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Spartaco n. 84 |
Novembre 2019 |
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James Robertson 1928-2019
James Robertson, leader fondatore della Spartacist League/Usa e per molti anni suo segretario nazionale, è deceduto nella sua casa nel Nord della California il 7 aprile scorso, all’età di 90 anni. Membro del movimento operaio da oltre 70 anni, il compagno Robertson è stato una componente essenziale della direzione della Sl/Us e della Lega comunista internazionale fino alle ultime settimane della sua vita. Lascia la moglie e compagna Martha, i suoi due figli Douglas e Kenneth, le due figlie della moglie, Rachel e Sarah, e i nipoti.
Storicamente, i partiti marxisti rivoluzionari non sono mai sopravvissuti ai loro leader fondatori conservando intatti il loro programma e il loro scopo. Per il compagno Robertson l’obiettivo era quello di fare del suo meglio per scongiurare questo anatema. Nell’ultima grande battaglia politica della sua vita, Jim ha giocato un ruolo cruciale nella lotta per correggere una perversione del leninismo sulla questione nazionale che la Lci aveva da lunga data, in particolare riguardo la sua applicazione agli Stati multinazionali relativamente avanzati. Da questa lotta è emersa una nuova generazione di dirigenti che sono diventati una componente fondamentale del Comitato esecutivo internazionale della Lci, insieme a quadri più senior che sono fondamentali per preservare i nostri esili legami con la continuità rivoluzionaria.
Parlando ad un incontro commemorativo di compagni e simpatizzanti dopo la morte di Jim, l’attuale Segretario nazionale della Sl/Us ha notato come la continuità rivoluzionaria “è principalmente programmatica, ma è anche personale perché il programma è incarnato negli esseri umani”. Nei corsi di formazione di partito e nelle innumerevoli discussioni informali, Jim ha dato un senso vivo della sua storia politica e delle lotte di fazione che furono determinanti per lui per trovare la strada verso il programma del partito bolscevico di Lenin e Trotsky. Questa storia lo ha portato dal Partito comunista (Cp/Usa) al Workers Party/Independent Socialist League (Wp/Isl) di Max Shachtman, al Socialist Workers Party (Swp) di James P. Cannon, e poi ad essere un dirigente centrale della Revolutionary Tendency (Rt). Espulsi dal Swp nel 1963-64, i quadri della Rt hanno poi fondato la Spartacist League/Us.
Più tardi nella sua vita, Jim ha osservato che ciò che ha imparato, e ha dovuto imparare, nel corso delle battaglie di fazione che ha combattuto, è che la “questione russa” è il criterio caratterizzante del marxismo rivoluzionario nell’epoca imperialista. La questione comprende sia la comprensione del Partito bolscevico che guidò la conquista del potere da parte della classe operaia nella Rivoluzione russa del 1917, sia la necessità di difendere le conquiste di quella rivoluzione nonostante la degenerazione stalinista dell’Unione Sovietica.
Fin dai primi anni della Sl/Us, questa comprensione programmatica fu centrale per il nostro intervento nel movimento contro la guerra in Vietnam. Contro la rivendicazione social-patriottica “Riportate a casa i nostri ragazzi”, abbiamo combattuto per la sconfitta dell’imperialismo americano lanciando lo slogan “Tutta l’Indocina deve diventare comunista!” In un telegramma inviato a Ho Chi Minh il 7 febbraio 1965, giorno in cui gli Stati Uniti iniziavano a bombardare il Vietnam del Nord, dichiarammo: “La lotta eroica dei lavoratori vietnamiti favorisce la rivoluzione americana” (Spartacist n. 4, maggio-giugno 1965). Negli anni Ottanta, quando i venti della Seconda guerra fredda antisovietica degli imperialisti soffiavano incandescenti, ci siamo distinti per il nostro energico difensismo sovietico, lanciando lo slogan “Vittoria all’Armata Rossa in Afghanistan! Estendere le conquiste sociali della Rivoluzione d’Ottobre ai popoli dell’Afghanistan!” e “Fermare la controrivoluzione di Solidarnos?” in Polonia.
Il compagno Robertson ha ideato alcuni tra i nostri slogan, nostra propaganda e nostre azioni più taglienti e incisive. E’ stato l’architetto principale della più grande e più significativa mobilitazione della nostra tendenza interna zionale, il nostro intervento in occasione dell’incipiente rivoluzione politica proletaria nello Stato operaio deformato della Germania Est (Ddr) nel 1989. Quando masse di lavoratori, soldati, studenti e altri marciarono sotto striscioni che dicevano “Per gli ideali comunisti” e “No ai privilegi”, noi sollevammo la rivendicazione di una “Germania rossa dei consigli operai” attraverso la rivoluzione socialista nella Germania occidentale e la rivoluzione politica proletaria per cacciare i traditori stalinisti della Ddr.
Anche se caratterizzata da una sproporzione di forze, eravamo in una battaglia politica sul futuro della Ddr contro il rinunciatario regime stalinista. Siamo stati sconfitti quando il premier sovietico Mikhail Gorbaciov diede il via libera alla riunificazione capitalista della Germania. Ma abbiamo combattuto con tutto ciò che avevamo! In seguito Jim traccerà un’analogia con l’intervento di Lenin a una sessione del primo congresso sovietico di tutta la Russia nel giugno 1917. Dopo l’intervento di un dirigente menscevico che dichiarò che non c’era nessun partito disposto ad assumere il potere, Lenin gridò: “Sì, c’è”. Come ha osservato il compagno Robertson: “Eravamo noi nella Ddr nel 1989-1990. Non credo che dovremmo sminuire o negare questo solo perché siamo stati sconfitti. Saremo sconfitti spesso”.
Nel 1991-92, la controrivoluzione che aveva travolto gli Stati operai deformati dell’Europa centrale e orientale distrusse l’Unione Sovietica. Riconoscendo l’impatto devastante di questa sconfitta sulle lotte e sulla coscienza della classe operaia, Jim sottolineò:
“Operiamo in una voragine insolitamente profonda, e le esperienze che ci sono immediatamente disponibili non sono molto buone. Quindi è meglio fare riferimento molto intensamente alle esperienze del movimento operaio quando poteva vedere molto più lontano: dal 1918 al 1921”.
La nostra rivista teorica quadrilingue, Spartacist, è stata un veicolo centrale per mantenere vive quelle esperienze, incarnate nei primi quattro congressi dell’Internazionale comunista. Jim, che è stato il caporedattore fondatore ed è rimasto componente cruciale del comitato editoriale dell’edizione in lingua inglese fino alla sua morte, ha sempre sottolineato che non si trattava di trasmettere la saggezza ricevuta, ma di valutare criticamente. Jim ha espresso particolare soddisfazione per i nostri articoli “Abbasso le cariche esecutive dello Stato capitalista!” (vedi Spartaco n.71, aprile 2009) e “Perché rifiutiamo la rivendicazione della ‘assemblea costituente’” (vedi Spartaco n.77, ottobre 2013). Jim, che aveva giocato un ruolo chiave nel motivare entrambi, li vedeva come estensioni vitali di Stato e rivoluzione e La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky di Lenin.
