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Spartaco n. 75 |
Gennaio 2012 |
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La crisi economica dilania lEuropa Abbasso lUnione Europea! Per gli Stati uniti socialisti dEuropa! Articolo scritto dai nostri compagni del Partito operaio spartachista di Germania (Spad) il 9 dicembre 2011.
La crescente crisi economica in Europa, espressione particolarmente grave della crisi capitalistica mondiale, è stata innescata nella primavera del 2010 quando i capitalisti della finanza mondiale, temendo che il forte indebitamento portasse la Grecia alla bancarotta, hanno iniziato a snobbare i titoli di Stato greci. Gli stessi timori si sono estesi poi non solo a Portogallo e Irlanda, ma anche a economie molto più grandi come quelle di Spagna e Italia, che hanno entrambe avuto problemi a rifinanziare il debito pubblico. Ora anche la Francia, che insieme alla Germania è il perno dell’Unione Europea (Ue), rischia di veder declassato il proprio debito pubblico. Gli sforzi frenetici fatti sinora dall’Ue per elaborare nuovi “pacchetti di salvataggio” si sono dimostrati tutti insufficienti, così come i futili appelli al Brasile e alla Cina perché intervengano contribuendo ad un piano di salvataggio. Un titolo del notiziario finanziario Eurointelligence (22 novembre) paragonava la situazione dell’euro, dell’eurozona (i 17 paesi dell’Ue che utilizzano l’euro come moneta comune) e probabilmente della stessa Ue, ad “un disastro ferroviario al rallentatore”.
I timori per la diffusione di una “stretta creditizia” in Europa hanno messo a soqquadro i mercati finanziari internazionali, minacciando di spingere l’economia mondiale in un’altra grave recessione. Le banche statunitensi stanno riducendo le riserve di titoli di Stato europei, mentre i fondi d’investimento americani che operano nel mercato monetario stanno chiudendo il rubinetto dei prestiti alle banche europee. Ciò ha costretto le banche europee a rendere più gravose le condizioni dei prestiti, ad accumulare capitale per sostenere i propri bilanci e a sospendere i finanziamenti a clienti di vecchia data. I governi promettono tagli di bilancio sempre più severi, nella speranza di placare i mercati obbligazionari. L’effetto netto è stato una “stretta creditizia e una riduzione della domanda aggregata che sta spingendo l’Europa in recessione” (Economist, 26 novembre). A settembre, gli ordinativi industriali nella zona dell’euro sono diminuiti del 6,8 percento, il calo più importante dal dicembre 2008.
All'inizio in Germania i politici borghesi rifiutavano di ammettere la possibilità di un default greco, temendo la destabilizzazione dell’euro. Ma ora la cancelliera tedesca Angela Merkel minaccia apertamente di espellere la Grecia dall’eurozona. Il 5 dicembre, Germania e Francia hanno rilasciato il primo appello congiunto a modificare il trattato dell’Unione Europea, introducendo controlli più centralizzati nell’eurozona e ulteriori sanzioni per i paesi che violano le regole della “disciplina di bilancio”.
Nelle ultime settimane, i governi ritenuti non abbastanza zelanti nel far rispettare l’austerità capitalista, sono stati cacciati dal potere senza cerimonie. In Grecia, il Primo ministro George Papandreou del Movimento socialista panellenico (Pasok) borghese, la cui credibilità stava svanendo a causa della reazione della popolazione infuriata per i tagli, è stato rimosso da un colpo di Stato politico organizzato dai leader dell’Unione Europea e da oppositori interni, compresi i membri del suo partito, dopo che questi aveva proposto un referendum sulle scelte economiche. Il nuovo governo, che ora include il principale partito di opposizione, Nuova democrazia, assieme al Pasok e al Laos (una piccola organizzazione infestata da fascisti), si è impegnato a proseguire il programma di austerità. Metodi simili sono stati utilizzati per sbarazzarsi di Silvio Berlusconi in Italia. In Spagna, la reazione furiosa alle politiche di austerità del governo di José Luis Rodríguez Zapatero del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe), ha portato all’elezione di Mariano Rajoy del Partito popolare di destra.
