il suo assedio di Madrid, costringendo il governo centrale a trasferirsi a Valencia. La direzione della Cnt-Fai accettò la subordinazione delle milizie allo Stato in cambio dell’ottenimento di quattro ministeri a Valencia. Come osservò Trotsky, “Essendo contro il fine, la conquista del potere, gli anarchici non potevano, in ultima analisi, non essere contro i mezzi, la rivoluzione”:

“Più precisamente, gli operai anarchici cercavano istintivamente una via d’uscita nel bolscevismo – 19 luglio 1936, giornate di maggio del 1937 – mentre i capi, al contrario, respingevano con tutta la loro forza le masse nel campo del Fronte popolare, cioè del regime borghese.

Gli anarchici hanno dato prova di un’incomprensione fatale delle leggi della rivoluzione e dei suoi compiti, quando hanno cercato di limitarsi all’ambito dei propri sindacati, cioè di organizzazioni del tempo di pace, impregnati di spirito consuetudinario e all’oscuro di quello che accadeva al di fuori del sindacato, tra le masse, nei partiti politici e nell’apparato statale. Se gli anarchici fossero stati rivoluzionari, avrebbero anzitutto fatto appello alla creazione di soviet, che riunissero i rappresentanti delle città e delle campagne, compresi quei milioni di uomini tra i più sfruttati che non erano mai entrati nei sindacati. Nei soviet, gli operai rivoluzionari avrebbero naturalmente occupato una posizione predominante. Gli staliniani sarebbero stati una minoranza insignificante. Il proletariato si sarebbe convinto della propria invincibilità. L’apparato statale borghese si è trovato sospeso nell’aria. Non ci sarebbe stato bisogno di un colpo molto forte perché questo apparato cadesse in frantumi. (…) Gli anarco-sindacalisti, che tentavano di rifugiarsi nella ‘politica’ dei sindacati, si sono, invece, trovati ad essere la quinta ruota del carro della democrazia borghese, con grande sorpresa di tutti a cominciare da loro”.68

Nonostante questo incisivo ritratto del ruolo proditorio giocato dalla direzione della Cnt, Vernon Richards riesce a individuare tali tradimenti soltanto nella “corruzione del potere”.69 La capitolazione della Cnt a Companys e allo Stato borghese era un riflesso, e non un rifiuto, dell’idealismo radicale che sta alla base dell’anarchismo. Rifiutando il potere politico, l’anarchismo postula invece che la liberazione dall’oppressione sia un atto di rigenerazione morale di tutti gli uomini di “buona volontà”. Come spiegò Morrow:

“La collaborazione di classe è in realtà nascosta nel cuore della filosofia anarchica. È celata, durante i periodi di reazione, dall’odio anarchico per la oppressione capitalistica. Ma, in un periodo rivoluzionario di dualismo di potere, deve venire alla superficie, perché allora i capitalisti, sorridendo, offrono agli anarchici la collaborazione alla costruzione del mondo nuovo. E gli anarchici, opponendosi a ‘tutte le dittature’, compresa quella del proletariato, chiederanno al capitalista soltanto di spogliarsi della sua visione capitalistica, richiesta alla quale egli naturalmente aderirà, per meglio preparare la sconfitta definitiva del proletariato”.70

Quando aveva una base di massa e operava nelle condizioni della legalità borghese, la Cnt si comportò praticamente come qualsiasi altro sindacato. Come scrisse Trotsky nel 1938: “In quanto organizzazioni rappresentative degli strati superiori del proletariato, i sindacati (come è documentato da tutta l’esperienza storica, compresa quella recentissima dei sindacati anarco-sindacalisti spagnoli), hanno sviluppato forti tendenze alla conciliazione con il regime democratico borghese. In periodi di aspra lotta di classe, gli apparati dirigenti sindacali si sforzano di padroneggiare il movimento di massa per neutralizzarlo.”71 Se i sindacati non passano sotto la direzione di un partito rivoluzionario che si batta per il potere statale proletario, essi agiranno da ausiliari della democrazia borghese. I dirigenti della Cnt, malgrado la loro retorica più radicale, si rivelarono essere nient’altro che ciò che erano: dei burocrati sindacali riformisti.

Riflettendo il malcontento e la rabbia crescenti alla base della Cnt come reazione allo scioglimento delle milizie, un gruppo di anarchici, gli Amigos de Durruti, lanciarono infine l’appello alla creazione di juntas operaie. Costituito nel marzo 1937, il gruppo traeva il suo nome da quello del vecchio anarchico di sinistra Buenaventura Durruti, militante di spicco della Fai e capo di una milizia della Cnt sul fronte d’Aragona. Nel novembre 1936 Durruti aveva pubblicamente denunciato l’appoggio dato dalla direzione della Cnt alla militarizzazione delle milizie; egli venne poi ucciso durante quello stesso mese in circostanze sospette. Come sottolinea Guillamón nel suo The Friends of Durruti Group: 1937-1939, il gruppo era costituito dalla fusione di quei combattenti anarchici di sinistra che si erano opposti allo scioglimento delle milizie (come il vecchio collaboratore di Durruti, Pablo Ruíz) con degli intellettuali anarchici che si opponevano alla partecipazione al governo. Tra questi ultimi c’era Jaime Balius, un importante giornalista dell’organo della Cnt Solidaridad Obrera. Gli Amigos de Durruti avevano all’incirca quattromila o più militanti e delle radici significative in seno alla Cnt-Fai.72

Sebbene gli Amigos de Durruti non abbiano mai effettuato il salto dall’anarchismo al marxismo, il loro desiderio di vedere la rivoluzione operaia arrivare fino alla vittoria li spinse fino ai limiti dell’ideologia anarchica. In un opuscolo del 1938, Hacia una nueva revolución, Balius dichiarò:

“Stiamo introducendo una piccola variante nel nostro programma. (…) L’instaurazione di una Junta rivoluzionaria.

Così come la vediamo noi, la rivoluzione ha bisogno di organismi che la supervisionino e che reprimano, in maniera organizzata, i settori ostili. Come hanno dimostrato gli avvenimenti correnti, tali settori non accettano di cadere nell’oblio a meno che non vengano annientati”.73

Questa “piccola variante”, riconoscendo la necessità di un organo di repressione contro i “settori ostili”, equivaleva ad un riconoscimento implicito del bisogno di uno Stato operaio, cioè della dittatura del proletariato. Come scrisse Lenin: “gli operai debbono ‘deporre le armi’ o rivolgerle contro i capitalisti per spezzare la loro resistenza? E se una classe fa sistematicamente uso delle armi contro un’altra classe, che cosa è questo se non una ‘forma transitoria’ di Stato?”74

Fin dall’inizio degli avvenimenti spagnoli Trotsky aveva sottolineato la necessità di stabilire un contatto con la Cnt, che “riunisce attorno a sé, senza alcun dubbio, gli elementi più combattivi del proletariato”:

“Qui la selezione si è prodotta durante molti anni. Consolidare questa confederazione e trasformarla in una vera organizzazione di massa è un dovere per ogni operaio avanzato e innanzi tutto per i comunisti. (…) Ma al tempo stesso non possiamo farci delle illusioni circa il destino dell’anarco-sindacalismo come dottrina e come metodo rivoluzionario. Con la mancanza di un programma rivoluzionario e con l’incomprensione della funzione del partito, l’anarco-sindacalismo disarma il proletariato. Gli anarchici ‘negano’ la politica sino al momento in cui la politica li prende per il bavero; allora fanno posto alla politica della classe avversa”.75

Inizialmente sia l’Ice che il Boc di Maurín avevano una certa forza all’interno della Cnt. Nel 1932-33 la Fai anarchica consolidò il suo controllo sulla Cnt, estromettendo la maggior parte dei seguaci di Maurín (come pure i sindacalisti riformisti attorno a Pestaña). L’anarchico Murray Bookchin, che inveisce contro l’autoritarismo e la brutalità presunti dei bolscevichi di Lenin, tesse cinicamente le lodi della stretta burocratica della Fai sulla Cnt: “Non può esservi alcuna illusione sul fatto che questo successo sia stato raggiunto con un riguardo eccessivamente sensibile per le minuzie democratiche.”76

La Cnt-Fai, osservò Trotsky, era stata attratta nell’orbita dei nazionalisti catalani; il gruppo di Maurín, a sua volta, era al rimorchio degli anarcosindacalisti. E Nin era al seguito della Cnt-Fai e di Maurín. Questo corso politicamente conciliatore giunse a completamento sotto l’impatto della guerra civile e del Fronte popolare. Andrade, la voce “di sinistra” di Nin, riconobbe apertamente la fallimentare fiducia del Poum nei dirigenti anarcosindacalisti: “Il futuro della rivoluzione spagnola dipenderà dall’atteggiamento della Cnt e della Fai e dalla capacità di cui i loro dirigenti [!] daranno prova nell’orientare le masse che influenzano.”77 Come scrisse Morrow:

“La direzione del Poum si affiancò alla Cnt. Invece di contestare audacemente agli anarco-riformisti la direzione delle masse, Nin cercò forze illusorie identificandosi con loro. Il Poum mandò i suoi militanti nel più piccolo ed eterogeneo gruppo catalano della Ugt, invece di contestare la direzione di milioni di iscritti alla Cnt. Si organizzarono colonne di milizie del Poum, limitando il loro potere di azione, invece di far confluire queste forze nelle colonne numerose della Cnt, dove gruppi rilevanti del proletariato erano di già riuniti. La Batalla ha ricordato la tendenza della Cnt a considerare le proprietà collettivizzate come proprie, ma non ha mai attaccato le teorie anarco-sindacaliste che hanno creato questa tendenza. Nell’anno seguente il Poum non mosse mai attacchi sul piano ideologico alla direzione degli anarco-riformisti, neppure quando gli anarchici accettarono l’espulsione del Poum dalla Generalidad. Ben lungi dal portare ad azioni congiunte con la Cnt, questo falso corso permise alla direzione della Cnt-Fai, con perfetta impunità, di voltare le spalle al Poum”.78