California, calvinismo e comunismo
Nato a Berkeley nel 1928, Jim era figlio della Grande depressione e spesso ne ricordava l’assoluta miseria. Ricordava anche l’impatto dello sciopero dei marittimi della West Coast del 1936-37 dal punto di vista di un ragazzino che vedeva i detriti gettati dalle navi in sciopero che galleggiavano nella baia di San Francisco.
Circa 80 anni dopo, Jim diede un impulso fondamentale al nostro opuscolo “Then and Now”, che mette a confronto le vittorie di tre scioperi cittadini avvenuti nel 1934 nel pieno della depressione: quelli dei portuali di San Francisco, dei camionisti di Minneapolis e dei lavoratori dell’auto di Toledo, con la continua devastazione delle organizzazioni dei lavoratori di oggi. Cercando di armare politicamente una nuova generazione di combattenti della classe operaia, l’opuscolo fa capire che una differenza cruciale è che gli scioperi del 1934 furono diretti da “rossi” impegnati a mobilitare il potere di classe dei lavoratori mentre gli attuali dirigenti traditori dei lavoratori sono subordinati agli interessi e ai profitti dell’imperialismo americano. Nella lotta per infondere una prospettiva di lotta di classe nella classe operaia, Jim aveva un profondo senso del rapporto tra il partito leninista e il proletariato: i sindacati rappresentano l’unità degli operai, mentre il partito significa scissione, cioè la lotta per forgiare l’avanguardia della classe conquistando i lavoratori con la più grande coscienza di classe.
La famiglia di Jim, in tutte le sue componenti, era fermamente presbiteriana. Le lezioni inculcate dalla sua formazione calvinista avrebbero continuato a caratterizzare Jim, anche dopo che divenne ateo durante l’adolescenza. Jim ha conservato il dovere verso la conoscenza e l’integrità, così come ha mantenuto una forte coscienza riguardo alle questioni finanziarie. La lotta contro l’ignoranza, la superstizione e il carattere reazionario della Chiesa cattolica lo stimolerà da giovane a schierarsi anche con i lealisti nella Guerra civile spagnola contro le forze fasciste schierate con Franco. Di conoscenze vastissime e con un’ampia gamma di interessi, Jim era un appassionato subacqueo e acquisì un’impressionante collezione di monete britanniche; aveva un fervido interesse per la storia romana e mediterranea, compresa la transizione dall’antichità al feudalesimo.
La Guerra civile americana e la lotta per abolire la schiavitù dei neri fu un’altra questione molto sentita da Jim fin da piccolo. Mentre la parte materna della famiglia era stata proprietaria di schiavi, il bisnonno aveva combattuto al fianco dell’Unione nella Guerra Civile. Nel 1984, Jim fu la forza motrice della nostra iniziativa per abbattere la bandiera confederata nel Centro civico di San Francisco. Come tributo all’ispirazione ricevuta dal suo bisnonno, una foto della sua lapide fu stampata su Workers Vanguard a fianco del nostro articolo “Abbiamo strappato la bandiera della schiavitù!” (Workers Vanguard n. 353, 27 aprile 1984).
Cresciuto soprattutto nella Bay Area e nella Central Valley, dove sua madre insegnava in scuole elementari di alcune piccole cittadine, Jim rimase californiano per tutta la vita. La sua idea di un buon pasto americano era enchiladas di manzo, riso e fagioli. Aveva anche un vivo senso della brutale oppressione e degrado dei messicani che lavoravano nei campi della Central Valley. Anche la reclusione dei giapponesi americani nei campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale era per lui un vivo ricordo. Quando sua madre si trovò ad insegnare in una piccola comunità mennonitica, i suoi unici amici furono i bambini giapponesi americani che condividevano molti dei suoi interessi. L’immagine dei giapponesi americani tenuti in gabbia a Merced, in California, in attesa di essere spediti nei campi rimase indelebilmente impressa nella sua coscienza.
Negli appunti per le proprie memorie, annotati dalla moglie Elizabeth Robertson, la cui morte per cancro nel 2005 fu un duro colpo per Jim, parla dell’impatto di queste esperienze nell’ “incubazione di una coscienza comunista”:
“Una pronunciata repulsione verso il razzismo; l’idea assurdamente semplice che le necessità materiali della vita dovrebbero essere prodotte e distribuite sulla base della loro necessità piuttosto che in base ai profitti che ne possono trarre i proprietari dell’industria; un ateismo profondo che fluisce abbastanza naturalmente dall’immergere per un anno un calvinista inconsapevolmente devoto in una scuola cattolica romana dove ha avuto il massimo dei voti in catechismo per poi tornar di nuovo in una scuola laica; e con la sola eccezione dell’amato Franklin Delano Roosevelt, una profonda sfiducia nei confronti del governo e delle istituzioni esistenti.”
A 18 anni, alla fine del 1946, Jim si unì al Partito comunista a Richmond in California. All’epoca, condivideva pienamente la politica degli stalinisti filo-Roosevelt “del fronte popolare antifascista”.
Nero e rosso
A Jim fu affidato il compito di lavorare nell’organizzazione giovanile del Pc, che era composta in gran parte da giovani lavoratori neri, molti dei quali erano venuti dal Sud per lavorare nei cantieri Richmond durante la Seconda guerra mondiale e che in quel periodo venivano licenziati. Come osservò una volta Jim, l’idea che il Nord fosse una “terra promessa” era stata infranta, e ora questi lavoratori neri volgevano lo sguardo verso l’Unione Sovietica. Le storie delle umiliazioni razziste quotidiane e della degradazione dei suoi nuovi compagni resero Jim sempre più consapevole della centralità dell’oppressione nera sia per la fondazione che per il mantenimento del capitalismo americano.
Anni dopo, alla fine degli anni Cinquanta, il vecchio dirigente del Swp Richard Fraser avrebbe conquistato Jim al suo programma di integrazionismo rivoluzionario, che si contrappone sia agli schemi di integrazione liberale che al nazionalismo nero. L’integrazionismo rivoluzionario, radicato in una prospettiva proletaria centrata sulla lotta contro ogni manifestazione di oppressione razziale sotto il capitalismo, si basa sulla comprensione che l’unica strada che conduce alla libertà dei neri consiste nel distruggere l’attuale ordine capitalista razzista con la rivoluzione proletaria e che i lavoratori neri, in quanto strato più oppresso e anche più consapevole e combattivo della classe operaia, avranno un ruolo preminente in questa lotta. A un incontro commemorativo dopo la morte di Fraser nel 1988, Jim lo descrisse come il suo “ultimo insegnante personale” e raccontò l’impatto che aveva avuto su di lui:
“Ero davvero pronto a confrontarmi con la presentazione e le fondamenta storiche sostenute dal compagno Fraser: che si può ottenere l’abolizione della divisione razziale in questo paese solo attraverso una rivoluzione sociale profonda, pervasiva ed estesa in cui la classe operaia prende il potere”.