Tutte le ali della borghesia nei principali paesi dell’Unione Europea non si preoccupano certo di salvare paesi come la Grecia, ma le proprie banche. La sostanza è che i lavoratori e i poveri devono pagare la crisi del capitalismo. La Merkel, a sottolineare chi comanda ed il fatto che la Germania è la potenza guida dell’Unione Europea, ha imposto severi budget di austerità per i paesi debitori che richiedono assistenza finanziaria. I governi si sono impegnati in un’orgia di tagli alla spesa, che includono licenziamenti di dipendenti pubblici, tagli salariali, riduzioni della spesa sociale, privatizzazioni ecc. In Grecia, i salari sono diminuiti del 15,4 percento, mentre il tasso di disoccupazione ufficiale supera ormai il 18 percento. In Spagna è vicino al 23 percento.
Noi trotskisti internazionalisti ci opponiamo in linea di principio all’Ue come a qualsiasi altra alleanza imperialista. Sapendo che l’euro sarebbe stato uno strumento degli imperialisti dell’Ue, ci siamo opposti alla sua introduzione. Ci siamo anche opposti all’estensione a oriente della Ue, poiché era chiaro che avrebbe aumentato lo sfruttamento dei lavoratori dell’Est Europa. Allo stesso tempo, abbiamo combattuto la discriminazione sciovinista nei confronti dei lavoratori immigrati dall’Europa dell'Est.
Come marxisti sappiamo che le alleanze o i blocchi tra imperialisti possono resistere per qualche tempo, ma poiché il capitalismo si basa sugli Stati-nazione, queste alleanze devono necessariamente crollare sotto il peso delle contraddizioni interne. La nostra opposizione a queste alleanze e blocchi deriva dalla nostra fondamentale opposizione al capitalismo e all’imperialismo. Lottiamo per l’espropriazione della borghesia attraverso la rivoluzione socialista e per un’economia pianificata a livello internazionale che sarà in grado di superare i limiti degli Stati nazionali. Facciamo appello agli Stati uniti socialisti d’Europa!
La classe operaia greca ha fatto finora 14 scioperi generali di uno o due giorni, nel tentativo di respingere l’offensiva congiunta degli imperialisti europei e della propria borghesia. Anche se gli scioperi hanno reso più difficile al governo l’applicazione delle misure di austerità, gli attacchi ai posti di lavoro e agli standard di vita sono implacabili. A Roma il 15 ottobre, centinaia di migliaia di lavoratori e di giovani hanno manifestato contro il governo Berlusconi, ormai screditato e contro le misure che stava cercando di introdurre, come le privatizzazioni e l’innalzamento dell’età pensionistica. Dopo la caduta di Berlusconi, i leader dell’opposizione liberale hanno sostenuto il nuovo governo Monti in nome dell’unità nazionale, al fine di imporre misure analoghe a quelle contro cui le masse avevano manifestato in ottobre. In Portogallo, una giornata di sciopero generale, il 24 novembre, ha fermato quasi tutto il paese, ma l’opposizione “comunista” sta minando la lotta dei lavoratori appellandosi alla difesa degli interessi nazionali e lamentandosi della “rinuncia alla sovranità del paese” (Junge Welt, 25 novembre).
I capi sindacali riformisti non possono condurre un’efficace lotta di classe contro l’austerità capitalista perché politicamente sostengono l’Unione Europea e più in generale hanno sposato l’ordine borghese. I dirigenti dei principali sindacati spagnoli sono alleati del Psoe, mentre in Grecia le maggiori confederazioni sindacali sono gestite da sostenitori del Pasok, i partiti che fino a poco tempo fa imponevano le misure di austerità. I riformisti accettano la menzogna di collaborazione di classe che i lavoratori e i loro sfruttatori hanno un “interesse nazionale” comune e che i lavoratori devono fare la loro “equa parte” di sacrifici quando l’economia va a rotoli. Ma lavoratori e capitalisti hanno interessi di classe contrapposti. I cicli economici di espansionecrisi sono endemici al sistema capitalista e saranno eliminati solo quando il proletariato prenderà il potere e si impadronirà dei mezzi di produzione di proprietà della borghesia.