Il gruppo degli Amigos de Durruti: anarchici di sinistra senza una bussola

All’inizio il Poum elogiò (in apparenza acriticamente) gli Amigos de Durruti. Dopo gli eventi, Andrade sminuì il significato di questa corrente di sinistra in seno all’anarcosindacalismo, scrivendo nel 1986: “(…) in seguito è stato fatto un tentativo di dipingere gli ‘Amigos de Durruti’ come un’organizzazione estremamente rappresentativa, che esprimeva la coscienza rivoluzionaria della Cnt-Fai. In realtà essi non contavano nulla sul piano organizzativo e, in termini ideologici, erano un monumento alla confusione.”79 Durgan gli fa eco: “Negli scritti trotskisti sulla rivoluzione spagnola c’è anche stata la tendenza a sopravvalutare l’importanza dei potenziali alleati del Poum nel 1937, il gruppo anarchico di sinistra degli Amigos de Durruti.”80

Si tratta di alibi per il rifiuto del Poum di combattere politicamente gli anarcosindacalisti. Il gruppo degli Amigos de Durruti era profondamente confuso. Ma dal punto di vista politico era in movimento. Se fosse esistito un partito leninista che intersecasse tale movimento, i migliori tra quegli anarchici di sinistra avrebbero potuto essere liberati dal bagaglio teorico che si portavano dietro e conquistati al bolscevismo. Attraverso l’esperienza del Fronte popolare e del tradimento dei capi della Cnt-Fai, i militanti degli Amigos de Durruti avevano incominciato a rifiutare empiricamente taluni aspetti chiave della dottrina anarchica, compreso l’“antiautoritarismo” con cui i capi della Cnt giustificavano la loro capitolazione a Companys. Prima del suo scioglimento, il settore di Gelsa della Columna Durruti sul fronte d’Aragona chiamò la direzione della Cnt-Fai a riorganizzare le milizie sotto un comando centrale responsabile di fronte a dei delegati democraticamente eletti, e compì alcuni passi per mettere in pratica tale proposta. In maniera analoga, nel gennaio 1937 Balius scrisse:

“Tutti incominciano a rendersi conto del fatto che il proletariato, per trionfare rapidamente in questa lotta contro il fascismo, ha bisogno di un esercito. Ma un esercito suo, nato dal suo seno, da esso dominato; o, quanto meno, da esso controllato. (…) Un esercito con un comando e una disciplina; un comando operaio (…)”.81

In uno dei suoi ultimi articoli nell’organo della Cnt Solidaridad Obrera, Balius scrisse: “Durruti affermò recisamente che noi anarchici esigiamo che la rivoluzione sia di natura totalitaria.”82 In seguito Balius negò che il gruppo avesse mai concepito la junta in quanto organo di un nuovo potere di classe.83 Ma in un manifesto murale dell’aprile 1937 il gruppo rivendicò una junta operaia che rimpiazzasse il governo capitalista della Generalitat: “Instaurazione immediata di una junta rivoluzionaria formata da lavoratori urbani e rurali, e da combattenti. (…) Invece della Generalidad, una junta rivoluzionaria!”84

Tuttavia gli Amigos de Durruti rimasero sempre fedeli alla Cnt-Fai e continuarono a manifestare l’ostilità anarchica per i partiti politici. Concepivano dunque le juntas rivoluzionarie come formate da delegati eletti unicamente a partire dai sindacati. Questo negava una rappresentanza alle masse dei lavoratori non organizzati, che appartenevano generalmente agli strati più oppressi e esplosivi del proletariato. Inoltre i sindacati, in quanto organizzazioni di lotta difensiva ordinaria in tempo di pace, tendevano ad agire come un freno conservatore sulla lotta rivoluzionaria. Come scrisse Trotsky: “Gli epigoni del sindacalismo vorrebbero far credere che i sindacati siano di per se stessi sufficienti. Dal punto di vista teorico ciò non significa nulla, ma nella pratica equivale al dissolvimento dell’avanguardia rivoluzionaria in seno alle masse arretrate, cioè ai sindacati.”85

Il pregiudizio anti-politico degli Amigos de Durruti si esprimeva anche in un’erronea distinzione tra il controllo dello sforzo militare da parte della junta e il controllo sindacale dell’economia. La loro piattaforma del 1938 specificava: “La junta si terrà alla larga dai problemi economici, che sono appannaggio esclusivo dei sindacati.”86 Ma non c’è alcun modo per separare le questioni politiche, militari ed economiche. La capacità di lotta dell’esercito proletario dipendeva dalla produzione di armi, di cibo e di altri materiali; una junta rivoluzionaria non poteva proseguire la guerra senza tener conto di tali considerazioni, né i sindacati potevano gestire gli affari economici senza considerare ciò che era necessario sul piano militare.

La cosa si pose concretamente attorno alla questione di fornire agli operai delle armi adeguate. I capi della Cnt giustificarono il loro sostegno allo Stato borghese sostenendo che per condurre la guerra contro le armate franchiste c’era bisogno di un apparato militare centralizzato dotato di un armamento moderno. Hacia una nueva revolución osservò che: “Il Nord della Spagna avrebbe potuto essere salvato se fossero stati ottenuti i materiali bellici necessari per resistere al nemico. I mezzi c’erano. La banca di Spagna aveva abbastanza oro per inondare di armi il territorio spagnolo. Perché non è stato fatto?”87 La Cnt non poteva e non voleva impadronirsi delle banche perché era essa stessa parte dello Stato borghese. L’esproprio e la collettivizzazione della finanza e dell’industria era compito di uno Stato operaio basato sul potere centralizzato di una junta. Ma gli Amigos de Durruti non accettavano il fatto che questo fosse il compito di uno Stato sovietico centralizzato, e la loro domanda venne lasciata senza risposta.

Forse ancor più eloquente circa l’incapacità degli Amigos de Durruti di rompere completamente con la Cnt-Fai era la loro linea rispetto alla questione nazionale-coloniale. L’ostilità degli anarchici verso tutti gli stati li portava, logicamente, ad opporsi alla lotta per l’indipendenza del Marocco spagnolo. Nel loro opuscolo del 1938, gli Amigos de Durruti descrissero la Spagna come una colonia, senza mai rivendicare per una sola volta l’indipendenza del Marocco. La critica di Vernon Richards ai dirigenti della Cnt-Fai si applica con uguale forza agli Amigos de Durruti:

“Dalla loro condotta è chiaro che esse [la Cnt e la Fai] non avevano alcun programma rivoluzionario che avesse potuto trasformare il Marocco da nemico in alleato del movimento popolare e mai i capi si curarono di ascoltare quegli anarchici militanti che, come Camillo Berneri, sostenevano l’urgenza di inviare agitatori nel Nord Africa e di condurre una campagna di propaganda su vasta scala tra gli arabi a favore dell’autonomia”.88

La questione del Marocco giocò un ruolo preminente nella nascita della Cnt, avvenuta in seguito ad uno sciopero generale del 1909 contro il richiamo dei soldati della riserva che dovevano essere inviati in Marocco. Poco dopo la sua fondazione, nel 1911, la Cnt proclamò un altro sciopero generale, in parte contro la guerra in Marocco. Ma alla fine del 1936 i dirigenti della Cnt-Fai prestavano servizio come ministri dello Stato borghese spagnolo che imponeva l’oppressione coloniale del popolo marocchino.

I trotskisti proclamarono: “Il Marocco ai marocchini; nel momento in cui tale parola d’ordine verrà proclamata pubblicamente, essa fomenterà l’insurrezione tra le masse oppresse del Marocco e provocherà la disintegrazione dell’esercito mercenario fascista.”89 Le truppe d’assalto di Franco erano formate principalmente da marocchini e dalla Legione Straniera spagnola, nonché da alcuni reparti forniti da Mussolini e da Hitler. Dal suo esilio nell’isola di Réunion, Abd el-Krim, il capo della guerra del Rif del 1921-26 contro i colonialisti francesi e spagnoli in Marocco, chiese al primo ministro del Psoe Largo Caballero di utilizzare la sua influenza sul governo francese di Fronte popolare guidato da Léon Blum allo scopo di assicurare la sua liberazione, in modo tale che lo stesso Abd el-Krim potesse ritornare in Marocco per capeggiare un’insurrezione contro Franco. Ma gli imperialisti britannici e francesi ai quali guardava la Repubblica spagnola non approvarono tale mossa. Come osservò Morrow: “Caballero non intendeva fare alcuna richiesta, e Blum non avrebbe concesso nulla. Sollevare il Marocco spagnolo avrebbe messo in pericolo la dominazione imperialistica in tutta l’Africa.”90

La lotta per riforgiare un nucleo trotskista

Con la liquidazione di Nin in seno al Poum nel 1935, un tradimento e un crimine di proporzioni storiche, la bandiera della Quarta internazionale scomparve dalla Spagna per oltre un anno. Scrivendo subito dopo che il Poum ebbe firmato l’accordo di Fronte popolare, Trotsky affermò che era necessario “smascherare senza pietà il tradimento di Maurín, Nin, Andrade e consoci, e gettare le basi della sezione spagnola della Quarta internazionale”.91 Pochi mesi dopo egli scrisse: “Un’azione marxista in Spagna può iniziare unicamente attraverso una condanna inconciliabile di tutta la politica di Andrés Nin e Andrade, che era e rimane non soltanto sbagliata ma anche criminale.”92 Affermando che “gli elementi veramente rivoluzionari avranno ancora un certo lasso di tempo, certamente non troppo lungo, durante il quale prendere coscienza di sé, raccogliere le proprie forze e prepararsi per il futuro”, Trotsky sostenne che i compiti dei “sostenitori spagnoli della Quarta internazionale (…) sono chiari come la luce del sole”:

“1. Condannare e denunciare spietatamente di fronte alle masse la politica di tutte le tendenze che fanno parte del Fronte popolare.

2. Capire appieno la sciaguratezza della direzione del “Partito operaio di unificazione marxista” [Poum] e soprattutto degli ex “comunisti di sinistra” (Andrés Nin, Andrade, ecc.) e descriverli chiaramente di fronte agli occhi degli operai avanzati.

3. Raccogliersi intorno alla bandiera della Quarta internazionale sulla base della “Lettera aperta”.93

4. Aderire al Partito socialista e alla Gioventù unificata94 allo scopo di lavorare al loro interno in quanto frazione nello spirito del bolscevismo.

5. Creare delle frazioni e altri nuclei nei sindacati e in altre organizzazioni di massa.

6. Dirigere la propria attenzione principale verso i movimenti di massa spontanei e semi-spontanei, e studiare i loro tratti generali, cioè studiare la temperatura delle masse e non quella delle cricche parlamentari.