Uno dei documenti fondanti della Sl/Us, “Black and Red - Class Struggle Road to Negro Freedom” (“Nero e rosso, la via della lotta di classe per la libertà dei neri”, 1966) ha spiegato il programma di integrazione rivoluzionaria di Fraser, incorporando le lezioni del nostro iniziale intervento nella lotta per la libertà dei neri. Questa prospettiva diede vita alla mobilitazione di operai e neri lanciata dalla Sl/Us per fermare il Klan a Washington D.C. il 27 novembre 1982 e le nostre altre azioni antifasciste. La vista di cinquemila neri, sindacalisti e altre potenziali vittime del terrore del Klan che marciano vittoriosamente lungo il tragitto previsto dal Ku Klux Klan a Washington D.C. è stato uno dei momenti che ci rendono più orgogliosi.
Durante i suoi due anni nel Pc, Jim mosse i primi passi in quello che sarebbe stato uno studio delle lezioni della Rivoluzione russa durato tutta la vita. La direzione della sua sezione non incoraggiava la lettura di Lenin, così Jim uscì e comprò una copia di Stato e rivoluzione. Fu colpito dalla flagrante contraddizione tra Lenin e la politica di collaborazione di classe del Pc. Ciò sarà poi accentuato dalla sua consapevolezza della crescita delle ineguaglianze di reddito e di altro tipo nell’Unione Sovietica, che smentivano l’affermazione degli stalinisti secondo cui l’Unione Sovietica marciava stabilmente verso il socialismo.
Quando era studente di chimica all’Università di Berkeley, California, Jim fu introdotto a La Rivoluzione tradita e ad altre opere di Trotsky da una giovane coppia che sosteneva il Workers Party di Max Shachtman. In seguito Jim ricordò spesso che quando “confessò” di essere un “trotskista” (un’esperienza che definì essere simile a quella di dire ai genitori di essere gay negli anni Cinquanta), gli fu detto che non era così facile. C’erano due partiti trotskisti: uno “con la Russia e contro Stalin” e l’altro “contro la Russia e contro Stalin”. Avendo espresso una preferenza per il primo, a Jim fu detto che era “antiquato” e fu indirizzato invece al partito di Shachtman. Si unì alla sua organizzazione giovanile nel 1948.
Dal Partito comunista al “Terzo campo”
Max Shachtman, uno dei dirigenti fondatori del trotskismo americano, si era separato dal Swp nel 1940, dopo aver ripudiato la difesa che il partito faceva dell’Unione Sovietica. Ci sarebbero voluti alcuni anni prima che le implicazioni pro-imperialiste di questa rottura con il trotskismo fossero del tutto evidenti. Lo sprofondamento dell’organizzazione di Shachtman nel sostegno sempre più esplicito all’imperialismo americano iniziò poco dopo l’adesione di Jim, e lo avrebbe spinto all’opposizione. Nel 1951, Shachtman lanciò l’idea di sostenere una guerra a guida americana contro l’Unione Sovietica a condizione che avesse una sorta di copertura operaia. Poco dopo, Jim polemizzò contro Shachtman di fronte al locale della Bay Area.
Ci voleva parecchio coraggio per farlo, e fu uno dei primi segni dell’intransigenza politica e dell’audacia di Jim. Durante la discussione, utilizzò l’articolo di Shachtman del 1941 “ La politica della classe operaia in guerra e in pace”. In quel pezzo, Shachtman aveva giustamente criticato la “Politica militare proletaria” del Swp, che chiedeva il controllo sindacale sull’addestramento militare durante la Seconda guerra mondiale, come concessione al social-patriottismo. L’opposizione a questa politica distingue ancora la nostra organizzazione internazionale ed è codificata nel bollettino n.2 delle Prometheus Research Series, “Documenti sulla ‘Politica militare proletaria’” (febbraio 1989).
Jim ebbe anche una buona formazione sui classici marxisti nell’organizzazione di Shachtman, che conservò come modello per l’educazione di nuovi compagni della Sl. Sfortunatamente per lui, Al Garber, che dirigeva questo programma di formazione, armò lo studente per fare a pezzi polemicamente l’abietto revisionismo dell’insegnante. Garber aveva sostenuto che lo stalinismo avrebbe potuto essere evitato se i bolscevichi avessero convocato nuove elezioni nel 1921, alla fine della devastante guerra civile, e ceduto il potere a qualsiasi partito avesse vinto. In un documento del 1954 intitolato “Avrebbero dovuto i bolscevichi cedere il potere statale?” Jim sostenne che ciò sarebbe stato “un tradimento fondamentale del socialismo che avrebbe garantito la sconfitta” della Rivoluzione d’Ottobre. Garber ringhiò che il posto di Jim era nel Swp, al che Jim replicò che quello di Garber era nel Partito socialista. Qualche anno dopo ciascuno di loro finì esattamente in quelle organizzazioni.
La Rivoluzione ungherese del 1956 ebbe una rilevanza enorme nello smentire la posizione degli shachtmanisti secondo cui la burocrazia stalinista era una nuova classe dirigente “collettivista burocratica”. Di fronte a una rivolta operaia, la burocrazia del Partito comunista ungherese si polarizzò e si divise. Una minoranza consistente, che comprendeva un comandante militare centrale e il capo della polizia di Budapest, passò dalla parte dei lavoratori. Ciò confermò la comprensione di Trotsky della burocrazia stalinista come una casta instabile, un’escrescenza parassitaria sullo Stato operaio. Come avrebbe poi osservato Jim in una presentazione sugli antecedenti della Spartacist League, “Immaginate una rivoluzione proletaria in un paese capitalista dove un quarto del Partito repubblicano o dei Tories si schiera a fianco dei lavoratori. Questa è pura fantasia! Tutto quello che ha detto Trotsky era giusto”.
Lo stesso anno degli eventi in Ungheria, il discorso “segreto” di Krusciov sui crimini di Stalin spinse centinaia di stalinisti, scioccati e disillusi, ad uscire dal Partito comunista, infrangendo il dominio del Pc nella sinistra. Da parte sua, Shachtman si stava preparando a liquidarsi totalmente nei “socialisti da Dipartimento di Stato” del decrepito Partito socialista di Norman Thomas. Jim, che era allora uno dei dirigenti dell’organizzazione giovanile di Shachtman, il Left Wing Caucus, che si opponeva alla liquidazione, affrontò ancora una volta Shachtman. All’indomani del dibattito, Shachtman scrisse che era inutile cercare di salvare Jim da “qualcosa che vuole disperatamente e di cui ha disperatamente bisogno: fare esperienza con una setta rivoluzionaria sterile e intollerante come il Swp”.
Ed è qui che Jim andò a finire, aderendo al Swp nel 1957. Jim ha ricordato sempre con affetto la sua collaborazione con Murry Weiss, un veterano del Swp che fu decisivo per il raggruppamento del partito con il Left Wing Caucus. Questo raggruppamento avrebbe posto le basi per la fondazione del gruppo giovanile del Swp, la Young Socialist Alliance (Ysa). Il compagno Robertson e altri ex dirigenti del Left Wing Caucus, Shane Mage e Tim Wohlforth, divennero dirigenti della Ysa. Anche se Jim descrisse la loro visione del Swp come una specie di società per la commemorazione di Trotsky, pensò che avrebbe preferito “stare in una onorevole e irrilevante associazione commemorativa di Trotsky” piuttosto che con gli Shachtmanisti.