La lotta di classe in Germania e in Francia in solidarietà con i lavoratori greci, italiani, spagnoli e portoghesi, non solo rafforzerebbe le loro lotte contro l’austerità, ma aiuterebbe anche i lavoratori di tutta Europa a liberarsi dal nazionalismo e a rompere con la borghesia del proprio paese. In Germania, le politiche di collaborazione di classe del Partito socialdemocratico (Spd) hanno svolto un ruolo importante nel consentire alla borghesia tedesca di aumentare la propria competitività contro i suoi rivali. La coalizione tra la Spd e i verdi borghesi, al potere tra il 1998 e il 2005, è stata fondamentale per accrescere la competitività tedesca tagliando i salari, peggiorando le condizioni di lavoro e attaccando lo “Stato sociale”, grazie soprattutto alle cosiddette riforme “Hartz”, che hanno ridotto i sussidi di disoccupazione e le prestazioni sociali. Il ricorso ai contratti a termine è aumentato drammaticamente, creando un enorme settore a bassi salari. Tra il 2000 e il 2010 i salari reali sono scesi in media del 7,4 percento ed ora ci sono 1,4 milioni di persone che, pur lavorando a tempo pieno, hanno bisogno di sussidi sociali per sopravvivere.
Sebbene la Germania fosse già la maggiore economia europea, la sua competitività spiega perché sia lei a dirigere il continente. E’ chiaro che i maggiori profitti ottenuti dal capitalismo tedesco provengono direttamente dalle tasche della classe operaia tedesca. Ciò mette in evidenza il legame tra la lotta contro l’imperialismo all’estero e la lotta contro il dominio capitalista nel proprio paese. Ciò che è in primo luogo necessario è la creazione di partiti rivoluzionari internazionalisti in Germania e altrove, che possano dirigere le masse operaie nelle loro lotte per i bisogni vitali come parte della lotta per il potere operaio.
L’Unione Europea: da alleanza antisovietica a consorzio imperialista
Dominata da Germania e Francia, l’Unione Europea esiste essenzialmente per promuovere gli interessi di queste due potenze imperialiste e dei loro partner minori, per sfruttare la classe operaia e per utilizzare gli Stati dipendenti, come la Grecia e molti paesi dell’Europa orientale, come luoghi di villeggiatura o aree per la produzione a basso costo. Noi siamo stati coerenti nella nostra opposizione politica alla Ue e ai suoi predecessori. In “I lavoratori e il Mercato comune” (Workers Vanguard n. 15, gennaio 1973) abbiamo scritto: “In epoca imperialista, le alleanze tra gli Stati capitalisti, coi loro aspetti economici, sono rivolte contro altri Stati, sia avanzati che arretrati. Il Mercato comune è essenzialmente un’alleanza instabile tra il capitalismo francese e quello tedesco, sulla base delle politiche economiche più reazionarie”.
L’Ue è una formazione fragile, esposta a tensioni continue che derivano dagli interessi nazionali più disparati degli imperialisti europei, che minacciano costantemente di far implodere il sistema. Né potrebbe essere altrimenti. Sebbene le forze produttive abbiano da tempo superato il quadro nazionale, il capitalismo è un sistema che poggia essenzialmente sugli Statinazione: ciascuna delle classi capitaliste nazionali ha bisogno del proprio Stato per portare avanti e difendere i propri interessi in patria e all’estero. Quindi in regime capitalista, l’obiettivo dell’unione politica o di un super Stato europeo è necessariamente un’utopia vuota e reazionaria. Come scrisse V.I. Lenin, il leader della Rivoluzione d’Ottobre proletaria in Russia nel 1917:
“Certo, fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili accordi temporanei. In tal senso sono anche possibili gli Stati uniti d’Europa come accordo fra i capitalisti europei (...). Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa per conservare, tutti insieme, le colonie usurpate, contro il Giappone e l’America” (“Sulla parola d’ordine degli Stati uniti d’Europa”, agosto 1915).
Lenin sottolineava che la divisione dei profitti tra rivali imperialisti viene stabilita in ultima analisi con la forza. Questa comprensione si contrapponeva alle affermazioni del socialdemocratico tedesco Karl Kautsky, la cui fantasia dell’“ultra-imperialismo” postulava la risoluzione pacifica dei conflitti, negando così la necessità della rivoluzione proletaria. Lenin sottolineava che: “In regime capitalistico non sono possibili altri mezzi per ristabilire di tanto in tanto l'equilibrio spezzato, al di fuori della crisi nell'industria e della guerra nella politica”.