7. Essere presenti in ogni lotta in modo tale da conferirle un’espressione chiara.

8. Insistere sempre sul fatto che le masse in lotta debbono formare e allargare costantemente i loro comitati d’azione (juntas, soviet) eletti ad hoc.

9. Contrapporre a tutti i programmi ibridi (alla Caballero, o alla Maurín) il programma della conquista del potere, della dittatura del proletariato e della rivoluzione sociale.

Questa è la vera strada della rivoluzione proletaria. Non ce n’è un’altra”.95

Questa lettera venne indirizzata ad un sostenitore in Spagna, ma non è chiaro se giunse mai a destinazione o se venne fatta circolare in Spagna. Venne però pubblicata sulla stampa trotskista a livello internazionale.

Era necessario costruire di nuovo un nucleo trotskista spagnolo che sventolasse apertamente la bandiera della Quarta internazionale e che si rivolgesse alle masse in maniera indipendente. Questo esigeva anche una lotta contro gli elementi conciliatori in seno alla Lci. Molti dei più vecchi quadri europei d’opposizione (compresi Vereeken e Sneevliet) erano sotto l’influsso del Bureau di Londra centrista, e finirono per schierarsi con Nin contro Trotsky. Alla fine di luglio del 1936 la Lci tenne una conferenza a Parigi, dalla quale emerse il Movimento per la Quarta internazionale. Sneevliet abbandonò tale conferenza dopo poche ore, dopo aver dichiarato che intendeva partecipare ad una conferenza del Bureau di Londra nell’autunno successivo. Il Segretariato internazionale, avente sede a Parigi, era formato nel complesso da elementi relativamente giovani e privi di esperienza. Anch’essi erano soggetti alle pressioni del frontepopulismo, particolarmente pronunciate in Francia, che era allora sotto il governo di Fronte popolare di Léon Blum. Jean Rous, uno dei dirigenti della sezione francese, funse da rappresentante del Si in Spagna nel 1936.

Mentre scoppiava la guerra civile spagnola, quindi, il centro internazionale del movimento trotskista era di recente costituzione e non aveva ancora assunto connotati precisi. E soprattutto venne privato dell’intervento di Trotsky durante cinque mesi cruciali. Sul finire d’agosto del 1936, mentre Mosca annunciava il primo di una serie di processi-farsa che portarono a sanguinose epurazioni di massa, Trotsky venne internato dal governo norvegese per ordine della burocrazia stalinista. Dopo aver appena terminato di scrivere La rivoluzione tradita,96 la sua analisi definitiva della degenerazione staliniana dell’Unione Sovietica, Trotsky si trovò immediatamente di fronte il compito di smascherare le calunnie rivolte dal regime di Stalin a lui e agli altri vecchi bolscevichi. In dicembre Trotsky venne deportato in Messico, dove arrivò il mese seguente. La sua assenza in quanto fattore attivo di intervento in Spagna durante quel periodo costituì una perdita incalcolabile.

Un ricco materiale documentario dei o sui trotskisti spagnoli e dei o sui dibattiti della Quarta internazionale sulla Spagna è ora disponibile, tra l’altro, ad Harvard e presso la Hoover Foundation dell’Università di Stanford. Ma il lavoro di passare in rassegna tutto questo materiale e di mettere insieme un quadro completo dell’intervento trotskista resta da fare. Noi abbiamo esaminato alcuni verbali e carteggi del Si e dei rapporti sulla Spagna, nonché le memorie di alcuni protagonisti e altri materiali pubblicati in lingua inglese nella rivista Revolutionary History e in altre fonti. Abbiamo anche letto con attenzione la raccolta di materiali trotskisti edita sotto la direzione di Agustín Guillamón.97 Tuttavia anche la migliore documentazione memorialistica, come il volume di Munis Jalones de derrota, promesa de victoria,98 parla poco delle diatribe interne e delle discussioni che ebbero luogo nel periodo tra la liquidazione della Ice nel 1935 e l’insurrezione di Barcellona del 1937. La nostra conoscenza dell’attività dei trotskisti spagnoli è dunque frammentaria, e possiamo soltanto avanzare alcune osservazioni generali. Per una valutazione complessiva del lavoro della Quarta internazionale in Spagna nel 1936-37 è necessario svolgere un lavoro molto maggiore.

Il conciliatorismo del Poum

Nell’estate del 1936, dopo parecchi sforzi largamente infruttuosi volti a ristabilire dei contatti in Spagna, il Si fu contattato dal piccolo Grupo Bolchevique-Leninista (Gbl, Gruppo bolscevico-leninista) guidato da Nicola Di Bartolomeo (Fosco). Il Gbl era principalmente formato da stranieri, molti dei quali italiani come Fosco, che erano stati membri dell’Opposizione di sinistra nei loro paesi e che si erano recati in Spagna per combattere nella guerra civile. La maggior parte di loro si recò immediatamente al fronte per unirsi alle milizie del Poum. Nell’insieme, i trotskisti spagnoli ignorarono quello che doveva essere il loro compito centrale: pubblicare un giornale con gli articoli teorici e polemici necessari ad armare programmaticamente il proprio intervento. Come sottolineò Lenin nel suo lavoro fondamentale Che fare?,99 una stampa di partito regolare costituisce l’impalcatura cruciale per la costruzione di un partito rivoluzionario. Fu soltanto nell’aprile 1937 che il successore del Gbl, la Sble, incominciò a pubblicare il giornale La Voz Leninista (La voce leninista). Ne furono pubblicati soltanto tre numeri prima che la Sble venisse soppressa, nel 1938. La mancanza di una stampa regolare rese fondamentalmente inefficiente l’intervento dei trotskisti.

Invece di presentarsi di fronte alle masse con il suo volto indipendente, il Gbl venne attratto nella scia del Poum. Fosco, che era stato incaricato da Nin di occuparsi dell’organizzazione dei volontari stranieri per la milizia del Poum, giurò fedeltà al Poum in quanto “unico partito rivoluzionario”.100 Qualche anno dopo, Fosco scrisse un rapporto in cui si lamentava amaramente che nell’agosto del 1936 era giunta in Spagna una delegazione del Si guidata da Jean Rous, con una dichiarazione di Trotsky “sul Poum e contro ‘i traditori Nin e Andrade’, da distribuire ai bolscevico-leninisti e nel Poum”. “Questo fatto”, scrisse in seguito, “basterebbe da solo a condannare tutta la politica del Segretariato internazionale.”101

Rous descrisse Fosco come “un agente del Poum nelle nostre file, che ha facilitato la repressione poumista nei nostri confronti”.102 Fosco venne successivamente espulso dal Gbl e incominciò a pubblicare alcuni numeri di una pubblicazione in lingua francese, Le Soviet, in combutta con Raymond Molinier, un manovriero indisciplinato che era stato espulso dalla sezione francese sul finire del 1935. Ma Fosco non fu il solo a denunciare Trotsky per i suoi severi attacchi contro i dirigenti del Poum. Anche Sneevliet, Serge e Vereeken fecero lo stesso. Nel 1936-37 gli elementi più giovani del Si erano impegnati in lotte accese ma spesso inconcludenti contro le posizioni smaccatamente favorevoli al Poum di Sneevliet, Vereeken e Serge. Tra gli elementi più solidi del Si figuravano Erwin Wolf (detto Braun), un oppositore cèco che aveva lavorato come segretario di Trotsky in Norvegia, e Rudolf Klement (Adolphe), che era stato segretario di Trotsky prima di lui, in Turchia e in Francia.

In una lettera del 20 dicembre 1936 Rous riferì: “Quando Sneevliet giunse a Barcellona, in veste di membro del Bureau per la Quarta internazionale, egli condannò categoricamente e pubblicamente la linea politica del Si allo scopo di esaltare la linea politica del Poum.”103 Vereeken difese analogamente il Poum. Egli riconobbe che il Poum aveva commesso alcuni “errori”, anche se non era disposto a chiamarli col loro vero nome: tradimenti. Riservò invece i suoi strali alle “criminali” denunce di tali “tradimenti” da parte di Trotsky. Allorché il giornale di Vereeken pubblicò un articolo del Poum preceduto da un’introduzione che tesseva le lodi di Nin e compagnia, Trotsky scrisse quanto segue in una lettera alla redazione:

“Per sei anni Nin non ha commesso nient’altro che errori. Ha civettato con le idee ed eluso le difficoltà. Alla battaglia ha sostituito dei meschini intrallazzi. Ha impedito la creazione di un partito rivoluzionario in Spagna. Tutti i dirigenti che l’hanno seguito condividono la stessa responsabilità. Per sei anni hanno fatto tutto il possibile per sottoporre il forte e combattivo proletariato spagnolo alle più terribili sconfitte (…). Quale miseria! E voi riproducete questo [articolo] con la vostra approvazione invece di fustigare i traditori menscevichi che si nascondono dietro a delle formule quasi-bolsceviche.

Non ditemi che gli operai del Poum combattono eroicamente, ecc. Lo so altrettanto bene di altri. Ma sono proprio la loro battaglia e il loro sacrificio che ci costringono a dire la verità e nient’altro che la verità. Abbasso la diplomazia, le passioni passeggere e l’equivoco. Si deve saper dire la più amara verità quando da essa dipende il destino di una guerra e di una rivoluzione. Noi non abbiamo nulla in comune con la politica di Nin, né con chiunque la protegga, la camuffi o la difenda”.104

In risposta a Trotsky, Vereeken montò su tutte le furie: “Consideriamo quest’articolo, come pure in generale l’atteggiamento del nostro Bureau e della sezione francese nei confronti del Poum, settario, dannoso e, se fossimo tentati dall’usare parole forti, diremmo anche criminale.” Vereeken fece eco alle limitate giustificazioni con cui Nin respingeva gli insegnamenti della Rivoluzione bolscevica: “Un partito non è una merce che possa essere importata ed esportata a volontà. La rivoluzione spagnola sarà ‘spagnola’ esattamente come la rivoluzione russa è stata ‘russa’.” E infine, concluse Vereeken: “Ciò che vogliamo mettere in evidenza con tutta la nostra forza è che il Poum è l’organizzazione rivoluzionaria in Spagna”, lamentando che “tutta l’attività del Bureau è indirizzata verso la costruzione di un partito rivoluzionario al di fuori del Poum”.105

Purtroppo non era così. Ostacolati dalla non disponibilità di Trotsky e dal fatto che le divergenze a proposito del Poum non erano state pienamente risolte, alcuni elementi del Si cedettero inizialmente alle pressioni di apologeti del Poum come Sneevliet e Vereeken e chiaramente non “capirono appieno la sciaguratezza” di Nin e compagnia. Ciò fu aggravato dalla debolezza delle forze del trotskismo spagnolo sul campo. Esse erano state rafforzate dal ritorno, nell’ottobre 1936, di Grandizo Munis, un esponente di quel pugno di quadri dell’Ice che avevano appoggiato Trotsky contro Nin sulla questione dell’entrismo nel Psoe-Js. Anche allora i trotskisti in Spagna erano perlopiù stranieri e politicamente inconsistenti, e si trovavano a fronteggiare delle organizzazioni di massa della classe operaia in una situazione rivoluzionaria.