Il Swp, la Rt e la Rivoluzione cubana
All’epoca della sua adesione, il Swp era già l’ombra di sé stesso, per effetto immediato della stagnazione e della repressione prodotti dalla caccia alle streghe anticomunista che accompagnò la Guerra fredda negli anni Cinquanta. Da qualche anno l’impatto del Swp sulla società era poco o nullo e a molti dirigenti del partito il programma trotskista sembrava sempre meno rilevante. Alla ricerca di qualcosa cui aggrapparsi, il Swp trovò un appiglio nella Rivoluzione cubana guidata da Fidel Castro, le cui forze guerrigliere piccolo-borghesi presero il potere all’Avana nel 1959 e il cui governo espropriò la borghesia cubana nel 1960-61. Jim ricordava spesso Morris Stein, un vecchio dirigente del Swp, entusiasmarsi per il fatto che la Rivoluzione cubana sarebbe stata la migliore che avrebbe potuto vedere nella sua vita.
Adottando Fidel Castro in quanto “marxista inconsapevole”, la direzione del Swp abbandonò sia la centralità della classe operaia, sia la necessità di un partito leninista d’avanguardia che guidi la lotta del proletariato per il potere. Nel 1960, Shane Mage scrisse un documento di opposizione intitolato “La rivoluzione cubana e la teoria marxista”, firmato anche da Robertson e Wohlforth. Nel 2014, in occasione di una presentazione su “Il concepimento della Rt”, Jim commentò di aver pensato che, essendo tutti neofiti nel Swp, il loro documento non avrebbe avuto molto impatto. Ma erano anche i dirigenti dell’organizzazione giovanile del Swp e nel gennaio del 1961 il Swp convocò un plenum sulla questione cubana. Come spiegò Jim: “L’obiettivo era di metterci in riga, di fermarci. Picchiarono duro. Ma noi non ritrattammo. Al contrario, convocammo una riunione della frazione (Marxist Studies for Cadre Education n. 10, giugno 2018). Questo fu l’inizio della Tendenza rivoluzionaria del Swp.
La concezione per cui Cuba era diventata uno Stato operaio deformato nel 1960, per effetto delle pervasive nazionalizzazioni e della liquidazione della borghesia come classe, venne sviluppata e rifinita in una prefazione aggiuntiva al Marxist Bulletin n. 8, “Cuba e la teoria marxista”. La prefazione, scritta da Jim nel 1973, specifica le circostanze eccezionali che portarono a quel risultato: il fatto che la classe operaia fosse assente dalla lotta per il potere, la fuga della borghesia cubana, l’intransigente opposizione della presidenza Eisenhower e l’esistenza dell’Unione Sovietica a far da contrappeso economico e militare all’imperialismo Usa.
Questa analisi della Rivoluzione cubana dischiuse anche la comprensione del processo tramite cui delle insurrezioni di forze contadine guidate dagli stalinisti avevano potuto abbattere il capitalismo ed istituire degli Stati operai deformati dopo la Seconda guerra mondiale. Si trattò di un contributo vitale, di una riaffermazione del trotskismo contrapposta al disorientamento e all’impressionismo della Quarta internazionale dopo la guerra. La maggioranza dei trotskisti, basandosi su di una sterile “ortodossia”, all’inizio avevano insistito a dire che senza una rivoluzione proletaria non poteva esserci rovesciamento sociale del capitalismo. Poi, dopo la rivoluzione basata sui contadini in Jugoslavia e la successiva rottura di Tito con Stalin, molti trotskisti avevano accolto gli stalinisti jugoslavi come “compagni” e “centristi di sinistra”. Michel Pablo, che era emerso come leader della Quarta internazionale dopo che i suoi quadri principali erano stati decimati durante la guerra, generalizzò l’adozione degli stalinisti jugoslavi sviluppando un corso ampiamente revisionista. Sostenne che la creazione di Stati operai deformati nell’Europa centrale e orientale, in gran parte creati dall’alto dalle forze dell’Armata Rossa, dimostrava che i partiti stalinisti “conservano la capacità, in determinate circostanze di sviluppare un orientamento complessivamente rivoluzionario”. In questo modo veniva liquidata l’esigenza stessa di un’internazionale trotskista rivoluzionaria.
Il Swp di Cannon si era battuto, seppure in modo parziale e limitato, contro il revisionismo pablista e si era unito alle altre organizzazioni che rivendicavano la difesa del trotskismo, a formare il Comitato internazionale (Ci). Ma nel 1963, l’adozione della guerriglia castrista da parte del Swp, aprì la porta alla sua riunificazione con i pablisti. La Rt si oppose a questo corso. Jim era particolarmente orgoglioso di aver scritto la parte seguente della risoluzioe della Rt: “Verso la rinascita della Quarta internazionale”:
“L’esperienza successiva alla Seconda guerra mondiale ha dimostrato che la guerriglia contadina a direzione piccolo-borghese, di per sé non può portare ad altro che un regime burocratico antioperaio. La creazione di regimi di questo tipo è avvenuta nelle condizioni della decadenza dell’imperialismo, della demoralizzazione e del disorientamento provocati dai tradimenti stalinisti, e dell’assenza di una direzione marxista rivoluzionaria della classe operaia. La rivoluzione coloniale può avere un significato inequivocabilmente progressista solo sotto la direzione del proletariato rivoluzionario. Il fatto che dei trotskisti includano nella loro strategia il revisionismo sulla direzione proletaria della rivoluzione rappresenta una profonda negazione del marxismo-leninismo, al di là di tutte le pie illusioni che si possono poi formulare sulla ‘costruzione di partiti marxisti rivoluzionari nei Paesi coloniali’. I marxisti devono opporsi risolutamente a qualsiasi accettazione avventurista della via guerrigliera-contadina al socialismo, storicamente analoga al programma e alle tattiche dei Socialisti rivoluzionari, che furono combattuti da Lenin. L’alternativa rappresenterebbe un corso suicida per gli obiettivi socialisti del movimento, e forse fisico per gli avventuristi”. (Riprodotta in Spartacist n.1, febbraio-marzo 1964).
Sul terreno politico domestico la Rt, nel tentativo di conquistare dei militanti neri al marxismo rivoluzionario, lottò contro la criminale astensione del Swp dall’intervenire nella crescita della sinistra del movimento per i diritti civili. Un documento scritto nel luglio del 1963 da Robertson e da Shirley Stoute, intitolato “Per il trotskismo nero”, ricordò l’ammonizione di Trotsky che “se succedesse che noi del Swp non riuscissimo a trovare la strada verso questo strato, allora non varremmo nulla”. Nel dicembre del 1963, la direzione del Swp espulse Robertson e altri quattro dirigenti della Rt, in quella che fu la prima espulsione politica nella storia del partito.