Le origini dell’Unione Europea risalgono al 1950, quando gli imperialisti dell’Europa occidentale sotto la guida degli Stati Uniti cercarono di stabilizzare la loro alleanza contro l’Unione Sovietica attraverso una più stretta cooperazione economica. Nata dalla Rivoluzione d’Ottobre, la Russia sovietica rimaneva, nonostante la degenerazione sotto Stalin, uno Stato operaio basato sull’espropriazione dei capitalisti e sulla collettivizzazione dei mezzi di produzione. La sua economia pianificata garantiva posti di lavoro, alloggi, cure mediche e istruzione per tutti, in netto contrasto con le devastazioni del capitalismo che sono oggi fin troppo evidenti. Noi trotskisti abbiamo difeso militarmente, incondizionatamente l’Unione Sovietica contro gli imperialisti, che hanno sempre voluto distruggerla.
La nostra opposizione di principio sia alla Nato, l’alleanza militare istituita dopo la Seconda guerra mondiale contro l’Unione Sovietica, sia all’Unione Europea e ai suoi predecessori, era legata alla nostra difesa dell’Unione Sovietica e degli stati operai deformati della Ddr (Germania Est) e dell’Europa orientale. Con la distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica nel 1991-92, la funzione antisovietica dell’Ue e della Nato è venuta meno. L’Ue ha continuato ad esistere come blocco commerciale imperialista. Gli Usa mantengono la loro egemonia militare, anche se non hanno più il peso economico di un tempo.
Poco dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il presidente francese François Mitterrand condizionò l’accettazione della riunificazione tedesca (ottenuta con l'annessione della Ddr alla Germania Ovest capitalista) da parte della Francia, ad un accordo dei due paesi su una moneta comune. Questo avrebbe dovuto evitare che una Germania nuovamente forte calpestasse gli altri Stati europei, a partire dalla Francia. Inoltre, la moneta unica sarebbe stata un’arma contro l’egemonia internazionale del dollaro. Ma l’unità tra queste due potenze imperialiste è di per sé gravida di conflitti, come dimostrano le dispute su come affrontare la crisi in corso nell’eurozona.
Il Trattato di Maastricht del 1992 autorizzò l’introduzione dell’euro, che fu scambiato per la prima volta nel 1999 per essere introdotto come denaro reale per i consumatori nel 2002. Il Partito comunista francese (Pcf) all’inizio si oppose al trattato, temendo che avrebbe portato al dominio dell’imperialismo tedesco su quello francese. Vi si oppose cioè dal punto di vista reazionario del nazionalismo francese. Più tardi, il Pcf ha fatto la pace con l’euro. Altrettanto ha fatto praticamente tutta la sinistra riformista europea, che appoggia esplicitamente l’Ue oppure sostiene che si tratta di una struttura che può essere utilizzata per migliorare la situazione dei lavoratori (una “Europa sociale”).
Il gruppo britannico Workers Power (ora parte della Lega per la quinta internazionale) si sono astenuti sul referendum del 1992 sul Trattato di Maastricht. Come il Partito laburista britannico, erano entusiasti per la “carta sociale” dell’Ue e per le sue vuote promesse di garantire i diritti dei lavoratori, l’uguaglianza sessuale ecc. Workers Power (giugno 1992) sosteneva che “i termini del Trattato di Maastricht possono essere anche una base per l’estensione dei diritti e delle conquiste a quegli Stati in cui la classe operaia non li ha mai ottenuti o li ha persi”. E ancora: “Ad un certo livello i lavoratori europei saranno meglio armati per lottare su scala continentale dopo l’attuazione dei termini di Maastricht”. Anche il gruppo francese Lutte Ouvrière nel 2005 scrisse: “Sebbene sia su base capitalistica, con tutte le ingiustizie e insufficienze che ne conseguono, l’Unione Europea rappresenta un progresso in molti settori”. Workers Power e Lutte Ouvrière sono dei kautskiani contemporanei, lacchè del capitale, con una fede commovente nell’imperialismo “democratico” e nelle sue varie alleanze.