Ma questo non costituisce un argomento contro la lotta per la costruzione della direzione d’avanguardia proletaria che era tanto disperatamente necessaria. Il primo dovere dei trotskisti spagnoli era quello di battersi per scindere e raggruppare gli elementi rivoluzionari del Poum, degli anarchici e di altri partiti operai con l’obiettivo di forgiare lo strumento cruciale per la vittoria: un partito d’avanguardia leninista. I trotskisti spagnoli e il Si si preoccuparono invece principalmente di entrare nel Poum in quanto unica maniera in cui un Partito bolscevico potesse essere forgiato.

In una lettera del 24 agosto 1936, Hans David Freund (Moulin), un emigrato tedesco che diventò uno dei dirigenti dei bolscevico-leninisti spagnoli, descrisse il Poum come “un partito centrista”, ma concluse: “Dobbiamo lavorare verso la bolscevizzazione del Poum, sebbene non possiamo predire se esso realizzerà tale cambiamento modificando la sua attuale direzione con un’altra oppure attraverso l’evoluzione dei suoi dirigenti in direzione del bolscevismo-leninismo.”106 Con l’appoggio e l’esortazione del Si, i bolscevico-leninisti cercarono di predisporre un ingresso nel Poum con diritti di frazione.

La risposta di Nin alla loro prima richiesta consistette nel sostenere che i trotskisti potevano aderire soltanto individualmente, e nel chiedere: “Dovete dichiarare pubblicamente che vi dissociate e siete in disaccordo con la campagna di calunnia e di diffamazione portata avanti contro il nostro partito dalle pubblicazioni della pretesa Quarta internazionale.”107 Dopo di questo, la Sble tentò ancora un altro approccio in direzione dell’entrismo mediante una lettera fortemente polemica indirizzata alla direzione del Poum nell’aprile 1937.108 Nell’Information Bulletin del luglio 1937 venne anche pubblicato un articolo di Trotsky, scritto in seguito alle giornate di maggio a Barcellona, in cui egli metteva in guardia dal concentrarsi sul Poum:

“Il Poum rimane ancora un’organizzazione catalana. A suo tempo, i suoi dirigenti impedirono l’ingresso nel Partito socialista, mascherando il proprio opportunismo di fondo con una sterile intransigenza. C’è però da sperare che gli avvenimenti in Catalogna produrranno delle crepe e delle scissioni nelle file del Partito socialista e dell’Ugt. In tal caso sarebbe fatale limitarsi entro il quadro del Poum, il quale, per di più, subirà un grosso ridimensionamento nelle settimane a venire. È necessario volgersi alle masse anarchiche in Catalogna, e alle masse socialiste e comuniste altrove. Non si tratta di preservare le vecchie forme esteriori, ma di creare nuovi punti d’appoggio per il futuro”.109

Non c’è dubbio che i trotskisti avrebbero dovuto cercare una via d’accesso verso i membri del Poum, che era cresciuto da alcune migliaia a circa trentamila iscritti nei primi mesi della guerra civile, e la cui retorica di sinistra, come affermò Trotsky, “aveva creato l’illusione che in Spagna esistesse un partito rivoluzionario”.110 Inutile dire che era assai più difficile ottenere un tale accesso alle file del Poum rimanendo all’esterno. Ma quella situazione non era affatto simile a quella che i trotskisti si trovarono a fronteggiare all’epoca della “svolta francese”, quando entrarono all’interno di grandi partiti in fermento con l’obiettivo di intercettare un’opportunità di breve durata e furono in grado di pubblicare una stampa che aderiva apertamente alle loro posizioni e ai loro principi.

Il Poum era passato al nemico di classe nel momento in cui aveva sottoscritto il “Patto elettorale delle sinistre” del gennaio 1936. Come insistette Trotsky, la lotta per conquistare gli elementi rivoluzionari del Poum doveva incominciare con una “condanna inconciliabile” di quel tradimento. La richiesta che il Poum ripudiasse tale patto costituiva l’unica base di principio per prendere anche soltanto in considerazione la tattica dell’entrismo. La partecipazione di Nin, come Ministro della Giustizia, al governo di Fronte popolare catalano era semplicemente l’espressione concreta del suo tradimento originario. Sebbene Nin fosse stato estromesso dal governo nel dicembre 1936, tutto l’orientamento del Poum rimase focalizzato sull’ottenimento della riammissione nel governo. L’ingresso nel Poum, anche se con diritti di frazione, avrebbe sottoposto i trotskisti alla disciplina del Poum. Nella Spagna del 1936-37, questo sarebbe stato un tradimento. Nel Poum non c’era posto per i trotskisti. Come scrisse Trotsky in una lettera di polemica contro Sneevliet e Vereeken:

“Il fatto che Vereeken debba ridurre la questione al semplice diritto delle frazioni ad esistere dimostra soltanto che egli ha completamente spazzato via la linea di demarcazione tra il centrismo e il marxismo. Ecco che cosa direbbe un vero marxista: ‘Si dice che nel Poum non c’è democrazia. Non è vero. La democrazia c’è – per i destri, per i centristi, per i confusionisti, ma non per i bolscevico-leninisti.’ In altre parole, l’ampiezza della democrazia nel Poum è determinata dal contenuto reale della sua politica centrista, radicalmente ostile al marxismo rivoluzionario”.111

Il compito che le minuscole forze trotskiste si trovarono a fronteggiare era quello di costruire il nucleo di un partito d’avanguardia raggruppando gli elementi di sinistra del Poum e degli anarcosindacalisti, come pure dei partiti socialista o comunista. Soltanto costruendo un tale nucleo come fulcro si poteva applicare una leva per scindere la massa degli operai rivoluzionari dai loro dirigenti traditori. La tattica del fronte unico avrebbe costituito un’arma importante per sfruttare le contraddizioni tra la base operaia e le direzioni delle tendenze riformista, centrista e anarcosindacalista. La combinazione dell’unità d’azione contro i colpi della reazione e della libertà di critica per smascherare il tradimento delle altre organizzazioni operaie avrebbe contribuito a trasformare le premesse politiche del trotskismo in una realtà vivente.

La Sble si inclinò programmaticamente in direzione del Poum con il suo appello ad un “fronte rivoluzionario del proletariato” del Poum e della Cnt per guidare la lotta contro il Fronte popolare. Un volantino della Sble del febbraio 1937 proclamava:

È necessario, è urgentemente necessario formare un fronte rivoluzionario del proletariato che si levi contro l’union sacrée rappresentata dal Fronte popolare. (…) In quanto organizzazioni di estrema sinistra più forti, il fronte rivoluzionario deve essere avviato dalla Cnt e dal Poum. I suoi obiettivi debbono essere chiaramente stabiliti, così come la libertà di entrarvi per tutte le organizzazioni operaie che respingono la politica funesta del Fronte popolare.112

La parola d’ordine della Sble era un’eco diretta dell’appello del Poum per un “fronte operaio rivoluzionario”, con cui Nin intendeva la stipulazione di un patto politico con i dirigenti della Cnt allo scopo di rientrare nel governo catalano. Trotsky sostenne che un fronte unico rivoluzionario del proletariato era possibile unicamente mediante la creazione dei soviet e sotto la direzione di un partito rivoluzionario. A differenza del Poum, la Sble lanciò l’appello alla creazione dei soviet. Ciò nondimeno, la richiesta di un “fronte proletario rivoluzionario” separato dai soviet e sotto la direzione della Cnt e del Poum poteva soltanto alimentare delle illusioni nei dirigenti traditori anarchici e centristi.

Dopo essere giunto in Messico nel gennaio 1937, Trotsky riprese a scrivere sulla Spagna, e molti dei suoi testi furono delle polemiche contro gli apologeti del Poum. Nel Si, Klement e Wolf incominciarono a individuare alcuni problemi nei loro precedenti tentativi parziali di affrontare l’opportunismo pro-Poum delle direzioni olandese e belga. Una riunione del Si del maggio 1937 testimoniò una dura lotta contro Vereeken e approvò una risoluzione autocritica sull’iniziale acquiescenza rispetto alle richieste di Sneevliet di non pubblicare in un bollettino interno delle critiche a lui rivolte. La risoluzione ammetteva: “Il Si rimpiange di aver perso del tempo prezioso nel cercare, invano, di convincere la direzione del Rsap ad accettare una discussione internazionale su queste divergenze.” Relazionando in seguito dalla Spagna, Wolf scrisse criticamente a proposito dei “silenzi e vacillamenti troppo prolungati del Si. Il Poum ha abilmente utilizzato le divergenze tra le diverse sezioni della Quarta internazionale e indebolito la forza di argomentazione dei Bl spagnoli.” Wolf riconobbe anche che: “In passato ci siamo occupati quasi esclusivamente del Poum. Gli operai rivoluzionari anarchici sono stati fin troppo spesso dimenticati, ad eccezione degli Amigos de Durruti.”113 Infine, in una risoluzione del Bureau Internazionale compare un’affermazione categorica circa la necessità di costruire un partito indipendente:

“il compito di costruire una nuova direzione rivoluzionaria della Quarta internazionale non consisterà nel diventare i consiglieri della direzione del Poum, bensì piuttosto, e soprattutto, nel rivolgersi direttamente agli operai e nello spiegare loro la situazione così com’è, sulla base della linea e del programma del Movimento per la Quarta internazionale”.114

Wolf, che si era offerto volontario per recarsi in Spagna allorché il Si non riusciva a trovare nessun altro quadro disposto a farlo, fu arrestato poco tempo dopo da agenti della Gpu staliniana in Spagna e assassinato, come pure Freund (Moulin). L’anno seguente, anche Klement venne assassinato dagli stalinisti.