L’obbligo dell’internazionalismo rivoluzionario
Dopo la morte di Cannon, avvenuta nell’agosto del 1974, il compagno Robertson ne tracciò la memoria in una presentazione fatta quello stesso mese ad un incontro nazionale della Sl/Us. Parlò della capacità unica di Cannon “di essere l’efficace stratega e il leader di una rivoluzione proletaria in nordamerica”, prodotto dei suoi tempi e delle sue lotte politiche. Jim osservò tuttavia che Cannon aveva evaso la responsabilità internazionale di cui avrebbe dovuto farsi carico dopo l’assassinio di Trotsky.
“In una cosa Cannon fallì sistematicamente. Nell’agosto del 1940 diventò la principale autorità personale responsabile per il movimento trotskista mondiale e in pratica non fece niente a riguardo (anche se il Swp era internazionalista e pronto a dedicare energie e vite a questa causa). Penso che la ragione fosse molto semplice: Cannon pensava di non avere la statura per essere il massimo dirigente del movimento marxista mondiale, e aveva ragione (…) Perciò Cannon si fece da parte, lasciando a noi la palla. Ce l’ha lasciata doppiamente. Primo perché lui era molto migliore di noi, e quando dico ‘lui’ non intendo solo Cannon in persona ma la squadra che lavorava direttamente con lui e che costituiva il ‘regime di Cannon’ (…) Esisteva un regime di Cannon, e faceva il meglio che poteva. Ma non accettarono la sfida internazionale, che pure rappresenta un obbligo. Certo, se sai di non saper nulla, procedi con pazienza, con calma, con perseveranza. Lotta con la massima pazienza e attenzione per conquistare dei collaboratori internazionali. Dobbiamo procedere in questo modo, non tirarci indietro e aspettare nell’isolamento nazionale, finché non arriva uno che dice ‘io so farlo’, per poi rispondere ‘va bene, ti prestiamo la nostra autorità’. Dobbiamo persistere. Dobbiamo intervenire. (Spartacist, edizione inglese, n. 38-39, estate 1986).
I nostri quadri fondatori compresero fin dall’inizio che non avremmo mai potuto sopravvivere come organizzazione rivoluzionaria nell’isolamento nazionale, specialmente date le pressioni che agivano nel Paese imperialista più potente del mondo. Ci consideravamo programmaticamente in accordo con il Comitato internazionale (Ci), fino alla rottura definitiva avvenuta nel 1967. In particolare, la Socialist labour league di Gerry Healy in Gran Bretagna pubblicava documenti notevoli e apparentemente ortodossi in difesa del trotskismo autentico. Allo stesso tempo, la Rt aveva avuto brutte esperienze dirette con le pratiche organizzative burocratiche di Healy, che cercavano di imporre l’osservanza dei suoi diktat. Nel 1962, il suo leccapiedi americano, Wohlforth, aveva scisso la Rt e più tardi avrebbe fatto da spia della direzione per farci espellere dal Swp.
Con Healy avevamo anche un importante differenza politica riguardo a Cuba. Con una specie di “pablismo a testa in giù”, i sostenitori di Healy risposero all’adozione da parte del Swp della guerriglia di Castro negando che a Cuba il capitalismo fosse stato rovesciato. Cionondimeno, a quanto si poteva capire dai loro documenti scritti, avevamo un importante accordo programmatico, e questa era la cosa decisiva.
Nel 1966 una delegazione di Spartacist partecipò alla Conferenza del Comitato internazionale a Londra, dove il compagno Robertson fu il nostro portavoce. Spiegando le nostre differenze riguardo a Cuba disse: “Se è vero che la borghesia cubana è ‘indebolita’, come afferma il Ci, possiamo solo dire che dev’essere stanca per la nuotata fino a Miami, Florida”. Criticò l’enorme sopravvalutazione della “crisi del capitalismo” terminale da parte del Ci e sostenne che il Ci “non aveva fatto molto bene” nella lotta al revisionismo pablista. La reazione di Healy fu immediata. Sostenendo che la presunta assenza “ingiustificata” da una sessione della Conferenza fosse un atto di disprezzo piccolo borghese e di sciovinismo americano, pretese che Jim si scusasse. Jim rifiutò di inchinarsi alla richiesta di una falsa confessione.
Nella dichiarazione finale della delegazione di Spartacist alla conferenza, Jim disse:
“Crediamo che chiedere a un compagno di dichiarare ai suoi compagni una cosa cui non crede, sia una violazione della pratica leninista (…) Come organizzazione Spartacist ha subito molti attacchi calunniosi, nonostante il nostro fondamentale accordo politico sulla necessità della lotta contro il revisionismo. Questo è un tentativo nei confronti della sezione americana di sostituire al centralismo democratico internazionale un meccanismo non di coscienza e di disciplina, ma di paura e obbedienza”.
Un anno dopo, la contraddizione tra le pratiche organizzative di Healy e il programma dichiarato dal Ci fu risolta con la loro adozione della “Rivoluzione culturale” di Mao e della cosiddetta “Rivoluzione araba”, che era formata da regimi nazionalisti dispotici del Medio Oriente.
Forgiare un collettivo di quadri
Sicuramente Healy pensava che dopo aver rotto con lui saremmo avvizziti e morti. Non fu così. Fin dal primo numero di Spartacist (febbraio-marzo 1964), avevamo dichiarato l’intenzione di risolvere la sproporzione tra la nostra taglia e il nostro obiettivo di forgiare un partito rivoluzionario d’avanguardia con: il raggruppamento rivoluzionario con elementi in moto verso sinistra a partire da altre organizzazioni che si consideravano marxiste e la conquista individuale di sostenitori tra i giovani radicalizzati e i militanti della lotta per i diritti civili, oltre che col tentativo di intersecare i settori decisivi della classe operaia.
Negli Stati Uniti era un’epoca di intenso fermento politico e di lotte sociali tumultuose. Le lotte per i diritti civili avevano mandato in frantumi il consenso reazionario attorno alla Guerra fredda degli anni Cinquanta. L’opposizione al pacifismo liberale favorevole al Partito democratico, rappresentato dalla direzione di Martin Luther King, aveva portato alla scissione a sinistra di giovani militanti neri. L’impatto della Rivoluzione cubana si sommava ora alla crescente opposizione alla guerra del Vietnam. La nuova sinistra cresceva a passi da gigante.
Nonostante le nostre forze fossero limitate e nei primi anni abbastanza amorfe, ci battemmo per intervenire al massimo delle nostre capacità. Quelle che il compagno Robertson mise in atto erano le lezioni della costruzione leninista del partito, specialmente nell’educazione e nello sviluppo dei quadri che aveva appreso soprattutto dal lavoro e dalla storia di James P. Cannon. Capiva che il nostro reclutamento sarebbe avvenuto principalmente da individui e gruppi attratti dal nostro programma e dalle analisi espresse nella nostra propaganda, e non da una falsa pretesa di “lavoro di massa”. Allo stesso tempo, Jim cercava ogni opportunità per dimostrare in modo esemplare il nostro programma nell’azione.
Nel 1964, quando il quartiere nero di Harlem era assediato dalla polizia dopo lo scoppio di proteste per l’uccisione di un adolescente nero da parte della polizia, la Sl lanciò l’Harlem Solidarity Committee. L’obiettivo era quello di ottenere il sostegno della classe operaia alla popolazione nera sotto assedio. La risposta fu una manifestazione di quasi mille persone nel distretto tessile di New York. Parlando alla folla, Jim prese di mira la campagna della polizia che cercava di accusare i comunisti di aver scatenato le sommosse di Harlem. In tono di sfida, dichiarò: “Purtroppo non ci sono molti rossi ad Harlem in questo momento, ma ci saranno!”