Vi è anche un’opposizione all’Ue e all’euro in ambienti borghesi. Una sezione della borghesia tedesca è sempre stata molto scettica sull’euro, ritenendo che l’imperialismo tedesco potrebbe funzionare meglio con il marco. Ci sono forti sentimenti anti-Ue tra i Tories britannici e vari gruppi fascisti e populisti di destra si oppongono all’Unione Europea dal punto di vista dello sciovinismo nazionale. In effetti, la sinistra riformista ha lasciato alla destra reazionaria l’opposizione all’Ue, che molti lavoratori considerano giustamente uno strumento di austerità capitalista.
Il terzo tentativo dell’imperialismo tedesco di dominare l’Europa
In una dichiarazione del 1997, la Lega comunista internazionale ha sottolineato che una moneta comune senza uno Stato comune non è praticabile:
“Una prerogativa economica fondamentale di uno Stato borghese è il controllo della quantità di denaro all’interno dei suoi confini, cosa che di necessità è strettamente legata ad altri strumenti di politica economica. Un sistema monetario stabile basato sull’euro richiederebbe restrizioni forti e permanenti sulla tassazione e le spese pubbliche in tutti gli Stati membri dell’Ue... Ma dal momento che il capitalismo è organizzato sulla base di Stati nazionali particolari, e proprio questa è la causa delle ripetute guerre imperialiste per ridividere il mondo, è impossibile tenere insieme uno Stato borghese paneuropeo stabile. Un ‘super Stato’ imperialista europeo può essere realizzato con i metodi di Adolf Hitler... Se il progetto di Maastricht di moneta unica europea dovesse realizzarsi, sarebbe solo un episodio breve e conflittuale”. (“Per una Europa operaia! Per la rivoluzione socialista!” Spartaco n.51, ottobre 1997)
La crisi economica mondiale che attraversiamo è la prima dopo che sono state scritte queste parole. I conflitti che sono sorti in Europa rischiano di far implodere rapidamente l’Ue. Alla base dell’attuale frammentazione vi è l’instabilità intrinseca del sistema monetario dell’Ue, formata da Stati nazionali in competizione tra di loro e con diversi livelli di produttività del lavoro. Queste differenze, esacerbate dalla crisi, si sono riflesse nei differenziali del debito pubblico e nei tassi d’interesse sui titoli di Stato.
L’imperialismo tedesco ha tratto enormi profitti sia riducendo i salari in patria che attraverso l’introduzione dell’euro, e vorrebbe mantenere le cose come stanno. Per anni, la Germania ha avuto un avanzo commerciale, finanziato dal forte indebitamento, pubblico e privato, degli altri Stati della zona euro e facilitato dall'esistenza di una moneta comune che contribuisce a mantenere basso il prezzo delle esportazioni industriali tedesche nella zona euro. La borghesia tedesca non ha la minima intenzione di ridurre il surplus e sostiene che il problema è dei paesi che hanno una disavanzo commerciale.
Di solito, ogni paese ha una sua valuta e un paese debitore può ottenere un certo sollievo e recuperare competitività svalutando la propria. Questo non è possibile in un’unione monetaria. La borghesia tedesca esige che i paesi debitori taglino salari, pensioni e assistenza sociale. Altri propongono che il capitale tedesco dia più soldi ai paesi più poveri dell’eurozona, ma la borghesia tedesca si oppone fermamente a questa prospettiva. In un articolo del Financial Times on line (13 settembre) sul collasso dell’eurozona, Martin Wolf ha scritto: “Ecco cosa ho sentito da un politico italiano: ‘Abbiamo rinunciato alla storica valvola di sicurezza dell’inflazione e della svalutazione in cambio di tassi d’interesse più bassi, ma ora non abbiamo nemmeno i tassi di interesse bassi’ ... E peggio ancora: ‘Sarebbe meglio uscire piuttosto che sopportare trent’anni anni di sofferenze’ Questi commenti dimostrano la perdita di fiducia sia nel progetto che nei partner”.
Col sistema dettato dalla borghesia tedesca, i paesi debitori come la Grecia non hanno via d'uscita. I tagli netti alla spesa pubblica hanno avuto un prevedibile effetto deflazionistico e l’economia greca ha subito una contrazione del 7,5 percento rispetto all’anno prima. Un’economia ridotta significa meno entrate fiscali, quindi il deficit aumenta e viene richiesta ancor più austerità. Molti esperti borghesi di vari schieramenti hanno sbandierato istericamente le orribili conseguenze di un’uscita della Grecia dall’eurozona. Dipende dalle condizioni imposte. Dopo che l’Argentina ebbe ancorato la sua moneta al dollaro Usa, l’economia entrò in una profonda recessione e il paese andò in bancarotta nel 2001. Gli investitori in titoli argentini persero il 70 percento del loro denaro, danneggiando gli interessi bancari internazionali. A seguito del fallimento, l’Argentina ha svincolato la sua moneta dal dollaro e l’economia si è ripresa, ma solo dopo un crollo del 30 percento dei salari.