L’insurrezione di Barcellona

L’ultimo capitolo del tradimento del Poum fu portato a compimento nel maggio 1937 per le strade di Barcellona. Il 14 aprile la meschina commemorazione della fondazione della Repubblica inscenata dalla borghesia sparì di fronte ai grandi tumulti per il pane delle lavoratrici di quella città. Il 29 aprile, come riferisce Hugo Oehler in un resoconto oculare del 1937, la Generalitat ordinò che tutti i gruppi “non direttamente dipendenti dal Consiglio della Generalitat si ritirino immediatamente dalle strade in modo tale da permettere la rapida eliminazione dell’agitazione e dell’allarme che la Catalogna sta attualmente subendo”.115 La Cnt, l’Ugt, il Psuc e il Poum annullarono rispettosamente le loro manifestazioni per il Primo Maggio. Il 3 maggio, le Guardias de Asalto capeggiate dagli stalinisti attaccarono l’edificio della Telefónica occupato dai lavoratori della Cnt, e da un capo all’altro di Barcellona e nei suoi sobborghi spuntarono le barricate.

La Sble si batté per offrire una direzione rivoluzionaria ai membri della Cnt e del Poum che presidiavano le barricate. Nel loro volantino del 4 maggio 1937, i trotskisti esortarono gli operai a scatenare l’“offensiva rivoluzionaria” e a formare dei “comitati di difesa rivoluzionaria nelle officine, nelle fabbriche, nei quartieri”.116 Un volantino del Poum sosteneva invece che “una ritirata è necessaria” perché gli operai avevano già sconfitto la provocazione controrivoluzionaria. Chiamando al ritiro delle forze governative dalle strade e chiedendo che la classe operaia conservasse le proprie armi, il Poum dichiarò: “Il realizzarsi di queste condizioni perfettamente accettabili può mettere fine alla lotta.”117 Tuttavia la borghesia e i suoi tirapiedi stalinisti rifiutarono queste “condizioni perfettamente accettabili”, ma ciò nonostante i dirigenti del Poum compirono ogni sforzo per “mettere fine alla lotta”.

Malgrado la confusione e la demoralizzazione, gli operai ritornarono ripetutamente sulle barricate. Oehler riferisce che, incollerito dalla brutalità poliziesca, mercoledì 5 maggio “il proletariato attaccò il nemico di classe con rinnovata energia, con furore”.118 Una parte della Columna Durruti e circa 500 soldati del Poum abbandonarono il fronte d’Aragona, armati di mitragliatrici, carri armati e artiglieria leggera, per unirsi ai loro compagni sulle barricate, ma vennero fatti tornare indietro con la menzogna che i combattimenti erano terminati. In quello stesso giorno, anche gli Amigos de Durruti distribuirono sulle barricate un volantino che proclamava:

“Lavoratori! Una junta rivoluzionaria. Fucilazione dei colpevoli. Disarmo di tutti i corpi armati. Socializzazione dell’economia. Scioglimento dei partiti politici che hanno aggredito la classe lavoratrice. Non abbandoniamo la strada. La rivoluzione prima di tutto. Salutiamo i nostri compagni del Poum che hanno fraternizzato con noi per le strade. Viva la Rivoluzione sociale! Abbasso la controrivoluzione!”119

Ma il gruppo degli Amigos de Durruti continuò a guardare alla direzione della Cnt e si ritrovò esso stesso disorientato allorché la Cnt e il Poum rifiutarono di battersi per il potere. Il 5 maggio dei rappresentanti della Sble si incontrarono con gli Amigos de Durruti per discutere la possibilità di un’azione coordinata, ma inutilmente. Oehler riferisce che, il 6 maggio:

“Stamattina Solidaridad Obrera (Cnt) ha annunciato: ‘La Cnt e l’Ugt hanno entrambe ordinato il ritorno al lavoro.’ Lo stesso numero rifiutava qualsiasi responsabilità per il volantino degli Amigos de Durruti. La Batalla (Poum) è uscita riecheggiando il gracchiare anarcosindacalista: ‘Ora che le provocazioni controrivoluzionarie sono state annientate, è necessario ritirarsi dalla lotta. Operai, ritornate al lavoro.’ (…) Allorché gli operai del Poum sulle barricate di fronte all’Hotel Falcón [il quartier generale del Poum] videro questo foglio, si infuriarono e rifiutarono di abbandonare le loro postazioni. Essi denunciarono i propri dirigenti come traditori. Il numero di giovedì della Soli, come veniva chiamato il giornale della Cnt, venne bruciato, come i precedenti, su molte barricate”.120

In quello stesso giorno, i dirigenti del Poum consegnarono mansuetamente gli uffici de La Batalla alla polizia, e per le strade venne ritrovato il cadavere assassinato di Camillo Berneri, un onesto anarchico di sinistra e una delle prime vittime del rinnovato terrore bianco. Poche settimane dopo anche Andrés Nin fu arrestato e assassinato. Egli aveva mantenuto fino alla fine le sue illusioni nel Fronte popolare, rifiutando di tener conto di un avvertimento trasmessogli da un miliziano simpatizzante secondo cui stava per essere arrestato. Come commentò in seguito Juan Andrade: “Nessuno di noi credeva che la situazione fosse tanto seria da rischiare di essere arrestati.”121

Oehler conclude il suo resoconto con una denuncia del “liquidatorismo” di Trotsky, accusando erroneamente il dirigente bolscevico per i tentativi della Sble di entrare nel Poum. Ma Oehler non dice nulla a proposito della propria e assolutamente reale responsabilità politica nel favorire il Poum. Nel 1934-35 il blocco putrido di Oehler con Nin in opposizione alla “svolta francese” fornì a Nin una copertura politica di sinistra mentre egli liquidava le forze del trotskismo spagnolo nel Poum. E all’epoca delle giornate di maggio a Barcellona, Oehler era allineato con un raggruppamento d’opposizione all’interno del Poum, la Célula 72 di Barcellona capeggiata da José Rebull. Un “Resoconto oculare di Edward H. Oliver” (verosimilmente uno pseudonimo di Oehler), datato 16 aprile 1937 e pubblicato dalla Revolutionary Workers League dello stesso Oehler, elogiava acriticamente una risoluzione del Comitato Locale del Poum di Barcellona che chiamava il Poum, la Cnt e la Fai, in quanto “organizzazioni i cui obiettivi è [sic] la rivoluzione proletaria”, a “formare il fronte unico rivoluzionario nel tentativo di conquistare le masse”. Tale risoluzione, secondo Oliver, offriva “la prima, chiara soluzione operaia alla crisi della Generalitat”.122

Rebull rimase nel Poum, seguendolo in tutti i suoi tradimenti. Subito dopo le giornate di maggio, Rebull fu autore di una critica sincera della parola d’ordine governativa del Poum che non diceva una sola parola a proposito del ruolo del Poum nello smantellare le barricate e nel minare l’insurrezione.123

Pierre Broué: il disfattismo travestito da “obiettività”

In una storia della guerra civile spagnola scritta insieme ad Émile Témime, Pierre Broué assolve il ruolo del Poum nelle giornate di maggio a Barcellona riprendendo essenzialmente la versione dei fatti fornita da Nin e Andrade:

“Giovedì 6 maggio, l’ordine è praticamente ristabilito. Companys proclama che non ci sono ‘né vincitori né vinti’. Le masse operaie di Barcellona hanno ascoltato gli appelli alla calma, ed il Poum china la testa: “’Il proletariato, proclama il Poum, ha riportato sulla controrivoluzione una vittoria parziale…lavoratori tornate al lavoro.’”124

Lungi dal “chinare la testa” di fronte alla ritirata degli operai, lo stesso Poum si vantò ne La Batalla di essere “tra coloro che hanno maggiormente contribuito al ripristino della normalità”.125 Un’avanguardia leninista, al contrario, avrebbe colto il momento per far rompere gli operai anarchici insorti con coloro che li tradivano e per guidare una lotta per il potere. Ma Nin e compagnia erano una banda di capitolatori centristi che si erano uniti ai traditori della Cnt-Fai nell’ordinare agli operai di “chinare la testa”.

“I rivoluzionari spagnoli si sentono soli”, scrivono Broué e Témime per giustificare implicitamente l’ingresso del Poum nel Fronte popolare. Sottolineando le sanguinose epurazioni staliniane nell’Unione Sovietica, il trionfo del fascismo in Germania e la presunta passività del proletariato altrove, essi affermano: “(…) nel 1936 il rapporto delle forze sulla scala mondiale è ben più lontano dal favorire la rivoluzione spagnola di quanto non lo fosse nel 1917-19 nei riguardi della rivoluzione russa.” Dopo di che pontificano:

“Certo, si potrebbe discutere all’infinito sulle possibilità che essi [i ‘rivoluzionari spagnoli’ di cui sopra] avevano di compensare questo isolamento con una politica rivoluzionaria ardita. Si può dire, con Trotsky, che la rivoluzione spagnola schiudeva la possibilità di un rovesciamento nel rapporto delle forze su scala mondiale, e che la sua sconfitta ha aperto la via all’esplosione della seconda guerra mondiale. Ma è certo che la coscienza di essere isolati è stato un elemento determinante, per molti rivoluzionari spagnoli, nella rinuncia a portare avanti la rivoluzione”.126

Broué e Témime ritornano su questo argomento nella parte conclusiva del loro resoconto delle giornate di maggio a Barcellona:

“Si può certo pensare [sic!] che la reazione spontanea dei lavoratori di Barcellona avrebbe potuto dare il via ad un nuovo slancio rivoluzionario e che questa era l’occasione di ribaltare la situazione. Ma lo storico si accontenterà di costatare che i dirigenti anarchici non hanno voluto, e che quelli del Poum non hanno neppure pensato di poterlo ottenere”.127

Come la Rivoluzione bolscevica del 1917, una vittoria socialista proletaria in Spagna avrebbe stimolato le lotte rivoluzionarie della classe operaia in tutto il mondo, invertendo il corso della Seconda guerra imperialista mondiale che si stava allora sviluppando. Nel 1936 la Francia era immersa in una situazione prerivoluzionaria, in Belgio erano in atto degli scioperi di massa e in tutta Europa la vittoria dei nazisti di Hitler in Germania aveva provocato un crescente spostamento a sinistra della classe operaia. Perfino negli Stati Uniti, relativamente arretrati dal punto di vista politico, gli anni Trenta furono testimoni di un’impennata senza precedenti della lotta di classe. Nel 1934 tre grandi scioperi (lo sciopero dell’Auto-Lite di Toledo diretto dall’American Workers Party, lo sciopero dei camionisti di Minneapolis diretto dai trotskisti e lo sciopero di undici settimane dei portuali di San Francisco diretto da sostenitori del Partito comunista) gettarono le basi delle battaglie di classe che negli anni seguenti portarono alla costituzione del Congress of Industrial Organizations (Cio). La burocrazia staliniana nell’Unione Sovietica aveva abbastanza paura che una rivoluzione proletaria in Occidente potesse rinvigorire le masse sovietiche, a tal punto da dare il via alla repressione del proletariato rivoluzionario spagnolo e da soffocare nel sangue qualsiasi ipotetica sfida lanciata alla morsa politica stretta dalla burocrazia sullo Stato operaio sovietico.