Nel 1968, nel corso di un’accesa lotta di frazione interna, Jim riuscì a forgiare un quadro collettivo di compagni che erano stati conquistati alla Sl/Us nei primi anni. In seguito, attraverso una serie di raggruppamenti e di fusioni, riuscimmo a mettere in pratica la nostra prospettiva di diventare un gruppo di propaganda combattivo, con il lancio di Workers Vanguard e di Women and Revolution. Fondammo un’organizzazione nazionale giovanile, che a sua volta fornì molti giovani compagni che parteciparono alla lotta per una prospettiva di lotta di classe nei sindacati più importanti.
In alcune note scritte nel 1990, Jim scrisse a memoria di sé stesso: “Colmò il divario tra la vecchia sinistra di James P. Cannon e di Max Shachtman e la Nuova sinistra, portando con sé qualche centinaio di persone, in modo che non sprecassero la vita in futile avventure o nel regno degli yuppies”. E al momento della nostra Terza conferenza nazionale del 1972, disponevamo finalmente dei quadri, delle capacità linguistiche e delle risorse finanziare necessarie a perseguire in modo sistematico la nostra estensione internazionale.
Riforgiare la Quarta internazionale
La Tendenza spartachista internazionale fu lanciata formalmente nel 1974 con la “Dichiarazione per organizzare una tendenza trotskista internazionale”. Il documento della “Dichiarazione”, adottato dalla Sl/Us e dalla Spartacist league of Australia and New Zealand, oltre che da vari sostenitori in Europa, diceva:
“La tendenza Spartacist internazionale è precisamente questo, una tendenza in via di consolidamento. Ma all’alba della sua esistenza internazionale, essa dichiara una fedeltà continua (che ha già fatto le sue prove durante un decennio nei confini nazionali) ai principi marxisti-leninisti ed al programma trotzkista: rivoluzionario, internazionale e proletario. La lotta per la rinascita della Quarta Internazionale promette di essere lunga, difficile e soprattutto ineguale”. (Spartacist, edizione italiana, n.1, settembre 1975).
Fin dai primi giorni, Jim fece spesso parte delle delegazioni internazionali che perseguivano delle possibilità di raggruppamento rivoluzionario sulla base dei nostri principi. Personalmente, concentrò in modo particolare il proprio lavoro in direzione della Gran Bretagna e visse a Londra alla metà degli anni Settanta. Da lì partecipò alla scrittura delle nostre “Tesi sull’Irlanda”, una fondamentale estensione della comprensione leninista della questione nazionale, specialmente in rapporto a popoli geograficamente interprenetrati. Jim svolse anche un ruolo centrale nel conquistare una frazione di oppositori dalla Workers socialist league di Alan Thornett, tra cui diversi giovani militanti irlandesi e turchi, gettando le basi per la fondazione della Spartacist league/Britain nel 1978.
Nel 1979, all’epoca della nostra Prima conferenza internazionale, avevamo ormai sezioni in Francia, Germania, Australia, Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna. Tra i circa 300 delegati e osservatori che vi parteciparono e che erano stati militanti di altre organizzazioni, la maggior parte provenivano da scissioni di sinistra del Segretariato unificato pablista capeggiato da Ernest Mandel. Tra gli altri vi erano ex stalinisti filo-moscoviti e filo-cinesi, trotskisti antirevisionisti ed ex terzo-campisti, oltre che ex militanti delle Pantere nere e di organizzazioni radicali per i diritti delle donne e dei gay.
Tuttavia, pur avendo conquistato molti giovani militanti dai gruppi che si proclamavano trotskisti, non eravamo riusciti a conquistare i vecchi combattenti le cui esperienze avrebbero aiutato la formazione di una nuova generazione. Di certo non perché non ci avevamo provato. Il nostro tentativo più importante di trovare, “tra i vecchi quadri, i quadri fondatori della nuova organizzazione”, per usare le parole di Cannon, fu la nostra prolungata esperienza fraterna con i compagni del Revolutionary workers party (Rwp) di Edmund Samarakkody in Sri Lanka. Nel 1960, Jim aveva scritto una lettera al Comitato politico del Swp per protestare contro il suo silenzio in pubblico sui tradimenti commessi dal Lanka sama samaja party (Lssp), che aveva sottoscritto un patto elettorale di fronte popolare con il partito nazionalista borghese e sciovinista singalese del Sri Lanka freedom party (Slfp). Nel 1964, il Lssp entrò nel governo del Sflp, spingendo Samarakkody alla scissione dal Lssp. Alla fine di quell’anno, Samarakkody e il suo compagno Meryl Fernando, entrambi deputati del Parlamento, votarono a favore di una mozione di sfiducia, un gesto di principio che portò alla caduta del governo di coalizione.
Nell’esporre le nostre prospettive di raggruppamento rivoluzionario, il documento di “Dichiarazione” menzionava con particolare attenzione il Rwp di Samarakkody come un partito che era “emerso integro dalla caterva di tradimenti commessi dal vecchio Lssp e assecondati dal Segretariato unificato (e anche dal Ci di Healy). Nel corso della discussione scritta e diretta con il gruppo di Samarakkody, iniziata nel 1971, divenne chiaro che non avevano rotto con il quadro del parlamentarismo. A riprova di questo c’era tra l’altro il fatto che Samarakkody ripudiava il proprio voto contro il fronte popolare nel 1964. Le nostre relazioni erano giunte in quello che sembrava un vicolo cieco, quando nel 1979 ricevemmo una proposta di fusione.
Il compagno Robertson fu alla guida della delegazione che si recò in Sri Lanka per le discussioni. Come ha scritto recentemente un compagno che aveva partecipato alla discussione: “Quei dieci giorni di intenso combattimento politico misero in luce le capacità di Jim come lucido dirigente politico, che combinava una fermezza programmatica d’acciaio a un abile senso diplomatico. Il viaggio fu condizionato da molti fattori, ma soprattutto dalla nota dedizione di Jim all’estensione internazionale delle nostre forze”. Nel corso della sua partecipazione alla nostra Conferenza internazionale del 1979, Samarakkody fece chiaramente capire che intendeva mantenere la propria operazione provinciale nell’orbita della sinistra del fronte popolare dello Sri Lanka e che non avrebbe consentito a sottoporre la propria organizzazione ai correttivi del centralismo democratico internazionale. La fusione venne fermata e Samarakkody fece le valige e se ne andò prima della fine della Conferenza.
Comunque venimmo a sapere che avevamo polarizzato il Rwp e diversi giovani compagni di quel partito furono conquistati alla nostra tendenza. Questi compagni erano animati dal modo in cui Jim aveva insistito affinché la lotta della classe operaia dello Sri Lanka contro lo sciovinismo singalese, “doveva essere una precondizione per una rivoluzione vittoriosa quanto era stata per i bolscevichi la lotta contro lo sciovinismo grande russo”. Come militanti della nostra sezione in Sri Lanka, essi lottarono con grande determinazione e coraggio contro l’intensificarsi della guerra del governo contro la popolazione Tamil. Le nostre sezioni a scala internazionale organizzarono o parteciparono alle proteste degli esuli Tamil contro il terrore in Sri Lanka.