L’esempio dell’Argentina mostra graficamente che la Grecia starebbe molto meglio dichiarando bancarotta, uscendo dall’eurozona e ripristinando la propria valuta. Se questo potrebbe evitare la spirale verso il basso, l'uscita dall'eurozona non proteggerebbe però il proletariato greco dalla crisi economica mondiale e dalla devastazione capitalista. In Gran Bretagna (che fa parte dell’Ue ma non della zona euro), il governo conservatore di David Cameron è altrettanto intenzionato a tagliare la spesa. Il 30 novembre, i lavoratori del settore pubblico inglese hanno organizzato una grande giornata di sciopero contro le misure di austerità, la minaccia di licenziamenti e il prolungamento del blocco dei salari. La rivoluzione socialista è l’unica soluzione alla disoccupazione, ai tagli salariali, alla guerra imperialista e alle altre rapine del capitalismo decadente.
Scricchiola l’asse franco-tedesco
Preoccupato per la stabilità della zona euro (e per l’economia francese), il presidente Nicolas Sarkozy ha inizialmente sostenuto l’introduzione degli eurobond, un sistema in cui i paesi dell’eurozona dovrebbero emettere obbligazioni comuni, o in alternativa la Banca centrale europea dovrebbe acquistare direttamente titoli di Stato per tirare fuori dai guai i paesi in difficoltà. Ma la Merkel non l’ha accontentato, sapendo che alla fine i soldi per questi programmi arriverebbero dalla Germania. L’amministrazione Obama ha anche pregato la Merkel di dare più soldi. Il succo è che non si fa niente se Berlino non è d'accordo. Essendo la nazione creditrice, la Germania sottolinea la necessità del pareggio di bilancio e di un euro forte (in barba al marco) e considera l'inflazione la cosa peggiore al mondo. Per giustificare il tutto, viene addotto l'esempio dei due periodi di forte inflazione in Germania nel 1923 e dopo la Seconda guerra mondiale. Si ignora invece l'altrettanto disastrosa politica deflazionistica che accompagnò la depressione del 1930.
Quando il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha proposto l’introduzione degli “stability bond” (obbligazioni in euro), il giornale tedesco di destra Bild (23 novembre) ha titolato: “La Gran Bretagna, l’America, e l’Ue. Tutti vogliono i nostri soldi”. Nel frattempo, in Francia, Jacques Attali, ex consigliere di Mitterrand, accusava la Germania di aver trascinato già due volte nel secolo scorso l’Europa in guerre suicide, dicendo che: “Oggi è di nuovo la Germania ad impugnare l’arma del suicidio collettivo del continente”. Il Pcf ha accusato Sarkozy di aver ceduto alla Merkel sulla crisi imputandogli una “Monaco finanziaria” (riferendosi alla decisione del 1938 di Francia e Gran Bretagna di non dichiarare guerra alla Germania di Hitler dopo l’occupazione dei Sudeti).
Al vertice dell’Ue alla fine di ottobre, i capi di Stato dei dieci paesi non appartenenti all’eurozona sono stati esclusi dalla discussione sulla crisi dell’euro. Il primo ministro britannico Cameron si è lamentato, facendo notare che la crisi dell'eurozona colpisce anche altri paesi, compresa Londra che è un centro finanziario mondiale. Sarkozy ha replicato a Cameron, che non molto tempo fa era suo compagno d’armi nel bombardamento della Libia: “Hai perso una buona occasione per stare zitto. Siamo stufi, ci critichi e ci dici cosa fare. Dici di odiare l’euro ma vuoi intrometterti nei nostri incontri”.