Nel suo articolo del 24 agosto 1937, Trotsky rispose all’affermazione di Vereeken secondo cui una lotta per il potere durante le giornate di maggio a Barcellona sarebbe stata puro “avventurismo”. Le parole di Trotsky servono anche da risposta all’altezzosa “obiettività” al di sopra della mischia di Broué:

“Se il proletariato catalano avesse preso il potere nel maggio 1937 (così come l’aveva effettivamente conquistato nel luglio 1936) esso avrebbe trovato appoggio in tutta la Spagna. La reazione borghese-staliniana non avrebbe trovato nemmeno due reggimenti con cui schiacciare gli operai catalani. Nel territorio occupato da Franco non soltanto gli operai, ma anche i contadini, sarebbero passati dalla parte del proletariato catalano, avrebbero isolato l’esercito fascista e determinato la sua inesorabile disintegrazione. È improbabile che, in tali condizioni, un qualsiasi governo straniero si sarebbe arrischiato ad inviare i propri reggimenti sullo scottante terreno della Spagna. L’intervento sarebbe diventato materialmente impossibile o, quanto meno, estremamente pericoloso.

Naturalmente in ogni insurrezione c’è un elemento di incertezza e di rischio. Ma il corso successivo degli eventi ha dimostrato che, anche in caso di sconfitta, la situazione del proletariato spagnolo sarebbe stata incomparabilmente più favorevole di adesso, per non parlare del fatto che il partito rivoluzionario si sarebbe assicurato il proprio futuro”.128

La lotta per una direzione rivoluzionaria

Andy Durgan critica duramente Trotsky per una visione politica “quasi millenarista e messianica”,129 affermando che il dirigente bolscevico “sembrò confidare che la linea politica corretta in una situazione rivoluzionaria potesse trasformare anche il più piccolo dei gruppi nella direzione della classe operaia”.130 Le probabilità erano sicuramente tutte contro le deboli forze del trotskismo spagnolo, che si contrapponevano alle organizzazioni di massa del proletariato nel pieno di una situazione rivoluzionaria. Ma, a differenza dei saggi di Revolutionary History, Trotsky capiva che, quali che fossero le circostanze, era disperatamente necessario battersi per costruire un partito d’avanguardia leninista. Fare altrimenti significava accettare in anticipo la sconfitta.

La valutazione che si dà della storia del movimento operaio e delle lotte rivoluzionarie del passato è naturalmente condizionata dalla propria prospettiva programmatica. Coloro che escludono la possibilità di una vittoria proletaria nella Spagna degli anni Trenta lo fanno partendo dal punto di vista di avere essi stessi rinunciato alla lotta per la conquista operaia del potere statale. Leggono nel passato il proprio demoralizzato trascinarsi nella “politica del possibile”, cioè nell’adattamento riformista all’ordine capitalista. Così la combriccola di Revolutionary History nega in modo analogo la possibilità di una rivoluzione socialista nella Germania del 1923, in questo caso per amnistiare la direzione del Partito comunista tedesco capeggiata da Brandler.131

Nel suo opuscolo Le lezioni dell’Ottobre,132 Trotsky smascherò e confutò le numerose argomentazioni “oggettive” avanzate nel 1923 sul perché una rivoluzione operaia era stata impossibile in Germania, notando che se la rivoluzione russa fosse fallita, qualcuno avrebbe sicuramente sostenuto gli stessi argomenti riguardo ad essa. Trotsky ripeté quest’osservazione nell’agosto 1940, nella sua difesa polemica di una prospettiva rivoluzionaria per la Spagna contro Victor Serge e altri “avvocati del Poum”: “La falsificazione storica consiste in questo, che la responsabilità della sconfitta delle masse spagnole viene scaricata sulle masse lavoratrici e non su quei partiti che hanno paralizzato o semplicemente schiacciato il movimento rivoluzionario delle masse.”133 Il proletariato spagnolo del 1936 si trovava ad un livello più alto di quello del proletariato russo agli inizi del 1917. Se Lenin non si fosse trovato in Russia per portare a termine le lotte necessarie ad armare politicamente il Partito bolscevico per la conquista del potere statale, scrisse Trotsky, “non si sarebbe potuto nemmeno parlare di vittoria della rivoluzione proletaria. I soviet sarebbero stati annientati dalla controrivoluzione e i piccoli saggi di tutti i paesi avrebbero scritto articoli e libri basati sulla nota dominante secondo cui soltanto dei visionari privi di radici avrebbero potuto sognare, in Russia, la dittatura di un proletariato così piccolo numericamente e così immaturo.”134

Gli insegnamenti della Spagna furono pagati a caro prezzo. Noi abbiamo imparato, cercando di evitarli, dai problemi politici e dalle debolezze dei trotskisti spagnoli allorché la nostra tendenza, la Lega comunista internazionale, intervenne nell’incipiente rivoluzione politica nello Stato operaio deformato tedesco-orientale, la Ddr [Deutsche Demokratische Republik], nel 1989-90. Quantunque assai diverse (nel primo caso, una battaglia contro il dominio della borghesia e, nell’altro, contro la reintroduzione del dominio del capitale) le due situazioni erano entrambe rivoluzionarie. Come la Sble e il Movimento per la Quarta internazionale, le nostre forze erano piccole, sebbene avessimo il vantaggio di comunicazioni telefoniche e fax internazionali e una sezione impiantata nella Germania Ovest. Tuttavia non si trattava principalmente di un problema numerico, bensì di chiarezza politica, di coesione e di inflessibile lotta politica per il programma del bolscevismo. In questo fummo guidati dalla concezione, espressa da Trotsky nei suoi scritti sulla Spagna, secondo cui “il vantaggio di una situazione rivoluzionaria consiste proprio nel fatto che anche un piccolo gruppo può diventare una grande forza in un breve lasso di tempo, a condizione che esso fornisca una prognosi corretta e lanci in tempo le parole d’ordine giuste”.135

Noi abbiamo fondato un giornale, l’Arbeiterpressekorrespondenz (Corrispondenze operaie), che è stato pubblicato inizialmente su base quotidiana, e successivamente settimanale, e che è stato diffuso in centinaia di migliaia di copie nella Ddr. Abbiamo armato i nostri sostenitori con una propaganda teorica e polemica, compreso un numero speciale del giornale consacrato a polemizzare contro i vari pretendenti al trotskismo. Per la prima volta in uno Stato operaio burocraticamente deformato, abbiamo reso pubblicamente disponibili gli scritti di Trotsky, ivi compreso La rivoluzione tradita, la sua incisiva analisi del 1936 sulla burocrazia stalinista sovietica e sulle sue origini.

L’impatto del nostro programma trotskista si è visto nella manifestazione di fronte unico di 250 mila persone svoltasi il 3 gennaio 1990 nel parco di Treptow a Berlino Est contro la profanazione fascista di un monumento ai soldati sovietici che morirono per liberare la Germania dai nazisti di Hitler. Si trattò di una mobilitazione del proletariato tedesco-orientale in difesa della Ddr e dello Stato operaio sovietico. Noi abbiamo lanciato l’appello a questo raduno. Esso venne poi fatto proprio dal partito stalinista dominante, che temeva la grande risonanza del nostro programma tra gli operai di Berlino Est e che si sentì costretto a mobilitare la propria base. I nostri compagni parlarono dal palco di Treptow, e questo segnò la prima volta che dei trotskisti abbiano parlato di fronte ad un uditorio di massa in uno Stato operaio degenerato o deformato dopo l’espulsione di Trotsky dall’Unione Sovietica. Dopo aver ricevuto il via libera dalla burocrazia sovietica capeggiata da Gorbaciov, gli imperialisti della Germania Ovest reagirono allo spettro della rivoluzione politica proletaria con una campagna a tambur battente mirante ad annettere la Ddr. Noi non abbiamo vinto di fronte a questo assalto, ma ci siamo battuti. E attraverso questa lotta abbiamo contribuito a gettare le basi per le vittorie proletarie del futuro.

I trotskisti in Spagna erano impegnati a lottare per il potere statale proletario. Ma furono colti in un’ondata rivoluzionaria ascendente disponendo di forze ridotte, di poca esperienza e di una tempra insufficiente, per dirla con Trotsky, nella “maniera spietata di porre le questioni fondamentali e un’accanita polemica contro i vacillamenti” che sono “il necessario riflesso ideologico e pedagogico del carattere implacabile e crudele della lotta di classe del nostro tempo”.136 Mentre onoriamo Erwin Wolf, Rudolf Klement e gli altri trotskisti che hanno dato la vita, molti dei quali vittime dei sicari stalinisti, nella lotta per la rivoluzione socialista in Spagna, condanniamo e confutiamo gli opportunisti che fanno l’apologia dei tradimenti passati e ne preparano così di nuovi. Questa è una parte integrante del riforgiamento di una Quarta internazionale trotskista che guidi la lotta per delle nuove rivoluzioni d’Ottobre.

Note al testo

1 Louis Orr, “May Events. A Revolution Betrayed”, Information Bulletin (Issued by the International Bureau for the Fourth Internationl), luglio 1937, p. 1; traduzione in Felix Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, La Nuova Sinistra/Samonà e Savelli, Roma 1970, p. 97.