Perdemmo questi compagni soprattutto per la nostra incapacità di comunicare nelle rispettive lingue. Nonostante gli sforzi concordi dei nostri compagni in Sri Lanka e dei compagni a New York, non riuscimmo mai a superare la barriera linguistica tra singalese e inglese. Più tardi, in un documento intitolato “L’internazionalismo è lettera morta se….!” Jim scrisse: “Senza la capacità linguistica di colmare la distanza tra i popoli del mondo, non solo siamo perduti, non possiamo nemmeno cominciare”. Parlando di sé stesso come di un “patetico esempio vivente di questo problema” nonostante i vari anni spesi a studiare lo spagnolo, un po’ di francese e un prolungato tentativo di imparare il tedesco, Jim concluse con lo slogan: “Per un governo di saldatori e di bilingui!”
La manutenzione e la Prometheus Research Library
Per Jim, il riferimento ai “saldatori” non era uno scherzo. Per tutta la sua vita politica, lottò contro la venerazione della società borghese per il “lavoro intellettuale” e contro il disprezzo per chi lavora con le sue mani. In parte questo rifletteva i suoi studi e il suo lavoro nel campo della chimica. Parlando alla Conferenza nazionale della Sl/Us nel 1994, contrappose i “valori comunisti unificanti”, che cercano di superare la divisione tra lavoro mentale e lavoro manuale, alla “dicotomia borghese tra chi fa e chi pensa, tra le tute blu e i colletti bianchi, tra il lavoro e il piacere, tra ciò che è sporco e ciò che è pulito, tra l’umile e il privilegiato”.
Jim dedicò la sua presentazione (pubblicata come “La manutenzione e il movimento comunista” in Wv n. 605, 2 settembre 1994) a Nina Hartley. Nelle parole di Jim, Hartley, una pornostar che lottava per la liberazione sessuale, “incarna la lotta tra forme parallele di invidia e di ipocrisia, nel suo caso sessuali, che sono intrinseche all’ordine borghese”. Jim era un contributore fondamentale di Women and Revolution, che fu pubblicato tra il 1971 e il 1996. Women and Revolution non era solo uno strumento d’intervento nel movimento per la liberazione delle donne degli anni Settanta, ma anche un mezzo per far luce su una serie di questioni sociali che sorgono dalla natura fondamentale dell’oppressione delle donne, e si occupava di argomenti come le origini della specie umana e le antiche società, di cultura e di arte.
Nel partito, Jim incoraggiava le compagne a diventare dirigenti dell’organizzazione. In parte ciò derivava dalla sua esperienza nell’Swp, dove i funzionari nazionali maschi avevano delle segretarie donne. Pur comunicando le proprie opinioni ai dirigenti nazionali, queste donne estremamente competenti e dedicate non parlavano alle riunioni del Comitato politico. Come ha scritto una delle nostre compagne dirigenti degli inizi, “Jim diceva di non volere che io fossi così; voleva che nel nostro partito le donne ottenessero autorità per conto proprio”. Le direzioni della Sl/Us e della Lci si sono sempre distinte per le numerose donne dirigenti marxiste.
Per quanto riguarda l’imparare dai libri, Jim coltivò per tutta la vita l’impegno a costruire una biblioteca marxista e a raccogliere materiali d’archivio che documentassero la storia e le esperienze del movimento operaio, sia negli Usa che a scala internazionale. Questa ebbe inizio durante gli anni della sua militanza nell’organizzazione di Shachtman, cosa non facile per uno studente povero nel pieno della caccia alle streghe maccartista. Perciò Jim fu particolarmente orgoglioso quando Luis Sinclair, l’autore della bibliografia delle opere di Trotsky, in occasione di una visita nella Bay Area nel 1958, trovò nella biblioteca di Jim degli scritti di cui non era a conoscenza.
Rifacendosi all’ammonizione di Lenin secondo cui “chi crede agli altri sulla parola è un idiota senza speranza”, il documento sui compiti e le prospettive adottato dalla Quarta conferenza della Sl/Us. nel 1974, sottolineò l’importanza del lavoro archivistico:
“Uno dei compiti cruciali dell’avanguardia del proletariato è lottare per fungere da memoria della classe operaia. Una componente importante di questa lotta per la continuità è la raccolta sistematica, la diffusione e l’assimilazione critica della storia documentaria primaria del movimento operaio. Col passare del tempo e con l’accumularsi di distorsioni e volgarizzazioni, l’unica bussola può essere solo la ricostruzione precisa e verificabile delle realtà del passato”.
La collezione personale di Jim è divenuta la base della Prometheus Research Library (Prl), un luogo di lavoro per gli studi marxisti o collegati e anche la biblioteca e l’archivio di riferimento del Comitato centrale della Sl/Us, Jim è stato il direttore della Prl fino alla morte.
Fin dalla creazione della Prl, Jim ha perseguito un ambizioso programma di pubblicazioni che rendessero disponibili documenti rari e importanti della storia del movimento comunista. La prima pubblicazione della nostra Prometheus Research Series (agosto 1988) fu la prima traduzione completa e accurata delle “Linee guida sulla struttura organizzativa dei partiti comunisti, sui metodi e il contenuto della loro attività”. Questo documento, adottato dal Terzo congresso dell’Internazionale comunista nel 1921, codifica le pratiche organizzative dei comunisti, forgiate dai bolscevichi e messe alla prova dalla rivoluzione operaia del 1917.
Data la limitata esperienza editoriale della Prl nei suoi primi anni, Jim si rivolse a George Breitman, uno dei principali editori della serie delle opere di Trotsky per la Pathfinder, che insieme ad altri quadri di vecchia data era stato cacciato dal Swp di Jack Barnes nel 1984. Con l’aiuto di Breitman, la Prl iniziò a raccogliere gli scritti di Cannon degli anni Venti, un lavoro che portò poi alla pubblicazione di James P. Cannon and the Early Years of American Communism (1992), di cui Jim fu co-editore. Un memorandum della Prl, basato sulle note di Jim, contrapponeva la collaborazione con i propri oppositori nel movimento operaio alla tradizione stalinista:
“Da ogni punto di vista storico, lo stalinismo ha posto fine al contesto morale e politico del vecchio movimento radicale in cui anarchici, marxisti, sindacalisti, cooperativisti e persino single taxers [sostenitori della tassa unica sulla rendita fondiaria], lavoravano insieme su argomenti di interesse comune. Uno degli aspetti più tossici dello stalinismo, in ogni campo, è la convinzione che se hai gravi disaccordi politici con qualcuno devi fare come se non esistesse, figuriamoci lasciargli vedere un vecchio documeno”.
In questo spirito, Jim fu anche personalmente coinvolto nel fornire documentazione e commenti allo storico Bryan D. Palmer quando lavorava al suo James P. Cannon and the Origins of the American Revolutionary Left, 1890-1928.