L’Ue sta andando in pezzi sotto le tensioni di interessi nazionali contrastanti. Queste tensioni si riflettono anche nelle restrizioni sul diritto di muoversi all’interno della Ue, in teoria garantito dall’accordo di Schengen. Nel 2010, circa 400 mila persone che volevano emigrare verso l’Ue sono state fermate ai suoi confini. In Olanda, Finlandia, Danimarca e in altri paesi del Nord Europa, stanno crescendo i partiti populisti anti immigrati, alimentati da campagne governative scioviniste effettuate con il pretesto della “guerra al terrorismo” che prende di mira soprattutto i musulmani. E’ nell’interesse della classe operaia di ogni paese di lottare per i pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati ed i rifugiati! Abbasso la “Fortezza Europa” razzista!
Spd e Die Linke corrono a salvare il capitalismo
In risposta agli attacchi capitalisti seguiti alla crisi in Europa, il Partito operaio spartachista di Germania ha ribadito la necessità e l’urgenza che la classe operaia d’Europa, e soprattutto il potente proletariato tedesco, scateni la lotta di classe. Il primo maggio 2010, la Spad è intervenuta per la “solidarietà con i lavoratori greci!” e per la “lotta di classe contro i capitalisti tedeschi!” (Spartakist n. 183, maggio 2010). Gli ostacoli principali alla lotta sono i partiti riformisti dei lavoratori, la Spd e Die Linke, insieme alla burocrazia sindacale e ai gruppi di sinistra che si orientano verso di loro.
La scorsa estate, la Spd si è espressa a favore degli eurobond. Peer Steinbrück, ex ministro delle finanze della Spd, ha spiegato questo sostegno in un’intervista allo Spiegel (12 settembre):
“Bisogna spiegare alla gente che l’Ue, nella sua forma attuale, è la risposta sia al 1945 sia al ventunesimo secolo, ad un mondo molto cambiato e alla presenza di nuovi paesi forti. La Germania trae vantaggio dalla continua integrazione politica, economica e sociale dell’Europa. Naturalmente questo significa che i tedeschi dovranno pagare. Ma è denaro ben speso, investito nel nostro futuro e in quello dell’Europa, nella pace e nella prosperità”.
Steinbrück e la Spd stanno sfruttano la paura della guerra, che è diffusa in molte parti d’Europa come conseguenza delle due guerre mondiali. Ci vuole una bella faccia tosta: durante la guerra nei Balcani nel 1999 il governo guidato dalla Spd è stato il primo governo ad inviare truppe tedesche al di fuori dei confini del paese dopo la Seconda guerra mondiale. Le differenze tra la Spd e la Merkel sono strettamente tattiche, e si riducono a un dibattito su cosa sia meglio per l’imperialismo tedesco. Il sostegno agli eurobond riflette il timore che la rigidità della Merkel possa distruggere l’Unione Europea, uccidendo la gallina dalle uova d’oro del capitalismo tedesco, che ha permesso ai socialdemocratici di cenare al tavolo del capitale. La Spd esemplifica ciò che V.I. Lenin chiamava partiti operai-borghesi: partiti con una base operaia, in particolare nei sindacati, ma con un programma e una direzione completamente filocapitalisti. La Spd ha infangato la bandiera dell’internazionalismo operaio nel 1914, votando i crediti di guerra a favore dell’imperialismo tedesco. Da allora, la Spd è stata feroce nemica della rivoluzione.
Die Linke è una fusione tra il partito stalinista che dirigeva la Ddr ed una scissione della Spd, tra cui un settore della burocrazia sindacale. Questo partito è visto da molti militanti di sinistra e della classe operaia come un un'alternativa alla Spd. Die Linke forse parla un po’ più di solidarietà con la Grecia, ma come la Spd accetta il quadro dell’Unione Europea e della moneta comune, pur sostenendo che che quest'alleanza di briganti imperialisti dovrebbe attuare politiche più progressiste. Perciò Die Linke sostiene anche gli eurobond. Da quando la solidarietà dei lavoratori con le masse greche sotto attacco consiste nel supplicare il governo di offrire prestiti bancari a tasso agevolato?