2 Lev Trotsky, “The Class, The Party, and the Leadership. Why Was the Spanish Proletariat Defeated? (Questions of Marxist Theory)” (20 agosto 1940), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), Pathfinder Press, New York 1973, p. 365.

3 Citato in F. Morrow, op. cit., p. 109.

4 La Batalla, 6 maggio 1937, citato in F. Morrow, op. cit., p. 112.

5 L. Trotsky, “The Class, The Party, and the Leadership”, cit., p 357.

6 Volantino della SBLE del 4 maggio 1937, riprodotto in Information Bulletin, luglio 1937, cit., p. 3; traduzione italiana in F. Morrow, op. cit., p. 98.

7 L. Trotsky, The Spanish Revolution (1931-39), cit.

8 L. Trotsky, La révolution espagnole (1930-1940), Les Éditions de Minuit, Paris 1975.

9 Si tratta di F. Morrow, Revolution and Counterrevolution in Spain, Pioneer Publishers, New York 1938, che l’autore aveva ultimato nel novembre 1937; la traduzione italiana è quella già citata. Lo stesso autore aveva precedentemente pubblicato un altro lavoro sulla Spagna: The Civil War in Spain. Towards Socialism or Fascism?, Pioneer Publishers, New York 1936.

10 L. Trotsky, “La lezione della Spagna (Ultimo avvertimento)” (17 dicembre 1937), in Id., I problemi della rivoluzione cinese e altri scritti su questioni internazionali 1924-1940, Einaudi, Torino 1970, p. 525 (i corsivi, che figurano nell’originale, sono stati omessi sia in questa traduzione italiana curata da Livio Maitan che in quella francese curata da P. Broué).

11 Ibidem, p. 522 (le virgolette che racchiudono l’espressione “rivoluzione democratica”, e che figurano nell’originale, sono stati omesse sia in questa traduzione italiana che in quella francese curata da P. Broué).

12 L. Trotsky, “The POUM and the Popular Front” (16 luglio 1936), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 220.

13 Vernon Richards (nome anglicizzato di Vero Recchioni), Lessons of the Spanish Revolution 1936-1939, Freedom Press, London 1953; in italiano: Insegnamenti della rivoluzione spagnola (1936-1939), Edizioni RL, Napoli 1957.

14 Andy Durgan, “The Spanish Trotskyists and the Foundation of the POUM”, Revolutionary History, vol. 4, n. 1-2, inverno 1991-92, pp. 11-53, e Id., “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the POUM”, Revolutionary History, vol. 9, n. 2, 2006, pp. 27-65.

15 Gerald H. Meaker, The Revolutionary Left in Spain 1914-1923, Stanford University Press, Stanford (California) 1974, p. 147.

16 Ibidem, p. 105.

17 V.I. Lenin, “Stato e rivoluzione” (agosto-settembre 1917), in Id., Opere complete, vol. 25, Editori Riuniti, Roma 1967, pp. 361-463.

18 L. Trotsky, “Progetto di programma dell’Internazionale Comunista. Critica delle tesi fondamentali” (giugno 1928), in Id., La Terza Internazionale dopo Lenin, Schwarz, Milano 1957, pp. 39-239.

19 L. Trotsky, “The POUM and the Popular Front”, cit., pp. 218-219.

20 L. Trotsky, “Tasks of the Spanish Communists” (25 maggio 1930), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 57.

21 “The Trotsky-Nin Correspondence” (settembre 1930-novembre 1932), ibidem, pp. 369-400.

22 L. Trotsky, “To Say What Is” (12 aprile 1931), ibidem, p. 95.

23 A. Nin, Lettera a L. Trotsky (12 novembre 1930), ibidem, p. 371.

24 L. Trotsky, “Is a Rapprochement with Nin Possible? [I]” (3 giugno 1936), ibidem, pp. 215-216.

25 L. Trotsky, “La rivoluzione spagnola e i compiti dei comunisti”, in Id., Scritti 1929-1936, Einaudi, Torino 1962, pp. 183-205.

26 Ibidem.

27 L. Trotsky, “The State of the Left Opposition” (16 dicembre 1932), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 189.

28 L. Trotsky, “Tasks of the Spanish Communists”, cit., p. 61.

29 A. Nin, Lettera a L. Trotsky (3 dicembre 1930), in L. Trotsky, The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 371.

30 L. Trotsky, Lettera ad A. Nin (31 gennaio 1931), ibidem, p. 384.

31 L. Trotsky, Spanish Communism and the Catalan Federation (8 luglio 1931), ibidem.

32 L. Trotsky, “The Catalan Federation’s Platform” (12 giugno 1931), ibidem, p. 138.

33 Ibidem, p. 136.

34 L. Trotsky, “The Declaration of Four. On the Necessity and Principles of a New International” (26 agosto 1933), in Writings of Leon Trotsky (1933-34), Pathfinder Press, New York 1975, pp. 49-52.

35 Cit. in Pierre Broué, “Trotsky and the Spanish Revolution”, Workers Vanguard, n. 10, luglio-agosto 1972.

36 G. Munis (pseudonimo di Manuel Fernández Grandizo y Martínez), Lezioni di una sconfitta, promessa di vittoria. Critica e teoria della rivoluzione spagnola 1930-1939, Edizioni Lotta Comunista, Milano 2007, p. 205.

37 Manuel Grossi, The Asturian Uprising. Fifteen Days of Socialist Revolution, Socialist Platform, London 2000, p. 31.

38 L. Trotsky, “La rivoluzione spagnola e i pericoli che la minacciano” (28 maggio 1931), in Id., Scritti 1929-1936, cit., p. 224.

39 M. Grossi, “Author’s Communication to the French Edition” (aprile 1971), in Id., The Asturian Uprising, cit., p. 21.

40 Citato in A. Durgan, “The Spanish Trotskyists and the Foundation of the POUM”, cit., p. 27.

41 L. Trotsky, “The Treachery of the POUM” (23 gennaio 1936), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 209.

42 Nel suo libro agiografico El POUM en la historia. Andreu Nin y la revolución española, Los Libros de la Catarata, Madrid 1999.

43 A. Durgan, “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the POUM”, cit., p. 65.

44 “Lettre du Secrétariat International au Comité Exécutif de la ICE” (luglio 1935; firmata da Martin, pseudonimo di Alfonso Leonetti), in L. Trotsky, La révolution espagnole (1930-1940), cit., p. 599.

45 “Lettre du Comité National au Secrétariat International” (21 luglio 1935; firmata da A. Nin), ibidem, pp. 605, 606.

46“Lettre du Secrétariat International au Comité Exécutif de la ICE”, cit., pp. 600-601 (corsivo nell’originale).

47 A. Durgan, “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the POUM”, cit., p. 33.

48 Joaquin Maurín, Revolución y contrarrevolución en España, Ruedo Ibérico, Paris 1966, p. 3; citato da Georges Garnier, “Preface to the French Edition” di M. Grossi, The Asturian Uprising, cit., p. 4. L’edizione francese qui ricordata è: M. Grossi, L’insurrection des Asturies. Quinze jours de révolution socialiste, Études et Documentation Internationales, Paris 1972.

49 Jean Rous, “Rapport sur la fusion de la Gauche communiste d’Espagne (section de la LCI) et le BOC (Bloc ouvrier et paysan, Maurín)” (ottobre 1935), in L. Trotsky, La révolution espagnole (1930-1940), cit., p. 614.

50 L. Trotsky, “Letter to a Comrade” (18 ottobre 1935), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 207.

51 L. Trotsky, “The Treachery of the POUM”, cit., pp. 207-208.

52 Ibidem, pp. 208-209, 210 (corsivo nell’originale).

53 A. Durgan, “The Spanish Trotskyists and the Foundation of the Poum”, cit., p. 41.

54 L. Trotsky, “No Greater Crime”, In The Spanish Revolution (1931-39), cit.

55 Pierre Broué–Émile Témime, La rivoluzione e la guerra di Spagna, Sugar, Milano 1962, p. 102.

56 L. Trotsky, Storia della rivoluzione russa, Sugar, Milano 1964, p. 233. L’edizione omette erroneamente “senza essere ancora la classe dominante”.

57 Ibidem. Trotsky utilizza la parola russa (dvoevlastie), che noi abbiamo preferito rendere, più sopra, con “dualismo di poteri” (dual power, in inglese) anziché “doppio potere” o “diarchia”, utilizzati da altri traduttori [N.d.t.].

58 L. Trotsky, Storia della rivoluzione russa, cit., p. 240.

59 José Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, vol. 1, Antistato, Milano 1977, p. 218.

60 Ibidem.

61 F. Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, cit., p. 33.

62 Agustín Guillamón, The Friends of Durruti Group 1937-1939, AK Press, San Francisco (California) 1996, p. 16 (corsivi nell’originale).

63 F. Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, cit., pp. 28, 29.

64 A. Nin, “Problemas fundamentales del poder”, La Batalla, 27 aprile 1937; citato in F. Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, cit., pp. 90-91.

65 Indigeta (pseudonimo di Juan Quer), “Los nuevos órganos de poder”, La Batalla, 7 ottobre 1936; citato in José Rebull, “On Dual Power”, Revolutionary History, vol. 4, n. 1-2, cit., p. 331.

66 Gironella (pseudonimo di Enric Adroher Pascual), “Sobre los errors cometidos por el POUM”, L’Expérience Espagnole, POUM, Paris 1939, p. 10; citato in A. Durgan, “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the POUM”, cit., p. 44.

67 L. Trotsky, “Is Victory Possible in Spain?” (23 aprile 1937), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., pp. 259-260 (corsivi nell’originale).

68 Lev Trotsky, “La lezione della Spagna (Ultimo avvertimento)”, cit., pp. 527-528 (la parola “propri” è omessa nella traduzione curata da Livio Maitan).

69 “La corruzione del potere” è il titolo di uno dei capitoli del libro di V. Richards, op. cit., pp. 71-85.

70 F. Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, cit., p. 48; Abbiamo corretto la difettosa traduzione italiana per consentire di capire correttamente il senso dell’ultima frase.

71 Lev Trotsky, Il programma di transizione, Spartaco n.13/14, maggio 1984, p. 13.

72 Si veda “Trotskyism and Anarchism in the Spanish Civil War”, Workers Vanguard, nn. 828 e 829, 11 giugno e 9 luglio 2004, p. 4-5, 10 e 4-5.