Quasi tutte (ma non tutte) le pubblicazioni della Prometheus Research Series furono concepite (se non co-editate) da Jim, sulla base di anni di ricerche e riflessioni. Lo stesso vale anche per il secondo libro della Prl: Dog Days: James P. Cannon vs. Max Shachtman in the Communist League of America, 1931-1933 (2002).
Jim aveva sentito voci di corridoio su questa battaglia di frazione ai tempi dell’organizzazione di Shachtman, ma gli ci vollero anni per mettere le mani sui documenti essenziali. Jim comprese che nonostante l’assenza di differenze programmatiche di principio, questa prima battaglia tra Cannon e Shachtman presagiva quella del 1939-40 sulla questione russa. Fu un primo esempio dell’impressionismo piccolo-borghese che avrebbe portato Shachtman a rompere con il trotskismo. E dimostrava la dedizione di Cannon all’integrità programmatica e alla centralità proletaria.
“Noi della vecchia generazione...”
Dick Fraser scrisse una volta che Robertson aveva fatto suoi “i tratti peggiori del cannonismo e dello schachtmanismo.” Jim sperava che Fraser si riferisse all’intransigenza politica di Cannon e alle pratiche organizzative disinvolte e democratiche di Shachtman. Ma sapeva che non era così. Nonostante le divergenze politiche, Robertson e Fraser restarono amici e collaboratori politici fino alla morte di Fraser nel 1988, specialmente riguardo alla lotta per la liberazione dei neri. Due anni dopo, pubblicammo come tributo un bollettino della Prs che conteneva una selezione dei suoi scritti.
Altri oppositori, estremamente ostili, vorrebbero presentare Jim come un pazzo megalomane circondato da adulatori e scagnozzi. Tra costoro c’era Tim Wohlforth, che contrapponeva il suo presunto valore come dirigente marxista a quello di Cannon, che considerava un volgare “spaccone”. Al coro si è unita la malnominata Bolshevik tendency, un gruppo fondato da ex membri inaciditi. La malizia personale che anima la Bt è stata dimostrata dalla loro adozione come leader di Bill Logan, uno psicopatico sociale e sessuale che venne espulso alla nostra Prima conferenza internazionale.
La verità è che Jim non aspirò mai a essere “il leader” ed era acutamente consapevole di non aver la statura di Cannon. Come disse nel suo tributo alla memora di Cannon, Jim sapeva che lui, e noi, non potevamo “aspettare nell’isolamento nazionale che qualcuno arrivi e dica ‘io posso farlo’”. Perciò decise di prendere il toro per le corna. Non da solo, ma in una lotta costante per forgiare un collettivo dirigente.
Al contrario di quelli che pensavano di essere dei leader “al 100 percento” e che erano incapaci di sopportare alcuna critica o correzione, Jim sosteneva che già aver ragione il 70 percento delle volte era un risultato invidiabile. Jim diceva spesso che “per volare il partito ha bisogno di due ali”, sottolineando l’importanza dei compagni della destra e della sinistra del partito.
Amava anche citare la supplica di Oliver Cromwell: “Vi supplico, per le viscere di Cristo, pensate alla possibilità di esservi sbagliati”. E quando il partito sbagliava, Jim insisteva perché ci correggessimo pubblicamente. Altri, specialmente quelli addestrati alla scuola del líder máximo, pensano che ciò sia un indice di debolezza e di confusione. Da parte nostra, sappiamo che ammettere con franchezza i propri errori rappresenta, come disse Lenin, “il segno distintivo di un partito serio” che cerca di imparare dai suoi errori e di impartire al proletariato le lezioni che ne trae.
Come disse Cannon, la politica rivoluzionaria è una “mangiatrice di uomini”. Nonostante le probabilità fossero contro di lui, il compagno Robertson ha persistito nella lotta per forgiare un partito leninista. E ne ha pagato il prezzo. Per resistere allo stress e per superare la sua grande timidezza personale, beveva, e molto. Verso la fine degli anni Ottanta, si rese conto del impatto dell’età sulle proprie capacità politiche di dirigente centrale del partito. Spesso parlava della “Sindrome di Rickover”, in riferimento a Hyman Rickover, l’ammiraglio della Marina americana che fu costretto ad andare in pensione all’età di 82 anni dopo che nel 1981 quasi affondò il sottomarino nucleare USS La Jolla durante delle esercitazioni in mare.
Nei primi anni Novanta, Jim e la sua famiglia si trasferirono in California, scelta che lui descrisse come un “semi-pensionamento”. Per quanto lontano dalla direzione amministrativa del partito, continuò tuttavia ad essere decisivo nella definizione della nostra linea internazionale e nella nostra propaganda, oltre che nelle lotte interne alla Lci. Poiché l’alcoolismo minacciava la sua salute, smise prima di bere e poi di fumare. Questo concesse a Jim e a noi altri 25 anni della sua vita e della sua esperienza politica. In questo periodo, ha cercato di trasmettere le lezioni apprese ai dirigenti del partito più giovani.
In un corso interno sulla storia del partito, nel 1977, Jim osservò che:
“La ragione per cui insistiamo sulla continuità del comunismo internazionale e del trotskismo è perché ne abbiamo così poca… E’ molto tenue, compagni, questa continuità. E a me sembra e mi è sempre sembrato che per essere buoni comunisti servano due qualità, ambedue necessarie. Una è simile a quella dello studente universitario, cioè la padronanza dei testi: conoscere, leggere, studiare, poter ricorrere con facilità ai precedenti storici grazie alla conoscenza acquisita sui libri. L’altra assomiglia ai programmi di apprendistato dove si impara facendo, sotto la supervisione di chi ne sa più di te. Senza queste due componenti non penso sia possibile costruire il partito bolscevico, senza dover ricominciare tutto da zero, cosa molto improbabile”.
I dirigenti fondatori della Sl ebbero il vantaggio di entrare nella scena politica in un’epoca in cui la società esplodeva nella lotta sociale, sia negli Stati Uniti che altrove nel mondo. L’attuale generazione deve lottare per perseverare in un clima politico che, dopo la distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica nel 1991-92 è stato caratterizzato principalmente dalla mancanza di lotte di classe e di lotte sociali e da una grande regressione della coscienza.
Una delle citazioni preferite di Jim veniva da una discorso fatto da Lenin nel gennaio del 1917, quando disse: “Noi della vecchia generazione potremmo non vivere abbastanza per vedere le battaglie decisive della prossima rivoluzione”. Il mese dopo, la Rivoluzione di febbraio in Russia aprì la via a Lenin e al Partito bolscevico per intervenire nella lotta politica che sarebbe culminata nella Rivoluzione d’Ottobre. Consigliando ai compagni più giovani di non lasciarsi abbindolare da presunti marxisti che ci attaccano per la nostra mancanza di prospettive immediate, Jim insisteva su questo: “Non fate troppa attenzione alle prospettive immediate, perché non sapete cosa succederà a febbraio! Qual è il vostro programma? Ecco la questione decisiva”.
[Tradotto da Workers Vanguard, n. 1162, 4 ottobre 2019]
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