La faccia di sinistra di Die Linke è la sua vicepresidente, Sahra Wagenknecht della sedicente “Piattaforma Comunista”. Wagenknecht sostiene assurdamente che i bilanci pubblici debbano “essere liberati dalla dipendenza dai mercati di capitali”. A tal fine, propone una banca pubblica europea, che offra tassi d’interesse agevolati. Solo un inveterato socialdemocratico potrebbe immaginare che il bilancio di un governo capitalista possa essere indipendente dal mercato capitalista! Ci sono già centinaia di banche di proprietà pubblica in Europa: seguono tutte le regole del sistema del profitto capitalistico. Gli schemi riformisti di Wagenknecht sono una mano di vernice per oscurare il ruolo svolto da Die Linke nel sostenere lo sfruttamento capitalista. Dovrebbero capirne di bilanci pubblici, dal momento che hanno fatto parte dei governi di Berlino e di altre regioni, che hanno licenziato lavoratori e tagliato la spesa pubblica.
La federazione sindacale tedesca Dgb ha speso un sacco di soldi, raccolti con le quote associative dei membri, per pubblicare annunci sui giornali in una campagna per il “Sì all’Europa! Sì all’euro!” Nel frattempo, la “solidarietà” dei burocrati Dgb con la lotta della classe operaia greca contro la crisi si è limitata a qualche discorso il primo maggio e forse ad una lettera di solidarietà. Non hanno intrapreso nessuna lotta contro il governo e i capitalisti tedeschi, i sostenitori più espliciti delle misure di austerità che colpiscono così duramente le classi operaie greca, portoghese ecc.
La burocrazia social-democratica ha aiutato l’imperialismo tedesco e il suo ruolo dominante nella Ue, contribuendo ad un pesante taglio dei salari reali. La direzione traditrice dei sindacati diffonde la bugia di collaborazione di classe che ciò che è un bene per l’azienda e per la Germania è un bene per i lavoratori. Recentemente, i dirigenti sindacali hanno accettato una riduzione del salario del 20 percento per tutti i nuovi dipendenti di Lufthansa del nuovo aeroporto di Berlino. Tra poco, questo accordo servirà ad abbassare i salari in tutta la Lufthansa. Bisogna difendere salari e condizioni di lavoro con la lotta di classe: sindacalizzare chi non è sindacalizzato! A uguale lavoro uguale salario! Per la fine della divisione tra lavoratori a tempo indeterminato, lavoratori a contratto e lavoratori a termine! Un’azienda, un sindacato, un piano salariale! Forgiare una direzione sindacale di lotta di classe, legata alla costruzione di un partito rivoluzionario!
Per gli Stati uniti socialisti d’Europa!
Nel 1929, Leon Trotsky, il leader dell’opposizione di sinistra in lotta per il bolscevismo autentico contro la degenerazione stalinista dell’Unione Sovietica e dell’Internazionale comunista, scrisse:
“Attraverso l’Opposizione, l’avanguardia del proletariato europeo dirà ai padroni di oggi: ‘Per unificare l’Europa bisogna innanzitutto strapparvi il potere. Lo faremo. Unificheremo l’Europa. La unificheremo contro il nemico e questo nemico è il mondo capitalista. La trasformeremo in un potente strumento del socialismo militante. Ne faremo la pietra angolare della Federazione socialista mondiale”. (“Il disarmo e gli Stati uniti d’Europa”, ottobre 1929)
Gli Stati uniti socialisti d’Europa, assieme al potere proletario negli Usa, in Giappone e in tutto il mondo, porrebbero le basi per una reale divisione internazionale del lavoro in un’economia pianificata, aumentando enormemente la produttività della società. La vera uguaglianza dei popoli d’Europa eliminerebbe la fonte delle guerre imperialiste che hanno portato l’Europa tante volte vicino all’estinzione.
La classe operaia tedesca multietnica, con le sue componenti provenienti dai paesi del Mediterraneo, dai Balcani, dall’Est europeo, spesso portatrici di combattive tradizioni di lotta di classe, è il legame vivente con le lotte dei lavoratori greci, dei lavoratori turchi e curdi in Turchia e dei lavoratori in altri paesi. La lotta di classe dei lavoratori tedeschi risuonerebbe con forza a fianco del proletariato francese e sarebbe un faro per la classe operaia di tutto il mondo. Al centro della nostra prospettiva come trotskisti è l’obiettivo di riforgiare la Quarta internazionale, partito mondiale della rivoluzione proletaria, il compito che si è data la Lega comunista internazionale e la sua sezione tedesca, la Spad.
[Tradotto da Workers Vanguard n. 992, del 9 dicembre 2011]
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