73 Citato in A. Guillamón, op. cit., p. 84.

74 V.I. Lenin, “Stato e rivoluzione”, cit., p. 411.

75 L. Trotsky, “La rivoluzione spagnola e i compiti dei comunisti”, cit., pp. 20-201.

76 Murray Bookchin, “Saggio introduttivo” a Sam Dolgoff (a cura di), The Anarchist Collectives. Workers’ Self-Management in the Spanish Revolution 1936-1939, Free Life Editions, New York 1974.

77 Citato in Adolphe (pseudonimo di Rudolf Klement), “History and Lessons of a Mistake (Reply to Comrades Vereecken [sic] and Renery)” (28 maggio 1937), Information Bulletin, luglio 1937, cit., p. 9.

78 F. Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, cit., pp. 51-52.

79 Juan Andrade, Notas sobre la guerra civil (Actuación del POUM), Ediciones Libertarias, Madrid 1986, p. 12 ; citato in A. Guillamón, op. cit., nota 23, p. 59.

80 A. Durgan, “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the POUM”, cit., p. 53.

81 Jaime Balius, “El ejército de la Revolución”, La Noche, 19 gennaio 1937; citato in Miquel Amorós, La revolución traicionada. La verdadera historia de Balius y Los Amigos de Durruti, Virus, Barcelona 2003, p. 165.

82 “El testamento de Durruti”, Solidaridad Obrera, 6 dicembre 1936; citato in A. Guillamón, op. cit., p. 24.

83 Si veda Ronald Fraser, Blood of Spain. An Oral History of the Spanish Civil War, Pantheon Books, New York 1979, nota 1, p. 381.

84 Citato in A. Guillamón, op. cit., p. 39.

85 L. Trotsky, “Communism and Syndicalism” (14 ottobre 1929), in Id., On the Trade Unions, Pathfinder Press, New York 1975, p. 16.

86 The Friends of Durruti Group, Towards a Fresh Revolution (Barcelona 1938), Cienfuegos Press, Sanday (Isole Orcadi) 1978, p. 42.

87 Ibidem, p. 37.

88 V. Richards, op. cit., p. 23.

89 “The Programme of the Spanish Bolshevik-Leninists” (19 luglio 1937), Revolutionary History, vol. 1. n. 2, estate 1988, p. 39.

90 F. Morrow, L’opposizione di sinistra nella guerra civile spagnola, cit., p. 58.

91 L. Trotsky, “The Treachery of the POUM”, cit., p. 211.

92 L. Trotsky, “The Tasks of the Fourth International in Spain” (12 aprile 1936), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 211-214.

93 Si tratta del testo redatto da L. Trotsky , “Open Letter for the Fourth International. To All Revolutionary Working Class Organizations and Groups” (primavera 1935), in Writings of Leon Trotsky (1935-36), Pathfinder Press, New York 1977, pp. 19-28.

94 Il Partito socialista è, ovviamente, il Psoe. Quanto alla “Gioventù unificata”, si tratta delle Juventudes Socialistas Unificadas (Jsu), frutto della fusione, avvenuta il 1° aprile 1936, tra la Unión de Juventudes Comunistas de España, affiliata al Pce staliniano, e le Juventudes Socialistas de España, organizzazione giovanile del Psoe riformista [N.d.t.].

95 L. Trotsky, “The Tasks of the Fourth International in Spain”, cit., p. 214 (corsivo nell’originale).

96 L. Trotsky, La rivoluzione tradita, Schwarz, Milano 1956.

97 A. Guillamón, Documentación histórica del trosquismo español (1936-1948), Ediciones de la Torre, Madrid 1996.

98 G. Munis, Lezioni di una sconfitta, promessa di vittoria, di cui viene qui citato il titolo dell’edizione originale in lingua spagnola: Jalones de derrota: promesa de victoria (España 1930-39), Editorial “Lucha Obrera”, México D.F. 1948.

99 Vladimir Il’ic Lenin, Che fare? Problemi scottanti del nostro movimento (1902), Einaudi, Torino 1971.

100 Fosco (pseudonimo di Nicola Di Bartolomeo), “La revolución española, esperanza del proletariado mundial”, La Batalla, 4 agosto 1936, in A. Guillamón, Documentación histórica del trosquismo español (1936-1948), cit., p. 50.

101 Fosco, “L’activité des B-L en Espagne et ses enseignements”, Bulletin Intérieur d’Information (del Parti Communiste Internationaliste “molinierista”), n. 2, 15 ottobre 1938; ampi estratti in L. Trotsky, La révolution espagnole (1930-1940), cit., pp. 624-628 (il brano qui citato è stato omesso). Del testo di Fosco esiste una traduzione spagnola più completa, ma non integrale, in A. Guillamón, Documentación histórica del trosquismo español (1936-1948), cit., pp. 188-198 (il brano citato si trova a p. 190).

102 Clart (pseudonimo di Jean Rous), “Lettre de Barcelone”, Bulletin Intérieur International, n. 1, aprile 1937.

103 Ibidem.

104 L. Trotsky, “To the Editorial Board of La Lutte Ouvrière” (23 marzo 1937), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 250.

105 Georges Vereeken–Renery, “For a Correct Policy in Respect to the Spanish Revolution and POUM”, Information Bulletin, luglio 1937, cit., p. 7.

106 Moulin (pseudonimo di Hans David Freund), “Letter of 24 August 1936”, Revolutionary History, vol. 4, n. 1-2, cit., p. 318.

107 “Letter from Nin to the Bolshevik-Leninists of Barcelona” (13 novembre 1936), Information Bulletin, luglio 1937, cit., p. 6.

108 SBLE, “Open Letter to the E[xecutive] C[ommittee] of the POUM” (aprile 1937), ibidem, p. 12.

109 L. Trotsky, “The Insurrection in Barcelona (Some Preliminary Remarks)” (12 maggio 1937), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 266.

110 L. Trotsky, “The Culpability of Left Centrism” (10 marzo 1939), ibidem, p. 344.

111 L. Trotsky, “A Test of Ideas and Individuals Through the Spanish Experience” (24 agosto 1937), ibidem, p. 280.

112 SBLE, “Trabajadores de la Cnt, el Poum, la Fai, las Jjll, proletarios todos” (febbraio 1937), in A. Guillamón, Documentación histórica del trosquismo español (1936-1948), cit., p. 80.

113 [Erwin Wolf,] “Informe interno” (6 luglio 1937), in A. Guillamón, Documentación histórica del trosquismo español (1936-1948), cit., pp. 139-141.

114 “Resolutions of the International Buro for the 4th International on the Present Situation in Spain and the Tasks of the Bolshevik-Leninists” (non datato), Information Bulletin, luglio 1937, cit., p. 5.

115 Citato in Hugo Oehler, “Barricades in Barcelona. The First Revolt of the Proletariat Against the Bosses’ Popular Front” (16 maggio 1937), Revolutionary History, vol. 1, n. 2, cit., p. 24.

116 “The POUM and BL, Two Leaflets, Two Positions”, Information Bulletin, luglio 1937, cit., p. 3.

117 Ibidem.

118 H. Oehler, “Barricades in Barcelona”, cit., p. 26.

119 Citato in A. Guillamón, The Friends of Durruti Group 1937-1939, cit., pp. 49-50.

120 H. Oehler, “Barricades in Barcelona”, cit., p. 27.

121 Citato in R. Fraser, op. cit., p. 387.

122 Citato in Edward H. Oliver [Hugo Oehler?], Sixth Anniversary of the Spanish Republic in Barcelona (16 aprile 1937), Revolutionary Workers League, Chicago (Illinois) s.d. [1937].

123 Si veda José Rebull, “On the Slogan of ‘A UGT-CNT Government’” (maggio 1937), Revolutionary History, vol. 4, n. 1-2, cit., pp. 333-335.

124 Pierre Broué–Émile Témime, La rivoluzione e la guerra di Spagna, cit. , pp. 308-309.

125 La Batalla, 8 maggio 1937; citato in H. Oehler, “Barricades in Barcelona”, cit., p. 28.

126 P. Broué–É. Témime, op. cit., p. 206-207.

127 Ibidem, p. 313.

128 L. Trotsky, “A Test of Ideas and Individuals Through the Spanish Experience”, cit., p. 279.

129 A. Durgan, “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the Poum”, cit., p. 62;

130 A. Durgan, “Marxism, War and Revolution. Trotsky and the Poum”, cit., p. 63.

131 Si veda “Rearming Bolshevism. A Trotskyist Critique of Germany 1923 and the Comintern”, Spartacist, n. 56, primavera 2001, pp. 4-25.

132 L. Trotsky, “Le lezioni dell’Ottobre” (15 settembre 1924), in Giuliano Procacci (a cura di), La “rivoluzione permanente” e il socialismo in un paese solo. Scritti di N. Bucharin, I. Stalin, L. Trotski, G. Zinoviev, Editori Riuniti, Roma 1963, pp. 33-89.

133 L. Trotsky, “The Class, The Party, and the Leadership”, cit., p 364.

134 Ibidem, p 360.

135 L. Trotsky, “The Character of the Revolution” (18 giugno 1931), in Id., The Spanish Revolution (1931-39), cit., p. 139.

136 L. Trotsky, “The Culpability of Left Centrism”, cit., p. 344.

 

Spartaco N. 73

Spartaco 73

Ottobre 2010

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Da Detroit a Pomigliano, dalla Polonia alla Serbia...

Gli attacchi antioperai di Fiat/Confindustria vanno respinti con la lotta di classe!

Costruire un partito rivoluzionario internazionalista che lotti per rovesciare il capitalismo!

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Contro il tradimento del Poum e i suoi avvocati di ieri e di oggi.

Trotskismo contro frontepopulismo nella guerra civile spagnola

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Un’ondata di scioperi combattivi attraversa la Cina

Difendere lo Stato operaio burocraticamente deformato!

Per la rivoluzione politica proletaria!

Per una direzione di lotta di classe!

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Dichiarazione del Comitato esecutivo internazionale della Lega comunista internazionale (quartinternazionalista)

Ripudiamo la nostra posizione sul terremoto ad Haiti

Una capitolazione all’imperialismo Usa

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Nota redazionale